Tipi strani con il mio stesso cognome

Mio padre aveva una strana famiglia. Erano in mille fratelli. No, va be', forse mille è un po' esagerato... facciamo il conto: mio padre era il più piccolo, la sorella più grande aveva vent'anni più di lui, in mezzo ce n'erano altri cinque. OK: abbiamo appurato che erano sette.
Se vi sembra strano che abbia delle nozioni così scarse sulla famiglia di mio padre, dovete tenere conto che, a intervalli regolari, tutti litigavano con tutti, inscenando quelle belle faide familiari che finiscono con gente che non si parla più per anni. Anche perché, per l'appunto, molti erano un po' particolari, soprattutto i fratelli maschi.
Uno dei miei zii era noto per la sua tirchieria senza eguali. Era identico a Louis de Funès, attore comico francese. Aveva un buon lavoro a contatto con dei clienti e talvolta riceveva regali, soprattutto di tipo commestibile. Lui li nascondeva tutti sotto il letto, per essere sicuro che nessuno assaggiasse nulla di sua proprietà.

Louis de Funès su vecchia immagine del 1965 ora con licenza libera in Italia. fonte

Un altro, uno dei più anziani, era stato uno dei primi geometri della mia città, e si era conquistato una certa fama e rispettabilità, fino a che decise che poteva guadagnare ben di più, fregando la gente. Ad esempio, aveva la malsana abitudine di farsi prestare grosse cifre da conoscenti, evitando poi accuratamente di restituirle.
Il padre di una mia amica, suo vicino di casa e uomo buono come il pane, addirittura riuscì a rimanere fregato due volte, con due grossi prestiti.
Mio padre si vergognava come se il ladro fosse stato lui stesso, e mi consigliava di negare fino alla morte la parentela... Quando ancora ero al liceo, la sua fama era ancora viva, e diligentemente, quando sentendo il mio cognome capitava che qualcuno mi chiedeva se fossi parente, ovviamente nicchiavo...
Uno degli zii che mi era più simpatico era mite, tranquillo e pacifico, grande lavoratore e di ottima compagnia, ma era un po' suonato. Assomigliava tantissimo a Cary Grant da vecchio...

Cary Grant By Allan warren (Own work) [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) or GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html)], via Wikimedia Commons fonte

Ricordo un episodio che rende abbastanza bene l'idea di quanto avesse la testa fra le nuvole. Eravamo al mare insieme, io adolescente, i miei genitori e i miei zii, che avevano una casa in affitto in una località balneare e e ci avevano ospitato per qualche giorno. Andammo a fare una passeggiata sul lungomare. Ad un certo punto, mio zio si trasformò improvvisamente in una maschera di dolore: disse che il piede destro gli faceva un male insopportabile, e che aveva bisogno di rientrare a casa. Lentamente, ci incamminammo. Lui zoppicava, si lamentava e diceva che probabilmente si era rotto qualcosa, anche se in realtà non capiva esattamente cosa, né sapeva spiegarci come avesse fatto a farsi così male.
Arrivammo in casa, lo aiutammo a sedersi. Per aiutarlo, gli slacciai le sue belle scarpe di cuoio lucido e...
ne uscì un enorme mazzo, con tanto di portachiavi in metallo, a cui erano attaccate le chiavi della casa del mare e quelle della casa in città.
Ancora oggi non mi capacito di come potessero coesistere quell'ammasso di ferraglia ed un piede all'interno di una elegante scarpa stringata, né di come fosse umanamente possibile non accorgersi della sua presenza se non dopo aver percorso svariati chilometri.
Ma la famiglia di mio padre era così: un po' strana.