50 sfumature di noi

in #ita6 years ago (edited)

No, non parlerò di uno dei sequel del celebre romanzo, ne tanto meno di una storia d’amore “particolare”.

Torno a scrivere su steemit dopo quasi un mese di inattività per via di un grosso cambiamento lavorativo, una svolta importante della mia vita che mi ha portato a riflettere molto ultimamente.

In genere sono una persona estremamente riservata, di quelle che su facebook non postano mai nulla (se non condividere qualcosa di divertente!), che non hanno instagram, che non amano farsi foto o raccontarsi in generale. Sarà la scia del cambiamento che sto vivendo, ma questa volta ho voluto fare un’eccezione, soprattutto per far riflettere quelli che magari hanno vissuto o stanno vivendo una situazione simile a quella che sto per raccontarvi.

Quando il silenzio ci parla


Immagine sotto licenza CC0

Tutto è iniziato qualche settimana fa, mentre aspettavo sotto la pioggia un collega per andare a lavoro. Poche persone in giro, tutte affrettate per entrare al riparo nell'ospedale in cui lavoro. Per un attimo, la testa mi si è svuotata, e lo sguardo mi è caduto proprio sull'edificio in cui lavoro. Una serie di pensieri si sono affollati tra le camere del cervello: mi trovavo in un'altra città, così lontana e diversa dalla mia di origine, con altre persone, altri modi di fare. Con un altro me. Un me più rilassato, più concentrato, più sereno e forse, più felice. Quindi, un vortice di pensieri sequenziali: decisi di prendere una nota al volo sul cellulare per scrivere poi questo post, il mio collega era ormai arrivato.

Chi nasce strunz' nun po' addiventà babbà

Un detto del mio paese, espresso in maniera simpatica: “chi nasce stronzo non può diventare un babbà”; che è la versione del più conosciuto “chi nasce tondo non può morire quadrato”. Questo post riguarda esattamente questo aspetto: il cambiamento.
Senza entrare nei dettagli della psicologia e della crescita dell’individuo, che non fanno parte del mio bagaglio di conoscenze, voglio invitarvi a riflettere sul cambiamento della persona adulta, che già ha una propria personalità ben sviluppata.

Le persone cambiano? La risposta che mi sono dato è no, con un’unica eccezione che spiegherò tra poco. In passato, come tutti voi, ho affrontato diverse situazioni che mi hanno portato ad approcciarmi in modo diverso alla vita. E non parlo di veri e propri cambiamenti, parlo di approcci. La differenza, l'ho capita da poco. Spesso ci illudiamo di essere cambiati, invece abbiamo solo attuato delle contromisure. È come se già sapessimo che in un determinato contesto, una scelta fatta seguendo la nostra indole, non sarebbe stata quella giusta (per gli altri) e di conseguenza apportiamo un piccolo cambiamento, o per meglio dire, cambiamo approccio alla situazione tentando di ammortizzare le conseguenze. Tutto ovviamente in maniera inconscia.

Uno dei primi esempi in questo senso, è stato il mio approccio alle relazioni amorose successive la prima storia “importante”. Come spesso capita, quando ci si innamora per la prima volta, si tende a dare tutto se stessi, talvolta non venendo ricambiati nello stesso modo e quindi pensando di essere con il proprio partner su due livelli differenti. Alla storia successiva, anche questa importante, è stato l’opposto: data la precedente esperienza mi sono trovato io ad essere dal lato di chi riceve “troppo”. Fino a qualche tempo fa ho sempre pensato che la prima relazione mi avesse cambiato, rendendomi più “freddo”; poi mi sono accorto che non era così, ma che il mio modo di essere era solamente attutito, sfumato, per meglio approcciarmi alla nuova compagna. Per sopravvivere senza troppi danni.

Tuttavia è l’ambito lavorativo quello in cui mi sono reso conto che non si cambia, e non si può cambiare. Durante la mia prima esperienza lavorativa, mi sono trovato semplicemente ad essere usato per qualsiasi cosa, troppo giovane, troppo ingenuo e troppo buono per accorgermi di tutto. È solo verso la fine di questo periodo che ho iniziato ad aprire gli occhi su tante cose, a rendermi conto di cosa realmente faceva chi mi stava intorno, e quindi a stare male data la mia incapacità a reagire a tono (o per meglio dire, data la mia poca esperienza ad avere a che fare con questo genere di persone).

Mentre iniziavo a prendere consapevolezza del mio valore sul lavoro, vengo assegnato ad un altro posto, con altre persone, nuovi modi di fare, nuove sfide. I primi mesi in questo nuovo ambiente sono stati tremendi, mi sentivo costantemente fuori posto, incapace, costantemente denigrato e vessato da chi era lì prima di me. Mesi estremamente duri, dove era faticoso alzarsi tutte le mattine per andare a lavorare. Poi, lentamente, la mia personalità è sfumata, si è adattata, e lentamente sono riuscito ad inserirmi, ad adeguarmi ai loro schemi, a diventare indispensabile, ad essere invidiato dagli altri. Ma non ero felice.

In questo periodo della mia vita, nonostante non mi comportassi come avrei voluto, le cose andavano decisamente meglio e tutto era più tollerabile. Riuscivo ad andare a lavoro moderatamente sereno, ma gli episodi in cui mi facevo il sangue amaro continuavano ad esserci. Verso la fine di questa mia seconda esperienza lavorativa, ho capito però quanto importante fosse conoscersi e accettare sé stessi, e le cose hanno fatto un altro passo in avanti. Non potevano essere perfette perché avevo a che fare con diverse persone che non diventeranno mai dei babbà. Conoscere se stessi è il primo passo per accettarsi e vivere bene con se stessi e con gli altri.

Ho notato che se invece di lottare internamente per forzarmi ad avere una reazione che avrebbe un’altra persona, di preoccuparmi di reagire, di preoccuparmi di essere quello che dice sempre di si, semplicemente accetto il mio carattere, il fatto di essere fatto in un certo modo, di agire in una certa maniera, vivo estremamente meglio.
Ho smesso di pretendere le stesse cose che pretendevano gli altri, ho smesso di agire come agivano gli altri, ho smesso di pensare a come tizio farebbe quella o questa cosa. Mi sono semplicemente rassegnato ad essere me stesso.

Le nostre sfumature

È un processo inconscio, che mi sono creato per spiegare come siamo fatti. Siamo esseri umani in cerca della felicità, che lo ammettiamo o no. Dall'altro lato, c’è la pressione sociale, che spesso ostacola il raggiungimento di questo obiettivo. Noi, nel mezzo tra la continua ricerca della felicità e gli ostacoli del caso, cerchiamo il compromesso e per questo motivo ci adattiamo in maniera inconsapevole. L’esempio banale è quello che si commette da giovani quando si “vuole piacere” ad una persona e si cambia modo di vestirsi, parlare o altro pur di farsi notare. Ma quanto possiamo spingerci in là? A mio avviso, molto poco.
Essendo un uomo di scienza, mi piace schematizzare le cose, ecco quindi il mio sfumatorimetro:


[Immagine di mia proprietà]

Quest’immagine è per dire in maniera scherzosa che se siamo fatti in un certo modo, possiamo adattarci e sfumare leggermente la nostra personalità: tuttavia quanto più ci allontaniamo dalla nostra indole, più facciamo difficoltà ad essere naturali e a rimanere in pace con la nostra coscienza. Otteniamo quindi l’esatto opposto di quello che volevamo: per adattarci per raggiungere la felicità, ci rendiamo infelici.

Ovviamente, l'esempio più immediato è quello della persona "troppo buona o ingenua", che non riesce ad essere a mettere avanti se stesso agli altri, ma conosco anche versioni diametralmente opposte: di persone per natura egoista che dopo aver compiuto un atto altruista, vivono male perché il mondo non gli ha dato nulla in cambio. Ma questi sono solo pochi aspetti della personalità presi in esame, pensiamo infatti al modo di vestirsi, di parlare, di mangiare, di muoversi...quante volte in una di queste sfere ci adattiamo, sfumiamo ciò che siamo a volte con grande sofferenza?

Esiste una sola occasione in cui una persona adulta cambia realmente a mio avviso: in seguito ad un forte shock. Ovvero quando ci troviamo in una situazione che per noi era assolutamente impensabile, ed il nostro cervello si resetta, i preconcetti crollato, la pressione sociale va a farsi benedire e si agisce secondo nuovi schemi. Immaginate ad esempio a chi ha vissuto una situazione di pre-morte, come chi è stato “riportato indietro”, chi ha avuto una visione spirituale, chi ha vissuto in prima persona un attentato terroristico ed è sopravvissuto. I valori di queste persone sono sovvertiti, modificati alla base, e pertanto si comporteranno in modo differente.

Accettare se stessi

Quante volte sul posto di lavoro vi si presentano della rotture di scatole che nessuno vuole fare e sapete benissimo che alla fine finirete per farle voi? Quanto ci state male pensando al fatto che siete sempre voi quelli che devono riparare ai casini o alle inadempienze dagli altri? Oppure quanto vi delude aver iniziato un progetto che va oggettivamente bene ma continuare ad essere demoralizzati, derisi o sabotati da chi ne trae giovamento? Quanto tempo passate a chiedervi “ma perché io?” “ma perché non mando tutti a quel paese?” “ma perché non so dire di no?”

Qui non si tratta di loro, del collega, del partner, del familiare: si tratta unicamente di voi e di come affrontate la vostra vita.

Accettate il fatto di essere disponibili, di avere una vostra etica, di avere una vostra professionalità. Accettate di amare in un certo modo, senza pretendere un amore espresso in maniera simile.
Accettate il vostro modo di fare e pensare, accettate di essere quelli che si sacrificano, che rimangono fino a tardi a lavorare senza palese ricompensa. Accettate di essere quelli che ascoltano sempre, quelli che passano in secondo piano. Accettate di essere troppo belli, troppo brutti, troppo buoni, troppo di tutto.

Prendete consapevolezza di ciò che siete e non sforzatevi a cambiare se ciò vi fa stare male.
Non oggi, non domani, forse nemmeno tra un mese, ma un giorno, ci sarà un'unica persona, che vi dirà un grazie inaspettato, vi stringerà la mano, vi abbraccerà o comunque, vi farà capire di aver notato ciò che avete fatto.

Ed allora, capirete che fino a quel momento avete fatto tutto giusto.


Ho voluto raccontarvi questa parte di me, perché conosco tante persone che ogni giorno combattono contro loro stessi, perché la società ci inculca che tutto ruota sul do ut des, sull'immagine, su ciò che mostriamo e non su ciò che siamo. Il messaggio che voglio lasciare è che non siete le uniche persone ad essere così, e che anzi, ve ne sono tantissime come voi che riescono a mandare avanti la parte buona della società di oggi. Non sforzatevi a cambiarvi in ciò che non siete!

Sort:  

Meraviglioso.
Spero di riuscire a risponderti meglio domani.
Ho adorato questo post.

Ciò che dici è vero! Io non credo ai cambiamenti radicali; credo nella capacità dell'uomo di evolversi, migliorarsi. Ognuno di noi ha dei caratteri distintivi, delle peculiarità che ci rendono unici. Per questo sono d'accordo che chi nasce tondo non può morire quadrato...
Il contesto in cui viviamo, le persone che ci circondano e le esperienze di vita, seervono solo a limare il nostro essere ma mai a cambiarlo.

Bel post, bravo!

Grazie per aver condiviso la tua riflessione con noi. Secondo me un errore che facciamo spesso e' quello di pensare a noi stessi come una voce sola, invece bisogna tener presente che nei nostri pensieri albergano tanti tipi di voci diverse, per trovare la felicita' bisogna trovare un equilibrio interno prima di tutto, capire quali voci ascoltare e poi accettare che nella vita non tutto andra' sempre per il verso giusto. Non chiederti troppo: "perche' mi capita cio' che mi capita?" e' fuori dal tuo controllo, quel che puoi fare e' pensare a come ti puoi comportare di conseguenza, li' hai pieno controllo

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