Dal primo triumvirato alla guerra tra Gaio Giulio Cesare e Gneo Pompeo Magno

in #ita6 years ago

Gneo Pompeo Magno: Condottiero di estrema abilità

Gaio Giulio Cesare: Abile tattico militare

Marco Licinio Crasso: Ricco oltre ogni misura


Questi tre grandi uomini nel 60 A.C. erano considerati gli uomini più potenti della Repubblica romana. Consapevoli del loro grande potere decisero di stringere tra loro un accordo, conosciuto come il primo triumvirato, con l'intento di governare insieme la Repubblica. Ma tale accordo non durò a lungo, morto Crasso nella guerra contro i Parti (53 A.C), tra Cesare e Pompeo scoppiò ben presto un'accanita rivalità. Cominciò tra i due una tremenda lotta, che sconvolse la Repubblica di Roma per oltre un anno (49-48 A.C.).

Nel 51 A.C., Giulio Cesare divenne l'uomo più in vista della Repubblica romana. Con la conquista di tutta la Gallia (portata a termine appunto in quell'anno), si era conquistato la fama di grandissimo condottiero. Ma non solo: poiché si trovava a capo di un numeroso esercito, ottimamente preparato e fedelissimo, Cesare poteva anche essere considerato l'uomo più potente della Repubblica. Si preparava a ritornare a Roma per godere del trionfo e per presentare la sua candidatura al consolato, La sua gloria e potenza suscitarono però la gelosia di Pompeo. Questi, mentre Cesare si trovava in Gallia, era riuscito a farsi nominare dal Senato console unico con pieni poteri.

Per non perdere questo grande prestigio, Pompeo decise di sbarazzarsi del suo rivale. Egli sapeva che l'unico mezzo per avere partita vinta su Cesare era quello di riuscire a privarlo delle sue devote legioni. Infatti, privato della forza militare, Cesare si sarebbe trovato alla mercè del suo rivale, che disponeva, nella provincia di Spagna, di un esercito ben agguerrito. Per mettere in atto il suo piano, Pompeo ricorse ad uno stratagemma: d'accordo col Senato, fece rimettere in vigore una vecchia legge, secondo la quale i candidati al consolato dovevano presentarsi a Roma dopo aver licenziato le truppe.

Ma Cesare non era uomo da lasciarsi ingannare facilmente. Egli fece sapere che era disposto a smobilitare il suo esercito, a patto però che Pompeo licenziasse le sue truppe stanziate in Spagna. La proposta di Cesare era astuta, poneva Pompeo nella condizione di dover rivelare le sue vere intenzioni. Infatti, respingendola, Pompeo avrebbe dimostrato chiaramente di volersi disfare di Cesare per governare da solo la Repubblica romana. E cosi avvenne. Il 1 gennaio del 49 A.C., il Senato, dietro consiglio di Pompeo, respinse la proposta di Cesare, che In questo modo non ebbe più alcun dubbio sul programma del suo pericoloso rivale.

LA FUGA DI POMPEO

Anche in questa occasione, Cesare seppe agire con quella fulminea rapidità che fu uno dei suoi maggiori alleati nelle sue grandi vittorie militari. Venuto a conoscenza della decisione del Senato, ordinò ai suoi soldati di varcare il confine tra la Gallia Cisalpina e l'ltalia, che allora era segnato dal fiume Rubicone, e di avanzare verso Roma. Poiché la Repubblica romana, rappresentata da Pompeo gli vietava di far valere i suoi diritti, Cesare non esitò a dichiararle guerra. Colto alla sprovvista, Pompeo non ebbe nemmeno il tempo di stabilire un piano d'azione.

Abbandonata in fretta e furia Roma, si diresse verso Brindisi con la speranza di organizzare l'esercito e di prendere contatto con le sue truppe di Spagna. Ma Cesare non gliene diede il tempo: il 9 marzo del 49 A.C. arrivò alle porte di Brindisi con tutte le sue legioni. Allora Pompeo decise di passare in Grecia, con l'intenzione di radunare le forze necessarie per far fronte al suo rivale. Intanto Cesare restava padrone di tutta l'Italia e ne approfittò per recarsi a Roma, dove si fece nominare dittatore (1 aprile del 49 A.C.).

Sebbene fosse stato costretto alla fuga, Pompeo non si era affatto dichiarato vinto. Egli infatti disponeva di ingenti forze nella Spagna e, ora, in Oriente, stava radunando un esercito numeroso. Inoltre Pompeo si stava adoperando per porre in atto un piano ben congegnato: sferrare contemporaneamente una duplice offensiva di accerchiamento dalla Grecia e dalla Spagna. Ma anche questa volta Cesare anticipò il suo rivale. Prima ancora che Pompeo mettesse in atto il suo piano, Cesare giunse in Spagna per affrontare le legioni Pompeiane. Si dice che prima di partire per la Spagna Cesare abbia pronunciato questa frase: Vado a combattere un esercito senza capitano; poi tornerò a combattere un capitano senza esercito. Nei primi giorni d'agosto del 49 A.C. le legioni di Pompeo si arresero a Cesare. La guerra in Spagna era durata appena 40 giorni.

Nel frattempo Pompeo, avendo ricevuto soccorsi da tutto l'Oriente, era riuscito a radunare un esercito di 45000 uomini, una flotta da guerra di 600 navi e un grandissimo numero di navi da carico. Con questa flotta Pompeo poteva controllare interamente i Mari Adriatico e Ionio. Con una tale sorveglianza, uno sbarco da parte delle legioni di Cesare era dunque da ritenersi impossibile. Ma ancora una volta Giulio Cesare agì di sorpresa. In pieno inverno (5 gennaio del 48 A.C.), nella stagione meno propizia per affrontare il mare Cesare riuscì a far sbarcare 15000 uomini nella rada di Paleste (una località a metà strada tra l'isola di Corcira e Apollonia). La traversata, svoltasi in piena notte, e lo sbarco passarono completamente inosservati. Quando la notizia dello sbarco giunse alle orecchie di Pompeo, Cesare era già in marcia con i suoi uomini verso Durazzo. Presso questa città, nei primi giorni di luglio, si svolse un'accanita battaglia fra Cesariani e Pompeiani.

Cesare ebbe la peggio e decise di ritirarsi nell'interno del paese per riorganizzare l'esercito e per unirsi ai rinforzi che gli giungevano dall'Italia per via di terra. Pompeo, ormai sicuro di avere in mano la vittoria, inseguì Cesare per costringerlo ad una nuova battaglia.

È il 9 agosto, nei pressi di Farsalo (in Tessaglia) avviene lo scontro decisivo. Da geniale condottiero qual'era, Cesare seppe prevedere le manovre del suo rivale. Avendo intuito che Pompeo avrebbe puntato sulla superiorità della sua cavalleria, Cesare provvide a rendere nulla la sua azione. Costituite poco prima della battaglia sei coorti di riserva, affidò loro il compito di lanciarsi d'impeto contro la cavalleria avversaria e di mirare senza pietà agli occhi dei cavalli e dei cavalieri. L'effetto fu sorprendente: atterriti da questa nuova tattica d'assalto, i cavalieri pompeiani si diedero alla fuga. Scoraggiati per la disfatta della cavalleria, i soldati di Pompeo perdettero man mano di vigore, e sopraffatti dalle legioni Cesariane, si diedero anch'essi a una fuga disordinata. L'esercito di Pompeo era così completamente distrutto.

Dopo questa disastrosa sconfitta, Pompeo pensò di poter avere ancora una possibilità per rifarsi: chiedere cioè aiuto al re d'Egitto Tolomeo XIV, al padre del quale aveva in passato reso grandi servigi. Ottenute grandi promesse dai ministri del faraone (Tolomeo governava solo di nome poiché era ancora minorenne), Pompeo si diresse fiducioso verso l'Egitto, ma, senza seperlo, egli stava andando incontro alla sua morte. Infatti, i ministri di Tolomeo, per procurarsi l'amicizia di Cesare, avevano deciso di ucciderlo. E così, mentre Pompeo stava raggiungendo la costa egiziana su una scialuppa, alcuni sicari lo finirono a pugnalate (28 settembre del 48 A.C.). A Cesare, sbarcato in Egitto tre giorni dopo, i ministri del faraone presentarono la testa recisa di Pompeo. Si dice che a quella vista Cesare sia inorridito e abbia pianto perché, sebbene accanito rivale di Pompeo, Cesare non aveva mai desiderato la sua morte.

Fonti delle immagini:

Busto di Gneo Pompeo Magno
Busto di Caio Giulio Cesare
Busto di Marco Licinio Crasso
Fiume rubicone
Mappa battaglia di Farsalo

Fonti bibliografiche:

ALEA IACTA EST. Guerra tra Cesare e Pompeo: De bello civili riciclato (Antero Reginelli)
Cesare contro Pompeo: La guerra civile che cambiò la storia di Roma (Mauro Pasquini)

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