La memoria e l'ultimo pensiero della notte

in #ita6 years ago

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L'immagine è tratta da Pixabay ed è liberamente utilizabile

Chi sono? Questa è la domanda che ci angoscia e preme sulla nostra coscienza più di qualsiasi altra. Una domanda talmente forte e difficile che spesso rimane inespressa perché può farci paura. Una paura immanente e trascendente allo stesso tempo.
Ma a pensarci bene anche una domanda che ha una risposta semplice: noi siamo i nostri ricordi, la nostra memoria, il nostro vissuto impresso in ogni nostro singolo neurone.

Cosa saremmo senza i nostri ricordi? Nient'altro che degli esseri senza coscienza e dunque senza verità. Certo una verità parziale, un punto di vista, una prospettiva non nitida ma pur sempre un appiglio a cui aggrapparci per riuscire a riconoscerci e ritrovarci. La nostra memoria è tante cose: una medicina che ci guarisce nei momenti difficili ma anche ciò che ci strappa un sorriso quando si pensa ad un episodio divertente. La memoria è anche strumento per il futuro: grazie ad essa la sensazione del pericolo ci aiuta quando ci ritroviamo a navigare in acque ignote.

La memoria è la nostra identità, è il pensiero che si fa realtà e che diventa materia. Noi agiamo nel concreto grazie alla nostra memoria che ci guida nelle scelte.

Ma la memoria è anche la memoria della memoria altrui: tutti conosciamo i ricordi delle persone che ci sono care e la loro memoria diventa nostro patrimonio grazie al loro racconto. Trasmettendo la nostra memoria noi viviamo negli altri come, allo stesso tempo, gli altri vivono in noi grazie alla memoria che ci hanno donato.

Se volete rispondere alla domanda fatale sulla vostra identità pensate ai vostri pensieri prima che la vostra coscienza si dissolva nel sonno. In quegli attimi probabilmente nel mare magnum dei nostri ricordi affiorano le cose più imprtanti: i volti che più ci stanno a cuore e gli episodi che più ci hanno segnato. Noi, probabolmente siamo esattamente quello.

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L'immagine è tratta da pixabay ed è liberamente utilizzabile

Come graffi nella carta
come segni più o meno delicati
Cellulosa rimasta sotto le unghie
Dna rimasto sul foglio
Tracce leggermente sensibili al tocco di un polpastrello attento
o buchi visibili in lontananza anche a sguardi distratti.
Segni che trasformano una sensazione
in fatto concreto.
Una lacrima che nasce da dentro
e che forse con fatica
uscirà per scivolare e appoggiarsi sul mondo
Si lascerà asciugare dal sole,
si farà forse trasportare dal vento
o ridiventerà parte di linfa vitale cadendo a terra.
Fuori non lascerà però segno della sua esistenza,
il tragitto che ha fatto per nascere
rimarrà scavato dentro l’animo di chi l’ha procreata
che potrà con le mani incerte del ricordo
toccarne la cicatrice piano piano.
Forse un’altra goccia d’emozione
ripartirà rifacendone il percorso,
forse la cicatrice si ispessirà
e, forse, la pelle sarà meno sensibile al tocco.
Forse.

Ricordi, Lisa Molaro

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Che meraviglioso post.
Un post universale perchè tocca le corde di ognuno.
Non c'è scampo, quella domanda ce la poniamo tutti e spesso, se la ponevano i nostri antenati e se la porranno i nostri pronipoti.
La memoria ci aiuterà a rispondere ma la memoria ci permetterà anche di sollevare quella domanda.
Senza memoria non avremmo evidenza di quel che siamo e senza la percezione di noi stessi non avrebbe senso quella domanda.
Gran pezzo.
Come sempre.

Grazie, sei sempre molto gentile.

Post molto bello e suggestivo, intenso e gradevole, sapientemente realizzato e dotato di una sua peculiare lirica, complimenti per quanto sei riuscito a trasmettere a noi lettori che abbiamo apprezzato questo tuo componimento, davvero ben riuscito

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