Quando Welles incontra Kafka

in #ita6 years ago (edited)

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L'immagine è tratta da wikimedia commons ed è liberamente utilizzabile

"Davanti alla Legge sta un guardiano. A questo guardiano si presenta un uomo venuto dalla campagna e chiede di poter accedere alla Legge. Ma il guardiano sostiene che per adesso non gli può consentire alcun accesso."

Franz Kafka, Davanti alla Legge, in Racconti

Quante volte commentando un film tratto da un capolavoro della letteratura abbiamo espresso le nostre perplessità sul lavoro del regista? Difficilissimo tradurre in immagini ciò che lo scrittore è riuscito a trasmetterci attraverso la parola scritta e infatti in questa impresa la maggior parte di chi vi si cimenta fallisce miseramente.
Così non è stato per Orson Welles che è riuscito nell'impresa di trarre un capolavoro cinematografico da una delle maggiori opere della letteratura universale: Il Processo di Franz Kafka.

Un'impresa davvero difficilissima in considerazione della stessa struttura del romanzo tendente a dare un senso di angoscia opprimente e crescente al lettore. Come può essere riuscito un regista a trasporre in immagini quel senso di angoscia che ci ha lasciato Kafka con la sua storia? Come può aver fatto Welles a trasmettere agli spettatori il senso che Joseph K. è dentro ognuno di noi e che le sue peripezie e il suo assurdo vagare nei meandri del labirintico Tribunale è in realtà il nostro vagare nella vita. Siamo tutti Josef K con le nostre indecisioni ai bivi nei quali dobbiamo scegliere (possibilmente) la strada giusta. Siamo tutti Josef K. nei nostri rapporti con gli altri sempre sul filo dell'incomprensione e dell'incerto.

Orson Welles è riuscito a dare un senso alla sua pellicola grazie ad una strabiliante maestria nella regia e nella scenografia: notevoli i suoi piani corti che non fanno respirare la scena così come è notevole la scelta di soffitti bassissimi che danno l'idea dell'oppresssione che esercita l'ambiente circostante sul protagonista. Bellissimi i dialoghi e le interpretazioni degli attori che riescono a trasmetterci le vicissitudini, la voglia oppressa di libertà delle vittime e la violenza mostruosa delle regole rappresentate dai giudici, dagli avvocati e dai poliziotti. Bellissimo il montaggio che diventa sempre più veloce ed incalzante quasi a voler trasmettere allo spettatore il senso di vertigine nel quale è precipitato il protagonista.

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L'immagine è tratta da wikimedia commons ed è liberamente utilizzabile

La Storia la conoscete, Josef K. si trova in stato di arresto senza che gli venga comunicato il reato del quale è accusato. Da qui un continuo vagale nel labirinto sociale rappresentato dal Tribunale nel tentativo di chiarire la sua posizione. Ma il viaggio di Joseph è anche un viaggio dentro se stesso alla ricerca della libertà che mai arriverà fino al precipitare nella vertigine del tragico finale nel quale vi è la capitolazione di fronte al Sistema - a quella macchina infernale - che lo ha inghiottito come un tritacarne.

Secondo la critica il film avrebbe per Welles un aspetto autobiografico. Infatti il regista ha sofferto in tutta la sua carriera le continue ingerenze dei produttori di Hollywood nelle sue scelte artistiche. Dunque un "Welles-Josef" che per poter girare questo film è dovuto sbarcare in Europa e accontentarsi di un basso budget pur di non rimanere schiacciato dai capricci dei produttori made in USA. Per fortuna il grande regista americano riesce a dimostrarci - proprio girando questo film - che abbiamo sempre la possibilità di scegliere la nostra libertà rispetto al beneficio economico di breve periodo.

Sperando di aver fatto cosa gradita ho messo il link al film nella bibliografia.

Bibliografia

Orson Welles, Il Processo
Pietro Masciullo, W for Welles – Il Processo (Le Procès)
Maurizio Macchi, Il Processo

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