Dostoevskij, il Male e l'Amaca di Michele Serra

in #ita6 years ago (edited)

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I recenti fatti di cronaca che hanno visto come vittime di bullismo alcuni insegnanti delle scuole superiori ha scatenato roventi polemiche soprattutto a causa di un corsivo di Michele Serra pubblicato da La Repubblica. La tesi dell'intellettuale bolognese è quella che gli alunni degli istituti tecnici sono più aggressivi ed incapaci di tenere a freno le proprie pulsioni perchè provenienti da classi sociali più basse rispetto ai giovani frequentatori dei Licei e appartenenti a classi sociali più elevate. Michele Serra edulcora comunque questo concetto molto forte prendendosela - cito testualmente - con la: "struttura fortemente classista e conservatrice della nostra società".

Al di là della visione chiaramente classista mi pare che quella di Serra sia una visione assolutamente consolatoria e autoassolutoria: "io, appartenente alla classe alta degli intellettuali, mai e poi mai potrei compiere azioni malvage" sembra quasi dirci. Ovviamente anche i suoi figli (se ne ha) sono assolti ed al di sopra di ogni sospetto, per censo, per reddito, per frequentazioni. Questo è il pensiero di Serra. E non importa che egli stesso non ne abbia piena coscienza.

Purtroppo né la cultura né la ricchezza salvano dal male. Mi spiace dirlo ma è così. Mi viene in mente Michelangelo Merisi, il Caravaggio, pittore sublime e di enorme sensibilità che comunque ha ucciso un uomo durante una rissa. Oppure, per fare un esempio più vicino ai nostri tempi, pensiamo al grande scrittore William Burroughs che ebbe una vita di devianza che sfociò anche nell'assassinio della moglie. Tutto questo nonostante fosse nato in una ricchissima famiglia di industriali, avesse seguito un percorso di studi prestigiosissimo (laurea ad Harvard e Master in Antropologia Culturale con approfondimento degli aspetti psichiatrici nella importante Scuola di Vienna). No, caro Serra, né la ricchezza nè la cultura nè la sensibilità ci esentano dal male.

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Ad aver scrutato in profondità l'intreccio tra il male e il bene insito nell'animo umano è stato lo scrittore russo Fedor Dostoevskij. Possiamo anzi dire che tutta la ricerca filosofica dell'opera del grande scrittore è incentrata e tendente a dimostrare che gli uomini - tutti gli uomini indipendentemente dal censo e dalla cultura - vivono nel proprio animo una dicotomia, quasi una scissione, tra bene e male. O se si preferisce un'eterna lotta tra uomo del sottosuolo e uomo della superfice.

Senza dubbio l'opera che scandaglia meglio questa dicotomia è Il Sosia dove il protagonista Jakov Petrovič Goljadkin - una volta conosciuto il suo sosia, che null'altro è che la proiezione della sua parte negativa - decide di percorrere la strada che lo porterà a diventare un reietto che si autodistruggerà. Dunque una storia che ci mostra chiaramente come l'uomo dentro di sé abbia una parte positiva e una parte negativa e può scegliere quest'ultima in piena libertà addirittura arrivando all'autodistruzione. E dove tutto questo può avvenire indipendentemente appunto dalle condizioni sociali e culturali di partenza della persona.
In qualche modo, Fedor Dostoevskij, sembra anticipare di quasi un secolo la famosa teorizzazione di Freud secondo la quale l'uomo vive al proprio interno una costante dialettica tra due forze, quella della "pulsione di vita" e quella della "pulsione di morte". La prima alla ricerca dell'armonia e la seconda tendente al caos e all'autodistruzione.

Certo, tornando a quanto detto da Serra, la buona scuola, l'educazione al bello, l'arte, la cultura, possono aiutare a discernere tra bene e male e farci scegliere la via giusta ma tutto questo è privo di alcuna utilità se non abbiamo maturato in noi la consapevolezza che il male è parte di noi esattamente come lo è il bene.

Bibliografia

Michele Serra, L'amaca, La Repubblica del 20/Aprile/2018
Fedor Dostoevskij, Il sosia
Serena Russo, Fedor Dostoevskij: la libertà del bene e del male
Sigmund Freud, Al di là del principio di piacere

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