"Le Roselline", seconda puntata

in #ita6 years ago (edited)

Rosellina crebbe buona e volenterosa, oltre che bella, frequento il liceo classico e nel luglio del ’67, conseguì brillantemente il diploma di maturità.
A differenza della madre, però, era consapevole di sé e ben decisa a continuare gli studi e, successivamente, a lavorare nell’azienda di famiglia.
Così si iscrisse alla facoltà di economia e commercio, a Firenze.
Questo significava trasferirsi nel capoluogo toscano e per lei era davvero una bellissima avventura. Sua madre, che pure aveva cercato di incoraggiare la ragazza ad andare all’università, era apparentemente allegra, ma nel suo cuore albergava una grande tristezza. Ora sarebbe rimasta da sola, per la maggior parte del tempo, nella sua grande casa. Inoltre, suo padre aveva dei problemi di salute e tutto il carico del lavoro gravava oramai su Massimo che si vedeva sempre meno, molto spesso era a Milano o a Bari per l’azienda.

In realtà Rosellina tornava spesso a casa il fine settimana e allora madre e figlia si riunivano nel loro perfetto connubio, ma, pensava Maria Rosa, l’esperienza universitaria stava facendo maturare in fretta la giovane, tanto che a volte sembrava lei, tra le due, quella con più esperienza del mondo.
Ricordava con dolcezza e con un po’ di nostalgia gli anni passati come “Roselline”, sempre insieme. E sorrideva per le numerose volte in cui gli altri avevano pensato che fossero sorelle.
In particolare, le veniva da ridere pensando a un episodio accaduto quando Rosellina aveva quindici anni e lei trentatrè. Erano passate davanti al bar La Vasca dove Massimo sedeva con gli amici. Lo avevano salutato sorridendo e l’ultimo arrivato della compagnia si era complimentato con lui per la bellezza e la grazia delle sue figlie. Maria Rosa sorrideva al ricordo, ma era anche un po’ triste pensando che la sua piccola ormai non lo era più tanto e si stava aprendo ad una vita indipendente, senza di lei.

Nel maggio del ’68, proprio quando nelle università di tutto il mondo giungeva la protesta, suo padre si aggravò. Non era molto vecchio, non aveva ancora compiuto settant’anni, ma la gotta, il diabete e una grave cardiopatia lo avevano reso invalido. In quel periodo si allettò definitivamente e, di giorno in giorno, sembrava sempre più lontano dalla vita.
Maria Rosa era molto provata. In fondo aveva continuato ad essere figlia senza affrancarsi in alcun modo da quel padre premuroso, ma autoritario, per cui le donne erano esseri semi-inutili ed invece, guarda caso, aveva avuto una figlia e una nipote, l’unico maschio di casa era il genero.
Massimo, all’epoca un prestante sessantenne, si era sostituito in tutto e per tutto al suocero, curando con grandissima attenzione gli interessi della azienda.
Era ancora meno presente nella grande casa in cui Maria Rosa, ormai, abitava quasi sempre da sola, con due domestiche che le erano molto affezionate, ma certo non sostituivano una vera famiglia.
Rosellina, intanto, stando a Firenze, si era grandemente emancipata. Vestiva con jeans e camicie da uomo, ma questo abbigliamento, così in linea con il movimentato ambiente universitario, non scalfiva in alcun modo la sua femminilità, anzi, la rendeva ancora più particolare.

La somiglianza con la madre era straordinaria. Differivano solo per il colore dei capelli, biondo grano quelli della ragazza, mentre quelli di Maria Rosa erano di un bel castano chiaro lucente.
Per il resto, i lineamenti erano simili, regolari, gli occhi celesti e lo sguardo dolce, anche se in quello della figlia guizzavano una vivacità e una forza sconosciute alla madre.
L’estate si annunciò calda e mesta. Il signor Pietro peggiorava di giorno in giorno. Praticamente la sua grande casa era diventata una specie di clinica in cui si avvicendavano medici, infermieri e personale di servizio.
Fedora lo curava con affetto, ma senza mai abdicare dal suo ruolo di regina madre, elegante e un po’ severa, con i capelli raccolti in un morbido chignon.
Maria Rosa si era trasferita nella villa al mare, da sola, perché Massimo era impegnatissimo e solo saltuariamente la raggiungeva, anche se non sapeva bene perché, dato che al mare non andava, la conversazione con la moglie era inesistente e non sopportava neanche tanto il continuo frinire delle cicale.
In realtà, per Maria Rosa, le visite del marito erano fonte di ansia. Non gli andava mai bene niente, criticava i pasti (preparati dalla cuoca) , le modifiche nell’arredamento, l’abbigliamento casual della giovane moglie. Non sopportava poi assolutamente il fatto che Maria Rosa fosse solita ascoltare la radio ed amasse la musica leggera.
Quell’estate, Franco IV e Franco I deliziavano il loro pubblico con “Ho scritto t’amo sulla sabbia”, Caterina Caselli imperversava con “L’orologio”, ma il top era il vincitore del disco per l’estate, Riccardo Del Turco : “luglio, col bene che ti voglio, vedrai non finirà - ià ià ià ià …”.
Massimo non sopportava queste “canzonette da quattro soldi”, si innervosiva quando la moglie canticchiava insieme alla radio e ancora di più se si accorgeva che aveva addirittura comprato i dischi.
I suoi brevi soggiorni, dunque, erano piuttosto pesanti.
Quando finalmente se ne andava, Maria Rosa tirava un sospiro di sollievo : poteva di nuovo chiacchierare con la fidata cameriera, scherzare con la cuoca e ascoltare a ripetizione le sue canzoni preferite.

Alla fine di luglio, dopo l’ultimo esame della sessione, Rosellina tornò a casa. E’ superfluo dire quanto era felice sua madre. La mattina indossavano il bikini e andavano insieme alla spiaggia, chiacchieravano, facevano il bagno e lunghe passeggiate.
Si avvicinava il ventesimo compleanno di Rosellina che era nata il 16 agosto, giorno di festa a Marina di Grosseto, in cui si celebrava San Rocco, il santo patrono, con la processione in mare e con i fuochi d’artificio.
Ogni anno avevano festeggiato con i familiari e le amiche, ma stavolta la faccenda era speciale, dato che per Ferragosto sarebbe arrivato da Firenze Cristiano, ufficialmente un amico, in realtà (ma solo Maria Rosa ne era al corrente) il ragazzo di Rosellina.
Maria Rosa era felice, ma un po’ imbarazzata da questo evento. Ancora non si vedeva come suocera, poi, certo, era d’accordo sul fatto che la figlia dovesse vivere liberamente le sue storie, ma Massimo, che pure non si era mai interessato all'educazione della ragazza, ebbe subito molto da ridire.
“Un amico? E chi sarebbe questo tipo? E cosa vuole?”
“Ma babbo- replicava la giovane- è un assistente della facoltà, mi aiuta in matematica finanziaria”.
“Già- ironizzava massimo- lo conosco io quel genere di matematica. Ma, sia chiaro, in questa casa non deve dormire. Andrà in albergo, glielo pagherò io, ma non si parli di fermarsi sotto questo tetto di notte”
“Ma dai, via, di giorno possono succedere le stesse cose, se è questo che temi!”
“Ma tu senti – lui rivolto alla moglie- come ha preso pigolo questa qua! Ti fa male l’aria di Firenze, signorina!”

Maria Rosa provò ad osservare che la villa era molto grande, avevano cinque camere da letto e certo un ospite non avrebbe disturbato, ma Massimo (a cui una strana gelosia mista a perbenismo aveva svegliato per la prima volta l’istinto paterno) fu irremovibile e prenotò una stanza all’Hotel Mediterraneo, proprio nel centro della località balneare, ma non troppo vicino alla loro abitazione.

Il 15 agosto, verso le dieci del mattino, Cristiano arrivò a bordo di una Fiat 1100 bianca, ma non era solo.
Dall’auto, oltre a lui, che era un bel giovane moro dalla pelle olivastra, scese anche un uomo che gli somigliava abbastanza, più alto di qualche centimetro, ma con i medesimi occhi neri.
Si trattava di Roberto, suo fratello maggiore. Lui aveva ventisette anni e Roberto trentatrè. Praticamente, più vicino per età a Maria Rosa che a sua figlia. La Rosellina major rimase piuttosto sorpresa da questo doppio arrivo e anche un po’ senza parole.
Massimo, invece, non aveva affatto perso la favella e riuscì ad essere insieme cordiale e sgradevole, dato che alle parole gentili non corrispondeva l’espressione del viso che squadrava i due ospiti con diffidenza e sospetto.
Cristiano era assistente alla facoltà di Economia, mentre il fratello si dedicava all’attività di famiglia, ovvero un negozio di camicie fatte a mano nel centro di Firenze.
“In fondo- disse Rosellina- vi occupate di cose simili, sempre vestiti sono. I tuoi da lavoro, babbo, mentre Roberto tratta capi su misura per ricchi signori”.

Sia Massimo che Maria Rosa furono molto sorpresi dal fatto che i due giovani chiamassero la ragazza non Rosellina e neppure Rosa Bianca, ma semplicemente Bianca, assolutamente inedito per i genitori.
Quella sera, dopo aver riaccompagnato i due ospiti in albergo, Massimo non finiva di brontolare. Ripeteva alla figlia che era pentito di averla mandata a studiare fuori e che sua madre non aveva saputo educarla e, insomma, lui era stufo e l’indomani sarebbe tornato a Grosseto per non vedere nessuno di loro, né le Roselline né i baldi giovani fiorentini.
La ragazza non seppe trattenere la risposta : “Bene, babbo, sono certa che non ci mancherai”.
“Ecco, Maria Rosa, che capolavoro di figlia hai tirato su!”
“Ah, sì – continuò Rosellina totalmente disinibita- dai la colpa a lei, tu neanche hai mai saputo come crescevo, è la prima volta stasera che ti interessi a qualcosa che mi riguarda!”

(continua)

[CCO Creative Commons] https://pixabay.com/it/mazzo-chiodi-di-garofano-rose-1463562/
bouquet-1463562_1280.jpg

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Eccellente racconto, mi sono già fatto un'idea del seguito, e spero ardentemente che possa corrispondere con il prosieguo di questo tuo gradevolissimo racconto, complimenti, cara @fulviaperillo, aspetto le prossime puntate

Uuuhhh non si può finire così!!!!!
XD appassionante!
Non vedo l'ora di leggere la prossima puntata.

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