I sentimenti morali di Adam Smith

Adam Smith (1723- 1790) fu un filosofo e, forse, il primo vero teorico dell'economia, tanto che non si può prescindere dallo studio delle sue opere quando si voglia approcciarsi alla storia del pensiero economico.
Spesso, però, l'opera di Smith viene vista solo attraverso il testo più famoso, "La ricchezza delle nazioni", in cui l'autore si esprime a favore degli scambi commerciali. Per questo, è stato ritenuto da molti padre dell'economia di mercato e di un liberalismo contrario agli interventi della politica.
In realtà, per chi ha approfondito la conoscenza di Adam Smith, è evidente che non è così e questo si evince soprattutto da un'altra sua grande opera, ovvero la "Teoria dei sentimenti morali".
Smith era docente di Filosofia Morale presso l'Università di Glasgow.
Si tenga conto che, all'epoca, i professori non erano pagati dall'università e tanto meno dallo stato, ma direttamente dagli studenti. Se nessuno frequentava, il docente scompariva naturalmente. Nel caso di Smith, le sue lezioni erano davvero affollate e, leggendo la Teoria dei sentimenti morali, che è poi una raccolta delle sue lezioni, ci rendiamo conto del perchè. Prima di tutto, la prosa è scorrevole e varia, ma poi l'argomento è estremamente interessante e ben articolato.
Un altro aspetto da tener presente è che molti degli studenti di Smith erano destinati ad istituzioni quali la chiesa scozzese e pertanto l'aspetto morale era estremamente importante.
Il fatto innovativo della TSM è che Smith, nelle sue lezioni, teneva conto non solo degli aspetti teologici ed etici in senso tradizionale, ma anche delle questioni legate alla giustizia, alla produzione della ricchezza e all'amministrazione delle istituzioni pubbliche.

[CCO Creative Commons] https://pixabay.com/it/glasgow-la-cattedrale-chiesa-gotico-2173449/

Il punto centrale della Teoria dei sentimenti morali è la "sympathty", non perfettamente traducibile in italiano, diciamo qualcosa che sta tra empatia e solidarietà.
La ricostruzione dei sentimenti morali è, in Smith, carica di suggestioni normative, ovvero è per lui fondamentale il senso del dovere e la capacità della morale di rappresentare un vincolo o un controllo interno per la condotta degli esseri umani.
Il carattere virtuoso è quello di colui che si ispira a sentimenti appropriati alla situazione e meritevoli di lode da parte di un immaginario spettatore imparziale.
La morale nel creare ricchezza consiste nel solidalizzare con gli altri, ovvero produrre non solo per scopi egoistici (non demonizzati, ma non centrali), ma piuttosto per creare a cascata condizioni di benessere.
Dunque, un ricco, una persona che commercia o ha comunque attività che gli apportano ingenti guadagni, è moralmente tenuto a creare condizioni perchè anche gli altri possano star bene.
Da questo non è esclusa la beneficenza, ma, sebbene auspicabile, non è certo il punto fondamentale.
Lo è invece creare occasioni di lavoro adeguatamente remunerato, migliorare la vita altrui con opere che garantiscano sicurezza e prospettive.
L' attenzione al prossimo è ad ogni modo basilare.

Ma, sebbene la rovina del nostro prossimo riesca a colpirci molto meno che una piccolissima nostra sventura, non dobbiamo mandarlo in rovina per impedire questa piccolissima sventura, nè per prevenire la nostra stessa rovina >

O ancora :

Perciò la beneficenza è meno essenziale della giustizia nell'esistenza della società. La società può sussistere, anche se non nel migliore dei modi, senza beneficenza, ma, necessariamente, il prevalere dell'ingiustizia la distrugge del tutto.

La mia vuole essere solo una breve introduzione al pensiero di Adam Smith, ma ne vorrei sottolineare la grandezza, l'attualità e di come si libri ben oltre il semplice materialismo legato alle transazioni commerciali. Questa è stata un'interpretazione riduttiva, dovuta probabilmente ad una conoscenza superficiale dell'autore.
La lettura della Teoria dei sentimenti morali fuga ogni dubbio e lo annovera sicuramente tra i grandi filosofi.

(foto dell'autrice)