I Film della mia vita: Il settimo sigillo di Ingmar Bergman
<< In alto siede l’Onnipotente così lontano che è sempre assente mentre il Diavolo suo fratello lo trovi anche al cancello. >>
Il settimo sigillo, Ingmar Bergman.
Da sempre sono affascinato dal "Cavaliere, la Morte e il Diavolo" di Dürer, chissà, forse a causa della lettura dello splendido "Cavaliere e la Morte" di Leonardo Sciascia.
Guardando il "Settimo Sigillo" di Ingmar Bergman, mi è immediatamente rivenuto alla mente questa incisione. Sembra quasi che il grande regista svedese abbia voluto raccontare la storia di questa misteriosa opera di Albrecht Dürer. Un cavaliere che ritorna dalle crociate - carico di sensi di colpa - che sfida la morte a scacchi per allontanare il momento della sua dipartita. Un cavaliere che soffre la lontananza di Dio, inteso anche come Verità. Un Cavaliere che chiede di conoscere il Diavolo per chiedergli di Dio: il suo avversario dovrà pur conoscerlo!
Un dramma della Cecità, sull'umana condizione che consta nell'impossibilità di discernere tra Bene e Male e tra Verità e Menzogna a causa della lontananza (e dell'indifferenza?) di un Dio lontano: l'unico in grado di discernere.
Una chiave di lettura che in qualche modo è giustificata dalla scena finale del film: secondo me una evidente citazione de "La Parabola dei ciechi" di Pieter Bruegel il Vecchio (L'opera fa parte della Collezione del Museo di Capodimonte a Napoli). Come nel dipinto anche Ingmar Bergman fa tenere per mano i sei protagonisti morti per mano, come dei ciechi che seguono a passo la Morte. Quella Morte che li porterà nell'Aldilà, al cospetto di quel Dio, che si spera finalmente li liberi dalla miserabile condizione umana di ciechi concedendo loro la luce.
Un film che davvero ha mille spunti, mille allegorie e mille simbolismi, ma il tema centrale a mio modesto avviso è questo. Un capolavoro che consiglio vivamente a chi ancora non lo avesse visto.
Complimenti per il fine accostamento.
Grazie!