"Michele", quarta puntata : cambiamenti
Nel narrare ciò che accadde dopo, la citazione che mi viene in prima battuta è, chiaramente, di tipo musicale e riguarda la già citata “Guarda se io” di Tenco, così esaustiva nel descrivere una condizione in cui la volontà e la ragione stanno da un'altra parte, eppure le cose succedono, anche quelle che mai avremmo pensato.
Subito dopo, mi risuonano versi di Umberto Saba:
“Cambia il destino lentamente, a un'ora precipita”.
Sì, perchè, in molte situazioni, ma in special modo nel campo dei sentimenti, anche ciò che sembra accadere all'improvviso è in realtà frutto di una lunga serie di impercettibili cambiamenti. Piccoli segmenti quotidiani lievemente inclinati rispetto alla linea originale. O curvi. O spezzati. Ma queste minime modifiche portano un giorno a cambiare un destino, una vita, più vite...
Dirò comunque che, quel sabato notte, mi portai a casa una certa inquietudine.
Come se, tra le note di quel Sanremo, un demone avesse mostrato per un momento il suo volto. Troppa fantasia – avrebbe senz'altro detto mia madre se gliene avessi parlato. Cosa che evitai accuratamente. Anzi, non riferii ad alcuno la mia sensazione e, per qualche giorno, ritenni di aver avuto una sorta di allucinazione.
Fino a che, il venerdì mattina, a scuola, mentre riguardavo la lezione in sala insegnanti, Diana mi si parò davanti con un'espressione che non le conoscevo.
Non saprei neanche definire con esattezza lo sguardo che la caratterizzava. Era incerta, lievemente tremante. “Giulietta, ti devo parlare. Martina non vuole più sposarsi” “Eeeh?” “Sì, hai capito, mancano otto giorni, è tutto pronto, i regali sono arrivati, il viaggio di nozze è prenotato e lei ha deciso di mandare a monte tutto. Me lo ha detto Leopoldo a cui lo ha riferito Andrea che è letteralmente fuori di sé”.
Non mi capacitavo: Martina la lineare, la moderata, temperante e programmatrice.
Non era possibile. “Le devi parlare, forse a te darà qualche spiegazione”.
I giorni che seguirono furono caotici per tutta la nostra famiglia. Martina non parlava.
Anzi, non si faceva neppure vedere. O era al lavoro o si rifugiava nel suo Spazio Privato, inaccessibile e di cui nessuno aveva le chiavi.
Mia zia era disperata. Lei e suo marito dovevano telefonare a tutti gli invitati, dando spiegazioni inconsistenti, restituire i regali, disdire cerimonia e pranzo...
Lo zio Giorgio si era chiuso in un mutismo impressionante.
I miei genitori cercavano di star loro vicini, ma non sapevano che dire.
Andrea alternava visite ai mancati suoceri a serate tristi con gli amici, era logorroico e sconclusionato. “Mi ha lasciato ai piedi dell'altare...o insomma quasi. E dopo tutti questi anni , e nessuno sa perchè. Forse dovremmo farle una TAC, magari ha qualcosa nel cervello. Il vestito per il matrimonio...l'ho buttato nel cassonetto. Lei con il suo avrà fatto gli stracci da cucina... Vengono bene gli stracci col velo da sposa...”
In quei giorni il poveretto somigliava ancora di più a Branduardi, ma saltellava come Benigni, io mi aspettavo che si gettasse in braccio allo zio da un momento all'altro.
Non lo fece se non metaforicamente, cioè continuando a parlare anche quando lui non rispondeva. E poi faceva il giro degli amici, rideva, piangeva, ogni tanto raccontava barzellette. E di nuovo piangeva.
Trascorsero così alcune settimane in cui l'entropia familiare e non solo era diventata altissima. Ma la cosa più curiosa era il silenzio assoluto di colei che aveva scatenato il disastro.
A fine marzo, lo zio Giorgio fu ricoverato per un infarto. Non era grave, ma tutti ci impaurimmo molto. Martina seguì il padre da medico, ma non da figlia. Sembrava non volesse entrare in contatto più di tanto.
Sua madre, dopo aver sopportato le stranezze della figlia per qualche giorno, la affrontò in mia presenza: “Ora basta. E' colpa tua e del tuo essere scriteriata quello che è accaduto a papà. Almeno piangi, idiota!”.
Lei, a quel punto, anziché reagire, se ne andò, muta e imbelle, mormorando solo : “E' meglio che vada a casa”.
Ognuno aveva la sua teoria: Andrea la lesione cerebrale, Leopoldo il delirio psicotico, Diana l'egoismo che Martina aveva sempre dimostrato.
Fu Desdemona che per prima fece un'ipotesi “rivoluzionaria” : “ Ma non avrà mica un altro?”. Benchè generalmente mia sorella non si facesse scrupoli di dire cose anche spiacevoli, in questo caso, data la situazione, si limitò a comunicare a me il suo dubbio. Io non risposi e mi ripromisi di parlarne con Martina che, però, per la prima volta, mi sfuggiva.
La primavera del '94 continuò apparentemente uguale, ma, tra i miei familiari, era sceso un velo di sconcerto che rendeva diverse le azioni, cambiava significato alle parole, abbassava il tono dell'umore e delle conversazioni. Non avevamo neppure più commentato Sanremo, cosa alquanto insolita.
Era l' Inatteso ad averci colpito. Qualcosa che nessuno di noi aveva previsto e nessuno riusciva a spiegare.
Diana era nervosa e scattava per niente. “Ma ti sembra possibile, Giulietta? Ti ricordi quel pomeriggio in cui ho definito me e Martina come temperanti? Proprio idiota.
Io per ciò che ho detto, lei per quel che ha fatto”.
Ormai ci vedevamo di rado. Martina diceva di essere molto presa dal lavoro.
La domenica, guarda caso, aveva sempre qualche paziente che partoriva. Persino a Pasqua si ruppero le acque ad una giovane signora e lei mancò al pranzo, per la prima volta nella sua vita.
L'unica che sembrava divertita era, ovviamente, Desdemona, che, una volta tanto, non era l'unica portatrice di scandalo. “Finalmente una cosa sana, ha preso la sua decisione in perfetta autonomia”. “Magari poteva pensarci prima...”
“E' andata bene: immaginati se fosse arrivata alla stessa conclusione il giorno dopo le nozze!” . E questa osservazione fu l'unica che riuscì a risollevare un po' il morale delle nostre madri.
(continua)
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Provo ad andare un po' in recupero di puntate, adesso scatto alla quinta!!!