11 Settembre in Noir [Contest]

in #ita6 years ago (edited)

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L'immagine è tratta da wikimedia commons ed è liberamente utilizzabile

Con questo mio racconto partecipo al contest sull'11 Settembre proposto da @serialfiller.

Io credo che le sole cose sicure in questo mondo siano le coincidenze.
Leonardo Sciascia

Mosca, Quartiere Očakovo Ore 06.00

Il Colonnello Pavel Durov uscì di casa all'alba come tutte le mattine: odiava il traffico impazzito di Mosca dell'ora di punta. Da quando l'Unione Sovietica era implosa il traffico della bella Mosca era simile a quello di Bombay. E lui non lo sopportava. Non sopportava più nulla. Criminalità dilagante, corruzione, omicidi, miseria, prostituzione. “Cosa è diventata Mosca! Cosa è diventatata la Rodyna! Dio mio....”. Arrivato alla Piazza della Lubjanka parcheggiò la sua vecchia Žiguli. Non poteva permettersi una di quelle belle macchine occidentali. Quelle erano per i politici corrotti e per la nuova razza padrona del business capitalistico: gli oligarchi.
Attraversò la piazza fino al piccolo chioschetto dove prendeva un tè caldo prima di entrare le Palazzo.

“Buongiorno Sonja. Dammi il solito tè e poi preparami un goccio”
“Si colonnello, subito....”
Durov si girò verso la piazza e guardo il Palazzo. Un tempo provocava un senso di gelida paura solo a guardarlo. Ora niente, la Rodyna era nelle mani di bande di criminali e il potere politico impediva al Comitato di intervenire con i metodi per il quale era diventato famoso in tutto il mondo. Pavel alzò il bavero del cappotto e accese una sigaretta.

“Brutti tempi, viviamo brutti tempi signorina Sonja” disse prendendo la tazza di tè fumante.
“Com'è pessimista Colonnello...forse con questo nuovo governo riusciremo....”
“Lascia perdere. Non ci credo nemmeno un po' che cambi qualcosa” rispose alzando la mano.
Pavel prese il cicchetto di vodka e letteralmente lo ingurgitò: era il suo antidepressivo prima di trovare il coraggio di entrare nel Labirinto che lo portava alla sua personale tana del minotauro: il Dipartimento Affari Speciali per il Nord America. Oggi al Dipartimento sarebbe stata una giornata pesante, erano previste esercitazioni antiterrorismo in tutto il settore di conpetenza. I partner, come dovevano chiamare ora gli americani, avevano organizzato le cose in grande.

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L'immagine è tratta da wikimedia commons ed è liberamente utilizzabile

Mosca, Ore 16.00

In una giornata normale avrebbe già iniziato a preparare la borsa per andare a casa. Ma non oggi. Oggi doveva attendere le comunicazioni dall'ambasciata a Washington con i dati grezzi delle esercitazioni antiterrorismo degli yankees. Avrebbe studiato tutto a casa e domani avrebbe preparato il rapporto per il Grande Capo.

“Pavel, accendi la televisione” disse il colonnello Markov entrando nell'ufficio senza bussare.
“Che succede Fiodor?”
“Accendi la televisione" rispose senza aggiungere altro.
Pavel prese il telecomando e schiaccio il tasto 1, di Russia1. Lo schermi si accese sulle immagini di Manhattan con un incendio su una torre del World Trade Center.
“Che succede Fiodor?”
“Un Boing si è schiantato sulla torre...”
“Un incidente?”
“Non lo sappiamo...non sappiamo nulla”.

Proprio in quel momento un altro aereo solcò il cielo di New York, si diresse placidamente sull'isola di Manhattan, virò violentemente e si schiantò sull'altra torre del World Trade Center trasformandosi in una enorme palla di fuoco.

“Non è un incidente”
“No, non è un incidente” rispose il colonnello Markov.
“Voglio tutti i dati. Tutti. Chiamate il comando dell'aeronautica e fatevi dare i tracciati radar e le rotte di tutti gli aerei commerciali in volo nelle ultime due ore in nord America. Voglio vedere lo stato d'allarme di tutte le forze aeree militari USA. Movimenti di truppe, compresi quelli della loro Guardia Nazionale. Tutto, tutto” disse Durov accendendosi l'ennesima sigaretta.
Le immagini televisive in diretta si interruppero e tornarono all'improvviso sullo Speaker che annunciò come un altro aereo si era schiantato sul Pentagono a Washington.
“Questo non è un incidente. Questo non è un attentato terroristico. Questo è un golpe” disse a voce bassa Durov parlando da solo. Prese il telefono e chiamò il suo vecchio amico e collega Sergej Kodorchenko.
“Sergej, Pronto”
“Si, pronto Pavel. Sto vedendo. Che ne pensi?” disse Kodorchenko.
“Questo è un colpo di stato. Volevo chiedere a te se avevi altre informazioni. Qui al Comitato non è arrivato ancora nulla. Voi al GRU sapete qualcosa?”
“Siamo presi alla sprovvista Pavel. Nessuno si aspettava nulla di tutto questo. Solo ora stanno iniziando ad arrivare i dati dagli Stati Uniti. Tutti i nostri agenti sono a caccia di informazioni. Per il momento ci sono voci non confermate di un attentato degli islamici”
“Ah, ecco. Gli islamici. A me sembra troppo grossa per loro. Questo è un colpo di stato”
“Aspetta prima di trarre conclusioni>> rispose l'amico chiudendo il telefono senza manco salutare.

Mosca, Ore 20.00

Un altro aereo si era schiantato nelle campagne dopo una rivolta dei passeggeri contro i dirottatori e soprattutto era crollato un altro palazzo di 173 metri non colpito da nessun aereo. Soprattutto questa notizia non convinceva Pavel. “Come è possibile che un palazzo di quelle dimensioni crolli senza che sia stato colpito da alcun oggetto? Cosa sta succedendo?”

Pavel preparò la sua borsa. Aveva visto l'impressionante mole di dati in arrivo, con un flusso continuo, dagli agenti negli USA. Avrebbe continuato a lavorare a casa per poi stendere il rapporto Non aveva più senso che lui rimanesse in ufficio: se era un colpo di stato ed un gruppo ostile alla Russia si fosse insediato a Washington non era compito suo decidere cosa fare. Se non era un colpo di stato ma un incredibile attentato politico sarebbe stato compito dei politici decidere il da farsi. Il suo compito era quello di analizzare i dati e proporre scenari ai suoi superiori. Tutto il resto non era compito suo.

Si mise il cappotto, impugnò la valigia, spense lo schermo che continuava a vomitare immagini drammatiche ed inutili analisi di presunti esperti ma buone solo per il popolino. Chiuse la porta e attraversò il lunghissimo e tetro corridoio del Labirinto della Lubjanka: nonostante quello che stava succedendo regnava un irreale silenzio.
Ad un tratto vide sbucare il Generale Gerassimov.

“Pavel, ti voglio parlare. Ti aspetto nel mio ufficio tra cinque minuti” disse il generale.
“Tra cinque minuti sarò da lei Generale” rispose Pavel.
“Ti aspetto”.

Pavel salì le scale che lo portavano al piano nobile del Palazzo. Doveva essere puntuale: se il Grande Capo aveva detto tra cinque minuti significava che tra 5 minuti doveva bussare alla porta del suo ufficio.

Mosca, Ore 20.10

Pavel entrò nel lussuoso ufficio del Grande Capo, la televisione era accesa con il volume abbassato.

“Siediti Pavel” disse il Grande Capo.
“Si, certo.”
“Ascolta, ma tu cosa pensi di questa storia?”
“A pensare ancora non penso nulla" disse Pavel portando il busto in avanti :”ma qualcosa non mi convince. I palazzi crollati a Manhattan sono tre mentre gli aerei schiantati sono due. E il WTC7 è comunque un palazzo di 173 metri....non può crollare per il rumore dello schianto delle due torri più alte. E poi...e poi guardi Generale, il quarto aereo che si schianta in campagna dopo una presunta ribellione dei passeggeri. E l'aereo che si schianta sul Pentagono con una manovra da pilota provetto, poi....e gli americani che sostengono che i dirottatori avevano fatto un corso per pilotare dei piccoli aerei da turismo. No, no, questa non è una manovra da pilota di Piper...E poi, la difesa aerea? Perchè non è intervenuta?” concluse Pavel appoggiando la schiena sulla poltrona quasi di colpo.
“Capisco le obiezioni” disse il Grande Capo mentre portava l'ennesima sigaretta sulle labbra:”Eh, sarà un problema vostro ormai...”
“Nostro? In che senso.....” rispose Pavel
Il Grande Capo allargò le braccia come un'icona di un Cristo:”E si, voi Siloviki, voi pietroburghesi, avete preso il potere. Io sono un uomo di Eltcin che ormai avete fatto fuori. Toccherà a voi sbrogliare questa matassa. Il mondo cambierà totalmente dopo questo attentato....o golpe come lo chiami tu..”.
“Beh, Generale. Io non sono un Siloviki. Sono solo un ex commilitone di quello che ora è il Presidente...ma non faccio parte della sua cerchia. Io non posso che fare il mio lavoro e fornire un'analisi ma non ho potere ne lo avrò. Io non sento Volodja da almeno un anno....”
“Ti chiamerà, ti chiamerà. E io e i miei saremo fatti fuori. Ora prenderà la palla al balzo con quello che sta succedendo. L'ennesima riforma dei Servizi di Sicurezza. Io andrò in pensione ma.....ecco, vorrei che alcune dei miei uomini non venissero ostacolati nella carriera...” disse il Grande Capo quasi sottovoce guardando fisso lo schermo che mandava di continuo le immagini degli aerei che si schiantano sulle torri.
“Chiedo di essere congedato, Generale” disse Pavel.
“Può andare a casa, Colonnello”.

Pavel si alzò, si mise il cappello ed uscì dalla stanza con una sensazione di gelo sulla schiena. “Il bastardo ha paura che venga scoperta la sua corruzione e il suo tradimento” pensò muovendo le labbra mentre scendeva le scale.

Mosca, Piazza della Lubjanka ore 20.20

Il colonnello uscito dalla Lubjanka si diresse a passo lento verso la sua vecchia Žiguli quando vide tre uomini dai tratti asiatici che a distanza lo osservavano e forse lo seguivano. Accelerò il passo ma fu tutto inutile: fu raggiunto da una gragniuola di proiettili. Cadde esanime sull'asfalto bagnato di quella serata piovosa.

Mosca, Palazzo della Lubjanka, ore 20.30.

Il Generale prese la sua Makarov, inserì il colpo in canna e la posò sulla scrivania davanti a se. Si alzò e andò con un passo lentissimo, da uomo stanco, verso la bella credenza dell'ottocento: Prese un bicchiere e versò due dita di buon brandy che bevette tutto d'un fiato. A questo punto tornò sulla sua scrivania, si sedette, slacciò lentamente la cravatta e si sparò un colpo di pistola sulla tempia.

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Mosca, Redazione Izvestja. Ore 23.30

Sergej Gastay, sfogliava distrattamente la prima edizione del giornale di domani, quasi del tutto monopolizzato dai fatti di New York. Ad un tratto la sua attenzione fu attratta – da vecchio cronista di cronaca nera – da una notizia in fondo alla ventesima pagina: “Ucciso in un agguato in Piazza della Lubjanka un colonnello dell'FSB sospettato di corruzione. Per una incredibile coincidenza alla stessa ora è morto, in un tragico incidente mentre puliva la sua pistola, il Generale dell'FSB Gerassimov. I due fatti non sono tra loro collegati”. “Già” – pensò tra sé e sé il vecchio cronista di cronaca nera – “i fatti non sono mai tra loro collegati. E il Potere non ha mai segreti, né qui né in America”.

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Avvincente racconto, @giuseppemasala.
Ha qualche attinenza con fatti realmente accaduti?

Grazie... un caro abbraccio da @amico!

No, nessuna attinenza con fatti reali. E' il racconto di un delitto perpetrato nel contesto di quella data fatidica....e fa un parallelismo tra i due fatti provando a spiegare che Potere e Verità quasi mai vanno a braccetto.

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