Si sveglia la città con le campane, ultima puntatasteemCreated with Sketch.

in #ita6 years ago (edited)

I medici erano davvero allarmati. Oltre alla gravità della patologia (nel ’60 molto meno curabile di adesso), notavano la scarsa reattività del paziente che era ripiombato nello stato di torpore antecedente al Musichiere.
Ne parlavano con Angelica “Signora, suo marito, davvero, è poco responsivo alle cure, quasi non sembra interessato a vivere”. Lei cercava di spiegare di come il suo mesto consorte fosse afflitto da un temperamento decisamente melanconico. Ma non ebbe mai il coraggio di spiegare di come la situazione fosse precipitata dopo la scomparsa di Mario Riva. Che poi, pensava la donna tra sé e sé, era l’esatto opposto di Gerolamo. Non troppo alto, piuttosto in carne e sempre sorridente. Forse era la sua parte mancante, trovava in lui quell’ottimismo e quella voglia di vivere che in lui certo non abbondavano. Sì, però, poi, nonostante il carattere positivo e la vivacità, era bastata una caduta per porre fine alla sua esistenza. E quindi, fatte le debite proporzioni, a quali risorse avrebbe potuto attingere lui che di vitalità era tanto carente?

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A fine novembre, dopo lunghe settimane di calvario (soprattutto per Angelica che aveva trascorso molte ore su una sedia accanto al marito), il signor Daichiri fu dimesso. Era davvero spettrale, magrissimo e pallido, con le labbra decisamente volte in giù.
Riprese a sedersi sul divano insieme al gatto, ma non guardava più la televisione. Trascorreva molte ore a letto dove spesso lo trovava Angelica tornando dal lavoro.
Olga gli portava frullati e zabaione, ma la maggior parte delle volte venivano dati al gatto o finivano nel lavandino. Gli unici pasti di Gerolamo erano un caffelatte al mattino e una minestrina di sera. Cibi tristissimi e monotoni come le sue giornate.
A Natale il figlio tornò a trovarlo con la famiglia, ma la cosa fu ben diversa dall’estate precedente. I giochi chiassosi dei gemellini Mirko e Marco stavolta non furono graditi. Il nonno si chiudeva in camera con i tappi nelle orecchie, immobile per ore.
Tommaso ripartì per la Befana, con la morte nel cuore, temendo che ben presto la madre lo avrebbe chiamato per comunicargli pessime notizie.

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Francamente, anche Angelica vedeva molto buio nel prossimo futuro.
Tutte le mattine provava a ricordare al marito che la città si stava svegliando con le campane, ma lui non reagiva, al più accennava un lieve sorrisino, ma non parlava e tanto meno canticchiava.
Trascorsero altre settimane, fino a che, a inizio febbraio, arrivò quell’evento tanto atteso dalla vicina di casa : Il festival di Sanremo.
Negli ultimi anni, da quando aveva la TV, anche Angelica aveva preso passione alla competizione canora, ma certo non aveva la preparazione e la memoria di Olga. Lei e la figlia sapevano davvero tutto del festival, a partire dal 1951. Citavano testi, autori e, ovviamente, interpreti. Avevano anche una loro particolare classifica che non sempre corrispondeva a quella ufficiale.
L’anno prima, ad esempio, aveva vinto Romantica, interpretata da Renato Rascel e Tony Dallara. La signora Olga era d’accordo con questo verdetto, ma la figlia avrebbe preferito vedere vincitore Joe Sentieri, più dinamico, secondo lei.
“E’ mezzanotte, diamoci un bacio…” Ne avevano discusso a lungo.
Ora si approssimava l’edizione 1961 e Giusy, la figlia di Olga, aveva studiato il libretto delle Messaggerie Musicali e letto tutti i rotocalchi sull’argomento.
“L’ho letto sul Radiocorriere- diceva- Quest’anno Celentano ha una canzone fortissima” “Ma via – le rispondeva la mamma- quel ragazzo dinoccolato, tutto sguincio, ma come fa a piacerti?” “Non dinoccolato, mamma. E’ molleggiato, lo chiamano così”.
Giunse dunque la sera della finale e Angelica pensò di invitare le vicine a guardare il festival a casa sua. Le pesavano davvero quelle lunghe serate mute col marito. Almeno una volta avrebbe potuto chiacchierare.
Così, dopo cena, si piazzarono davanti al televisore, lei, il marito e il gatto rosso sul divano, Olga e Giusy in poltrona, la piccola Lisetta su una seggiolina che portava sempre con sé.
Gerolamo e il gatto sembravano statue, ma, quando cantò Celentano, il signor Daichiri dette segni di vita. “Amami, ti voglio bene…. Con ventiquattromila baci…felici corrono le ore…”.
Gerolamo si agitò mentre il molleggiato si esibiva.
“Bravo questo ragazzo”. Le tre donne e anche la bambina si girarono incredule.
Ma anche nel girone di ritorno, quando la canzone fu interpretata da Little Tony, Il signor Daichiri si espresse: “Anche questo non è male”.
“Ma allora le piace la canzone, signor Gerolamo!” intervenne Olga con voce squillante.
Lui sorrise. “Ventiquattromila baci- disse – sono tantissimi. Però bello. E poi loro sono giovani, specialmente il ragazzino col ciuffo”.
Non aggiunse altro per tutta la sera, ma già questa affermazione era un incredibile segno di vita.

La coppia di molleggiati Celentano/Little Tony non vinse Sanremo, con disappunto della Giusy, ma con grande soddisfazione della signora Olga, a cui piaceva molto la canzone prima classificata, Al di là, soprattutto nell’interpretazione di Luciano Tajoli, un po’ meno in quella di Betty Curtis.

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Per Angelica fu comunque una vittoria quella del Festival 1961, dato che suo marito si era un po’ rianimato.
Il giorno dopo, si recò immediatamente al fornitissimo negozio di dischi della famiglia Olmi, sotto i portici, e comprò Ventiquattromila baci in entrambe le versioni, sia quella di Celentano che di Little Tony.
Appena tornata a casa, cominciò a somministrarle a mò di terapia al suo debilitato consorte. Al mattino gli faceva sentire Celentano, all’ora di pranzo Little Tony e in fine serata tutti e due.
Ciò che non avevano potuto medicine e ricostituenti, potè la musica leggera.
Tra l’altro, pensava Angelica, i due cantanti erano talmente giovani che il rischio di una nuova tragica dipartita era piuttosto basso.
Gerolamo, nel giro di una settimana, riprese a canticchiare sia Ventiquattromila baci che Domenica è sempre domenica e, di prima mattina, ricominciò con la moglie la condivisione di caffè e campane.
“Senti, Angelica, queste sono quelle di San Francesco… Ecco. Ora suonano le campane del duomo…. Si sveglia la città con le campane…”
E i due maturi coniugi si sorridevano mentre la luce del mattino trapelava dalle persiane.

FINE

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Molto carino davvero, ricco di adattamenti storici, complimenti per il componimento in generale, davvero una storia gradevole e ben orchestrata, condita da tenerezza, suggestione, malinconia, determinazione, ed un pizzico di lieto fine che non guasta mai, brava @fulviaperillo, ottimo

Grazie, caro @mad-runner, mi fa piacere che tu segua con tanta attenzione i miei racconti

@fulviaperillo Aspettavo con ansia anche questo racconto che, come i precedenti, riesce a coinvolgere il lettore. Brava! :o)))

Ciao Fulvia! Un epilogo e finale splendidi <3 Non me l'aspettavo il festival di Sanremo, ed è la cosa più bella quando nelle storie accadono cose inaspettate (come del resto durante tutto il racconto mi hai sempre stupita). Mi è piaciuta tantissimo la frase

Ventiquattromila baci- disse – sono tantissimi. Però bello.

Una battuta che apre il cuore :)

Ammiro tantissimo le persone che hanno la capacità di scrivere un racconto con una storia ricca di particolari in un linguaggio piacevole da leggere e che fa anche riflettere e provare delle emozioni, è un dono molto prezioso e tu ce l'hai. Devo dire che mi sono affezionata ai personaggio ed è come un ricordo che rimarrà con me. Brava Fulvia, seguirò anche i prossimi con gioia :)

Grazie, cara @isakost. Se vai indietro sul mio blog ce ne sono molti altri. Non li puoi votare, ma leggere sì 😊

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