"Si sveglia la città con le campane", seconda puntatasteemCreated with Sketch.

in #ita6 years ago

Così, quando nel 1954 Tommaso si trasferì, per il padre fu davvero un brutto colpo e ancora di più soffrì l’anno seguente quando il giovane si sposò, manifestando l’intenzione di non tornare più in Maremma.
Anche la nascita dei nipoti, gemelli, avvenuta nel 1956, non rallegrò affatto il povero Gerolamo. Per lui tutte queste realizzazioni del figlio, lavoro, matrimonio e figli, significavano una cosa sola: l’aveva perso, ormai era solo una voce occasionale al telefono, qualche lettera e una visita fugace ogni tanto.
Angelica cercava di consolarlo, dicendo che perfino le sacre scritture dicevano che l’uomo avrebbe lasciato il padre e la madre e Tommaso era un uomo, per l’appunto. Ma il signor Daichiri non trovava pace e non si rassegnava, parlava ancora meno del solito e ogni tanto piangeva anche.
Fu in quel periodo che Angelica cominciò nuovamente a soffrire il freddo in modo estremo. Le si raffreddavano le mani, i piedi si congelavano ed erano ricomparsi i geloni della sua gioventù.
La faccenda si aggravò nel 1958.
Nel febbraio di quell’anno Gerolamo compì sessantacinque anni, età ragguardevole per l’epoca e la ditta in cui lavorava chiuse i battenti, dato che ormai sia il titolare che i dipendenti erano in età da pensione.
Di punto in bianco, Gerolamo si era ritrovato, oltre che senza figlio, anche pensionato e le sue giornate erano diventate vuote e grigie.
Il grande appartamento, un tempo abbellito dalla voce squillante del piccolo Tommaso, ora era silenzioso e senza vita.
Aveva voglia Angelica a comprare fiori, accendere la radio e perfino il giradischi.
A suo marito ormai non importava più niente. Sedeva sconsolato sul divano di pelle marrone insieme al gatto, un grande felino dal pelo rosso che stava immobile anche lui, come il padrone, ma almeno, pensava Angelica, era colorato in modo vivace. Gerolamo, per contro, era sempre più pallido, inappetente, trascurato.
Non usciva quasi più e non c’era manicaretto che attirasse la sua attenzione. Così dimagriva sempre più e la sua pelle virava verso un grigio-giallino per niente sano.
Il dottore aveva prescritto alcuni esami, ma non risultava malattia organica.
Quello del signor Daichiri era un male dell’anima, allora il termine depressione non si usava, si parlava di esaurimento, di deperimento psicofisico. E pareva non ci fossero cure.
Angelica sentiva sempre più freddo, specialmente la sera, quando il lavoro in merceria era terminato e si ritrovava da sola con l’ombra di quello che era stato suo marito. Il quale, tra l’altro, non dormiva più con lei, ma si era trasferito in camera del figlio, forse sembrandogli così di sentirlo più vicino.
Nonostante le borse dell’acqua calda e le doppie trapunte, il letto matrimoniale era gelido, almeno così sembrava ad Angelica, ma la cosa non migliorava in cucina o nel soggiorno dato che Gerolamo quasi non proferiva parola e i suoi lineamenti diventavano ogni giorno più cadenti.
Del bell’uomo slanciato che era stato un tempo, era rimasta solo una colonna vertebrale un po’ curva e due gambe magre che ballavano nei pantaloni.
Anche gli occhi neri, che la moglie in gioventù trovava profondi e dolci, ora erano scoloriti, cerchiati da profonde occhiaie.
[CCO Creative Commons] despair-513529_1280.jpghttps://pixabay.com/it/disperazione-da-solo-la-solitudine-513529/

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Ehilà, il racconto sta prendendo contorni più definiti e sto accelerando, molto bene, la lettura risulta piacevole ed accattivamente, ti seguo con attenzione!!

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