I demoni cyberpunk delle Alpi svizzere (Prima parte)

in #ita4 years ago (edited)

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Il cielo è basso e metallico sulle montagne che incoronano questo piccolo paesino svizzero che ha il nome da fiaba per bambini: Gruyères. Le vie pulitissime incanalano il vento gelido che scende dalle montagne trasformandolo in un coltello di ghiaccio che m'affetta la faccia. Osservo le case con i tetti a punta - così diversi da quelli mediterranei - e non posso far altro che rammaricarmi del fatto che le abitazioni non sono più abitate dai rudi montanari che per secoli hanno popolato queste valli. Tutto è diventato ricezione e accoglienza di quelle masse sterminate di greggi umane che si spostano da un luogo all'altro alla ricerca di una cartolina, di una foto e chissà, forse di un'emozione.

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Mi guardo attorno in mezzo alla piazza e osservo i ristoranti ancora chiusi, gli hotel e i bugigattoli dove vendono chincaglieria di montagna e - un po' nascosti - ricordini che rappresentano il pezzo forte del luogo: i demoni di Hans Ruedi Giger. C'è quasi un po' di pudore da parte dei venditori nel mostrare gli incubi di Giger. Chissà forse hanno paura di disturbare la quiete del luogo, o forse più prosaicamente, non vogliono fare troppa concorrenza allo shop del castello-museo dove sono esposte le opere.

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Continuo a girarmi attorno calpestando il bel selciato dove non vedo manco un mozzicone di sigaretta o una cartaccia nonostante il grande afflusso di persone. Le finestrelle delle case hanno tutte un vaso di fiori, quasi sempre geranei, e pure agli angoli dove - dalla piazza - si dipanano le viuzze strette del paese trovo delle piccole aiuole infiorate. Tutto, da parte degli abitanti, è ostentazione della quiete borghese del luogo quasi a voler esorcizzare la distopia immaginata dall'artista che per anni - immagino - ha passeggiato su queste strade tenendo gli occhi sbarrati, quasi a voler ricacciare i suoi incubi nel profondo del proprio animo.

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Prendo la salita che dalla piazza mi porta su, fino al castello-museo di St. Germain. Non c'è magnificenza nella facciata grigia; più che un vero castello, dove dimorava chissà quale principe, viene alla mente un fortilizio inespugnabile abitato da un maligno despota che dominava con la violenza e con l'inganno le popolazioni locali.

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Mi trovo di fronte ad un portale a tutto sesto acuto che dà su una piccola corte interna con una scalinata che porta alle sale del museo. L'entrata è sorvegliata da dei particolari guardiani. La statua di un piccolo uomo - con casco, fucile e occhiali da saldatore - rannicchiato su se stesso che sembra uscito da un inferno di Hieronymus Bosch e, alle sue spalle, un busto dalle vaghe sembianze femminili - riconoscibili dai piccoli ed eleganti seni - che porta alla mente una delle Irinni tormentatrici. Forse Gigs, in fondo, era quell'Oreste immaginato da Euripide ed esorcizzava i suoi demoni scolpendoli, e così, consegnandoli all'eternità.

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Le fotografie sono di mia proprietà

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