Come sempre un manoscritto. (Una storia sulla letteratura).

in #ita6 years ago (edited)

manoscritto.jpg

L'immagine è tratta da Pixabay ed è liberamente utilizzabile

<<Arrivò ad Odessa una banda dall'Amur,
nella banda c'erano ladri e truffatori...
La banda si occupava di affari un po' oscuri,
e le stava alle calcagna la Čeka...>>

tratto dal manoscritto

Come tutte le storie importanti questa è la storia di un manoscritto. Ma il mio non è un manoscritto in senso proprio: il mio è un file in PDF.
L'anno scorso presi contatto via Facebook (o fu lui a prendere contatto con me? Ma alla fine chiccazzosenefrega di chi ha preso contatto con chi...) con un professore. Uno slavista, di quelli importanti nel mondo accademico. Insegnava a Pisa; era, come si dice in linguaggio burocratico accademico, professore associato. Ora insegna a Napoli, all'Orientale: professore ordinario. Ha fatto carriera.
Fatto sta che lesse cose mie, forse chissà anche il mio romanzello. E forse quello che lesse gli piacque; non lo so. Questo dovete chiederlo a lui mica a me. Io non posso essere dentro la testa delle persone.

Comunque sia, mi passò un file in PDF. “Murka, Mistero in Karelia”. Questo è il titolo. Iniziai a leggerlo ma dopo poche pagine interruppi. Non chiedetemi il perché: forse fui sopraffatto dalla calura estiva che l'anno scorso non diede davvero tregua. Forse perché generalmente gli accademici saranno bravi a fare la critica della letteratura altrui, ma quando scrivono la loro, be', meglio lasciar perdere. Fatto sta che interruppi la lettura. E mi dimenticai di tutto.

Ecco, una cosa ho capito della vita: le cose importanti ti aspettano al varco. E infatti ieri, quel cazzo di file mi ha fatto un'imboscata. Decisi di dare una risistemata al mio computer e a tutti i file che ci ho dentro. Mi passò davanti e – chissà perché – lo aprii. Iniziai a leggere.

Incipit:

"Studio cose russe, lo sanno tutti. Lo sanno – per lo meno – coloro che di cose russe si interessano. A studiare cose russe, ne capitano delle belle, soprattutto se giri in autostop. Ma in linea verticale: da sud a nord o viceversa. Chissà perché, in linea orizzontale non ti caricano: nessuno di quelli che bucano i meridiani e le fasce orarie monta autostoppisti...(...)"

Vado avanti, leggo facendo scorrere l'occhio da sinistra a destra.

" (…). Un interno dall’architettura non euclidea, tutto gobbe, scivoloni e curve come le circonvoluzioni di un'intestino, dell’interno di un naso o di un cervello spalancato sul delirio, incrostato di liquami e muschi di vari colori in strati sovrapposti. Respirare con la bocca non aiuta: il tanfo ti si appiccica per ogni dove dentro e fuori, come il bacio del dio-Colera. Un odore di tale gravità solenne che pare gettare ombra!(...)"

Torno indietro. Rileggo la prima pagina mentre accendo una sigaretta. Sottolineo quello che vi ho riportato sopra con l'evidenziatore elettronico del formato PDF. Rileggo ancora questa cazzo di prima pagina. Mi sembra un documento importante, così, a pelle. Decido di stamparlo e di leggerlo su carta. Le cose importanti io così le devo leggere. Devo tenere le pagine tra le dita della mano sinistra e una matita nella mano destra. Io sono antico. Riprendo con la carta in mano.

Io di questo professore avevo già sentito parlare. Anche fuori da quel bazaar che è Facebook intendo. Lessi sul Corriere della Sera della sua confessione: è un Sinti, un Rom - insomma che cazzo ne so io e vaffanculo al politically correct - è uno zingaro che aveva confessato il suo peccatoriginale ad una borghesia compiaciuta che la società che ha costruito consenta anche ad una persona con quelle origini di occupare ruoli socialmente importanti. La meritocrazia esiste. La-me-ri-to-cra-zia. Chissà se era quello che lui voleva dire con la confessione del suo peccato originale. Fatto sta che - per me - la borghesia così ce l'ha presentata attraverso le colonne dei suoi giornali: la-me-ri-to-cra-zia.

Riprendo a leggere.

La storia ci racconta di uno storico che trova casualmente - in un qualche archivio russo - un faldone. Dunque la storia che vi sto raccontando io è la storia di un file in PDF che racconta la storia di un faldone che a sua volta racconta un interrogatorio tenuto dall'NKVD nel 1937: l'epoca è quella del Terrore Staliniano, anzi, scusate, staliniano dovrei scriverlo minuscolo. Ma quando io leggo Stalin mi viene voglia di scrivere tutto in maiuscolo.

Dicevo, i verbali sono le deposizioni di due persone per dei fatti avvenuti in Karelia all'epoca della Rivoluzione. I due accusati sono:

- FREJŠIST, Lejba Avraamovič
- VELIŽEV, Michail Broneslavovič.

Il romanzello è dunque una Matrioska che racconta le ricerche di uno storico che scopre casualmente le vicende che coinvolsero i due di cui sopra "(...)a margine dello svolgimento locale della guerra – poi vittoriosa – dell'Armata rossa del proletariato contro la guardia bianca e i cani imperialisti inglesi. Allegati i memoriali difensivi dei nemici del popolo". Questo c'è scritto nel faldone scoperto dallo storico.

Continuo a leggere.

Pagina dopo pagina ciò che appariva ostico e nebuloso (chissà forse nella calura estiva dell'anno scorso non riuscivo a capire e forse abbandonai la lettura proprio per questo) diventa chiaro e nitido. Ciò che all'inizio poteva apparire come un mero esercizio di stile (molto professorale e accademico) prende vita: scelte lessicali difficili che diventano scelte linguistiche ardite che diventano estetica del romanzo funzionale all'economia della storia raccontata. Quando parla lo storico che legge le carte, ecco, abbiamo un italiano lineare e limpido. Ma non una limpidezza minimalista che evidentemente non è nelle corde dell'autore. Si tratta di un bell'italiano forbito e sottilmente barocco. Ma mai arzigogolato e fine a se stesso. Si tratta insomma di una scrittura armoniosa ma non narcisistica, oserei dire che si tratta del registro colloquiale di una persona colta (uno storico del resto ce lo immaginiamo così).

Leggo l'Io narrante dello storico: "(…)Che differenza dalle chiesette ciccione del sud! Quelle sono incrostate di ceramica colorata e di figure di animali: un gusto paciocco da mercantesse col piattino del tè, bonaria meridionale, amorevole indugiare su dettagli inutili in apparenza, gusto popolare per arabeschi, colori e fiabe. Qui, lo sguardo duro delle milizie di Ivan il Terribile, linee accigliate e severe, gelo, vortici di neve pura, elmi guerrieri, patiboli e la spada sguainata dell’inverno...(...)".

Alzo lo sguardo dai fogli e guardo il bel gol del belga Lukaku contro la Corea del Sud trasmessa dalla mia Tv a volume zero. Riprendo ancora con il mio lavoro.

Quando in questo romanzello-matrioska si passa dall'io narrante dello storico con il suo eloquio al contempo colloquiale e forbito a quello dei due “traditori del popolo” cristallizzato nei verbali del 1937 dell'NKVD Staliniano (perdonatemi, staliniano), la musica cambia. Le scelte lessicali, linguistiche e in definitiva estetiche del Professore cambiano totalmente. Suoni onomatopeici ed espressioni dialettali: un corpo toscano innestato con parole provenienti da ogni dove, mi pare quasi tutte del centrosud dell'Italia. Ma io non ho troppa dimestichezza con le parlate del Nord Italia, dunque potrei anche sbagliarmi. Fanno capolino qui e là - e di questo sono sicurissimo - anche delle parole indubitabilmente sarde. Ma non parole sarde del sardo classico parlato ormai da pochi. Si tratta di parole sarde italianizzate nella declinazione, così come usano i ragazzi di quest'isola. "Stontonàti" dal sardo “istontonadu” e declinato all'italiana: ah, non vi preoccupate, vi dico subito cosa significa; rincoglionito, assonnato o qualcosa del genere, dipende dal contesto. Ma ce ne sono molte altre di queste parole. Insomma lo stile dell'io narrante fissato nei verbali dell'NKVD del '37 è un caleidoscopio di espressioni gergali, onomatopeiche e di dialetti (meridionali?) innestati in un eloquio toscano. Incomprensibile allora? Ma nient'affatto. E' comprensibilissimo, il risultato è una lingua - un italiano – vicino ai nostri giorni, popolare, armonioso, comunque chiaro e soprattutto utilissimo nell'economia della narrazione: consente di capire l'estrazione sociale dei due “traditori del popolo”. Si tratta di un bellissimo artifizio letterario; mica il nostro Professore poteva usare espressioni del russo popolare. E poi qui in Italia chi cazzo lo capisce? Dunque una soluzione assolutamente funzionale, ma anche una stupenda estetica che nobilita fortemente il suo romanzello.

Rialzo la testa quando il Lukaku-muto segna un altro bel gol. Mi accendo una sigaretta e riprendo.

La storia raccontata nei verbali dei cekisti è avvincente: un gruppo di bolscevichi di una guarnigione della Karelia vengono convinti da un'agente NKVD ad andare alla ricerca di alcuni bolscevichi scomparsi in quel grande caos di ghiaccio che era la Russia della Rivoluzione. Un vagare tra monasteri, paesi fantasma, fino al porto di Arkangelsk, città occupata dal corpo di spedizione antibolscevico inglese per finire poi, trasportati dalla “Zattera di Medusa”, fino alle isole Solovki sul Mar Bianco. Il tutto tra risse, omicidi, scontri a fuoco, ladri, truffatori, derelitti, spie, socialisti democratici, ufficiali inglesi, monaci, donne rapite e destinate ad alimentare la tratta della prostituzione rivolta alle truppe inglesi e anarchici. Avvincente.

Il Nostro accademico pratica anche una sorta di modernismo: i verbali sono anche un viaggio nell'anima dei “Traditori del Popolo” dove fanno capolino anche elementi del Mythos, ma non quello greco, come vorrebbe il canone del modernismo classico, bensì il Mythos russo, il Mythos che nasce sul Volga, anzi sulla Volga. Una meravigliosa descrizione dei deserti di ghiaccio e dei simboli che popolano l'animo dei protagonisti.

Non mancano - e come potrebbero mancare? - citazioni che almeno in parte ho scovato: da Proust, al Miele Amaro di Salvatore Cambosu (il nostro autore è evidentemente uomo di letture raffinatissime e non convenzionali) per arrivare alla ginestra di Giacomo Leopardi (questa un po' scontata, a voler essere pignolo) e per finire alla Zattera della Medusa, stupendo quadro custodito al Louvre. Ma tutto senza quell'irritante saccenza accademica e con una certa dose di gelida ironia che ben s'incastona nel congegno hard boiled che l'autore ha costruito per la sua storia.

Mi rigiro tra le mani i fogli di questo racconto – un romanzello di appena settantacinque pagine – e ogni tanto rileggo qualche parte scelta a caso. Per il poco che vale il mio parere lo giudico stupendo. Sono davvero felice.

E' passato un anno da quando mi diede il file, e il romanzello-matrioska, credo non sia ancora pubblicato o almeno l'autore non ne ha dato notizia su Facebook. Forse perché non si sente sicuro – si sa, gli accademici sono in missione per conto di Dio e quindi il lavoro deve essere perfetto; peccato che in letteratura la perfezione non esista – oppure ha paura delle critiche avendo un nome da difendere. L'ambientino è una bella fossa di serpenti: e del resto non dev'essere per nulla facile fare carriera come critico della letteratura altrui e poi magari essere accusato di essere un asino quando propone la propria. Le sue scelte peraltro non sono semplici, la sua è letteratura vera, che spacca. Quando si è messo a scrivere si è tolto i galloni e si è buttato nell'agone letterario proponendo scelte lessicali, scelte linguistiche ed estetiche davvero innovative. Per me si tratta di scelte stupende ma ovviamente proponendo cose nuove si espone. Il suo romanzello non è un compitino facile facile che non scontenta nessuno ma che fatalmente, alla fine, lascia indifferenti tutti. Le scelte di campo sono nettissime, l'autore batte strade inesplorate o poco esplorate. Ma ne vale la pena.

Nella noiosa melassa che trabocca dalle librerie il suo sarebbe un romanzo vero, non un prodotto precotto e confezionato dal flagello degli editor e dei Sabba di falliti delle case editrici che hanno la pretesa di cambiare le cose; ovviamente per rendere “il prodotto” spendibile e vendibile, si capisce. Lavorio che inesorabilmente appiattisce tutto. E che tutto rende insipido. Lo deve pubblicare. E lo deve pubblicare cosi com'è. Cristallizzato nel dolore delle doglie con le quali è stato partorito.

Io forse non capirò un cazzo. Ma qualche libro davvero l'ho letto nella mia vita. Questo lavoro merita e merita tanto. Roba del genere non se ne trova. Chapeau bas, Maestro.

Sort:  

Meraviglioso, e ora come si fa a leggerlo?

Bisogna aspettare che sia pubblicato.....speriamo il prima possibile. :)

Quindi non spacci pdf di manoscritti XD

Ordunque dovresti dire e dare la tua opinione al professore ordinario e far sì che pubblichi, anche sotto pseudonimo, anche in pdf, anche online a 0.99€, purché dia a chi ama leggere qualcosa di cui non vergognarsi fra gli scaffali della letteratura italiana contemporanea!
PS. Per quel che può valere (quasi nulla, ma vabbè), sono disponibile per un parere critico se il tuo amico cerca gente a cui far leggere in anteprima il romanzo.

PPS: Forse ispirato dalla matrioska, il tuo post ne ha assorbito il lato avvincente ed hai scritto una piccola perla quasi degna della quarta copertina.

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