"Le Roselline", prima puntata

in #ita6 years ago

Le Roselline

Maria Rosa diventò mamma molto giovane, nel 1948, un anno dopo essersi maritata ad appena diciassette anni.
Ma non si era trattato di un colpo di testa giovanile, tutt’altro.
Il suo matrimonio con il maturo collaboratore di suo padre era stato concordato e programmato, almeno in parte.
Al momento delle nozze, Massimo, lo sposo, era già prossimo ai quaranta. Eppure, la famiglia di lei non solo non si era opposta, ma aveva favorito l’unione che avrebbe garantito continuità all’azienda manifatturiera, nata negli anni ’30, che, dopo la guerra, stava fiorendo ed espandendosi: i suoi prodotti (abiti da lavoro, tute, camici e molto altro) venivano esportati in tutta Italia.
Pietro, il padre della ragazza, era un uomo pragmatico, che si era fatto da sé e certo non contava troppo sulla sua deliziosa unica figlia, così leggiadra e gentile. Pertanto non gli era sembrato vero quando Massimo aveva messo gli occhi sulla fanciulla, anche se quest’ultima aveva solo sedici anni.
D’altronde, sosteneva Pietro, anche sua madre si era sposata a quell’età e il matrimonio dei suoi genitori era stato felice e coronato dalla nascita di ben cinque figli. Sua moglie Fedora aveva provato timidamente ad obiettare che si trattava di altri tempi, che Maria Rosa stava frequentando le magistrali e non c’era tutta questa fretta. Ma Massimo aveva insistito affinchè si celebrassero le nozze, promettendo che la giovane moglie avrebbe potuto terminare le scuole, cosa che in realtà avvenne, anche se la ragazza si trovò a dare gli esami di maturità col pancione e a partorire solo venti giorni dopo.

Nacque una bambina a cui la madre (bambina anche lei) decise di mettere un nome simile al suo e optò per Rosa Bianca, detta fin da subito Rosellina.
Da quel momento, lei e la figlia, in famiglia, furono chiamate con il nome collettivo di “Le Roselline”.

A ideare il nomignolo era stata Fedora, la mamma di Maria Rosa : vedere la sua adorata figlia, tanto giovane e inconsapevole, già madre, le metteva tenerezza e anche un po’ d’ansia.
Ma al volitivo marito e padre delle Roselline, la cosa piacque parecchio e adottò da subito la “denominazione”, con un pizzico di superiorità nei confronti delle “bambine” a lui affidate.
Gli affari della ditta di famiglia prosperavano e, nella scia della ricostruzione prima e del boom economico dopo, la piccola azienda di un tempo assunse dimensioni più grandi e colonizzò altre città.
Accadde praticamente l’inverso rispetto al solito. Dalla Maremma partì una proposta industriale e commerciale che in breve piazzò altre quattro sedi, due in Lombardia, una nel Lazio e l’ultima in Puglia. D’altronde, gli abiti da lavoro erano sempre più richiesti, perché lavoro ce n’era, e parecchio, in quegli anni.

Rosellina crebbe come un fiore e la sua giovane madre aumentò con gli anni la bellezza e il fascino che non le erano mai difettati.
Le due si somigliavano sempre di più col passare del tempo, anche perché la differenza d’età era così poca da farle sembrare sorelle, più che madre e figlia.
Entrambe erano snelle e flessuose, chiare di occhi e di capelli, con un carnato roseo e delicato.
La giovane madre, nei primi anni, era stata sotto l’assoluta supervisione dei suoi genitori e di una tata che questi avevano assunto per badare alla bambina.
Poi, mano a mano che la piccola cresceva, si era creata tra le due una complicità speciale: ridevano, giocavano, spettegolavano.
Maria Rosa non aveva mai lavorato, proprio non ce n’era bisogno, e, non avendo incombenze domestiche, si era occupata della figlia a tempo pieno, divertendosi con lei in tutti i modi: andavano al cinema, al mare, a cavallo. Leggevano libri e ascoltavano musica. Praticamente, tutto il mondo della Rosellina major era circoscritto alla Rosellina junior.
Massimo, in verità, era un marito e padre assai distratto.
Rosellina aveva soggezione di lui, così maturo rispetto alla mamma ragazzina, e, soprattutto, così poco interessato alla vita quotidiana delle “ragazze”.
Lui era un vero manager, decisionista, occupato a tempo strapieno. Ma il poco tempo libero che aveva certo non era dedicato alla famiglia.
I suoi amici del Bar La Vasca lo aspettavano ogni sera per giocare a carte, bere un goccetto, fumare, parlare di donne e motori. E, naturalmente, di calcio.
La domenica c’erano le partite, usualmente quelle del Grosseto, ma non di rado Massimo e i suoi gaudenti amici andavano in trasferta calcistica in altre città, specialmente a Milano, dato che erano tifosi dell’Inter.
In estate, le Roselline venivano piazzate a Marina di Grosseto, nella villa acquistata negli anni ’50, ma il capofamiglia non andava, aveva da lavorare. Qualche viaggetto, però, lo faceva. Per lavoro, prevalentemente… Ma non solo. In fondo, il suo matrimonio con Maria Rosa non aveva avuto niente di romantico e tanto meno di erotico. Era stata questione di affari. Per carità, la moglie era una bella ragazza, anche dolce e gentile, ma, certo, assolutamente inesperta e di un’ingenuità assoluta.
Così al maturo marito non pareva disdicevole intrattenersi in modo più o meno occasionale con altre donne, tanto più che lei neppure sospettava, tutta presa dalla bambina e dalla sua comoda vita borghese.
Il tempo trascorse né lento né veloce, ma decisamente differenziato tra i due coniugi, la cui vita comune si limitava alla cena, servita a tavola dalla domestica e ai pranzi della domenica con i genitori di lei.
Tutto il resto, vacanze e svaghi compresi, viaggiava su binari paralleli che, per definizione, non potevano incontrarsi.

(continua)

[CCO Creative Commons] https://pixabay.com/it/bionda-capelli-castani-ragazze-826027/

blonde-826027_1280.jpg

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E l'ennesimo gradevole racconto è partito, perché è sempre un piacere leggerti.
P.S.: ma questo "Bar La Vasca" mi ricorda qualcosa.....

il bar La Vasca esiste davvero! e non è neppure molto cambiato

Molto interessante. L'ho letto tutto d'un fiato. Mi piace molto come hai descritto il rapporto tra le due roselline.

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