Cosa ci insegna il Coronavirus

in #ita5 years ago (edited)

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L'immagine è tratta da pixabay ed è liberamente utilizzabile

La psicosi del virus non mi sorprende. Infatti, nelle nostre società tutto ciò che si presenta come negativo, inspiegabile, doloroso e casuale viene trattato alla stregua di un virus, di una minaccia che viene dall'esterno a mettere in pericolo un mondo che altrimenti sarebbe un perfetto Eden .

Tutto ciò che fa parte dell'imperfezione umana, della sua costitutiva incapacità di capire tutto del mondo, viene considerato un virus, una minaccia esterna. Infatti, per la cultura attuale, dominata dalle promesse della tecnoscienza, l'essere umano è trasparente a se stesso, è un vivente non problematico che deve solo pensare a godere, e gli oggetti del mondo sono solo occasioni di divertimento, di soddisfazione di bisogni materiali ben definiti dalla biologia.

Dunque, se nel mondo umano – si dice – ancora compaiono casualità inaspettate, ancora si presenta il dolore, la catastrofe, la crisi, ciò sarebbe dovuto all'insipienza di qualche fannullone che non si prepara a sufficienza all'uso degli onnipotenti strumenti della tecnoscienza, ai barbari che vengono da fuori a turbare la nostra meravigliosa vita, alla casta dei politici che non è abbastanza onesta e preparata per mantenere fluido e trasparente il mondo, adatto cioè al benessere dei suoi cittadini che non devono pensare ad altro che godere e a "stare bene", appunto. Il mondo, insomma, è un'immensa spa , un resort quotidiano che deve essere amministrato da solerti funzionari del benessere.

Il virus di un'influenza è in fondo la summa di tutto ciò che gli uomini e le donne del nostro tempo non vogliono vedere: il mondo non è trasparente, non tutto si può spiegare e l'essere umano è segnato dal limite e dall'imperfezione. Certo, tutto questo è doloroso, ma è anche ciò che ci fa essere veramente umani, assillati dal desiderio di capire, di elaborare assieme agli altri proprio quell'imperfezione, il mistero della condizione umana così lacerata tra mortalità e desiderio di infinito.

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Quel mistero da elaborare assieme agli altri non è altro che la radice della democrazia e del suo fascino. Se oggi la democrazia è in crisi, non è per colpa di un virus. È in crisi perché, appunto, pensiamo che invece tutto dipenda dai virus e che non serva mettersi assieme, legarsi in una social catena per dare forma al non senso, per spiegare l'inspiegabile, per elaborare l'assillo del nostro desiderio che non ci abbandona mai, che ci portiamo dietro fino all'ultimo giorno.

Ecco, il virus ci dice tanto anche della democrazia e ci dice, ancora una volta, che il problema è il tradimento di noi stessi, della nostra umanità.

E proprio sul tradimento della nostra umanità - inteso come non accettazione del reale - che il Potere fa leva. Quando Michel Foucault scrive La città appestata (capitolo del saggio Sorvegliare e punire, del 1975) ha forse già dato alla sua posizione anti sistema la forma di massima insofferenza, al limite della claustrofobia. Quello di Foucault è un rigetto senza appello verso ogni forma di controllo, tanto da fargli sembrare la civiltà moderna un unico grande carcere, con regole analoghe per i luoghi della vita sociale: la scuola, la fabbrica, l’ospedale, ecc. Una visione disperante dalla quale non c’è via di scampo. Foucault, per analizzare il processo di contenzione normato, studia anche il percorso verso quella che oggi chiamiamo norme di emergenza sanitaria nazionale. Lo spunto lo prende da un regolamento del XVII secolo che stabilisce le procedure da adottare in caso di epidemia di peste. L’elenco è dettagliato, e per l’intento che persegue Foucault, è la prova documentale del potere che in una fase emergenziale assume il controllo totale della vita di ogni singola persona, trasformandola in un oggetto privato di relazioni e di intimità, un oggetto a completa disposizione di un potere impersonale ma non per questo meno cogente, inchiodato al terrore. “Cadono le maschere”, scrive Foucault, e l’incontro tra corpi che regola la natura umana muta in una repulsione: la paura della morte disintegra la vita. Alcune delle reazioni istintive che vediamo oggi di fronte a questa nuova epidemia, che non si capisce bene quanto sia mediatica o reale, fanno cadere quella maschera che indossiamo, le azioni delle autorità mostrano già quali sono i limiti della vita sociale che non è concesso travalicare.

Questo ci insegna il virus, tutti i virus intesi come qualunque fatto impensabile ed incomprensibile: oscilliamo tra l'illusione di vivere in mondo disvelato e votato al nostro godimento e una realtà fatta di paure sulle quali il Potere fa leva per tenere la presa su di noi.

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