Claudio ha sorriso alla morte tra i rimpianti.
Rinascita, un giorno ti tremano le gambe, il cuore si ferma e respiri l’ultimo sorso di vita, i polmoni si gonfiano e recedono per sempre: è la morte in antitesi con la possibilità di una seconda vita.
Hai giocato la tua mano, hai vinto o perso, non si può tornare indietro e seppellire i rimorsi con azioni concrete, sopra, ora, solo terra, lacrime, candele e croci. Siamo bombe in attesa dell’inevitabile: scappa dai problemi, fuggi dalle persone, proteggiti dall’impatto con i doveri, la fine non può essere disinnescata, nemmeno dal più abile artificiere, polvere siamo e polvere torneremo.
Il tempo disegna un cerchio perfetto intorno al neonato quando l’aria si inietta con violenza per la prima volta nell’esofago, bronchi e polmoni; Il raggio si stringe al ritmo e in maniera proporzionale alle lancette che si muovono, sino all’attimo finale in cui il circolo cinge i fianchi del vecchio e preme come un cappio sino a mietere l’ultima boccata di esistenza.
La più grande anestesia e antidoto a questa certezza è la speranza di essere accolti in un mondo migliore, un sistema idealizzato dove la vanità del corpo diventa superflua e l’eterna felicità avvolge l’anima nel torpore dell’appagamento non materiale.
Nonostante questa promessa tra l’essere umano e il punto interrogativo dell’ignoto, Claudio, nella giornata fatidica pensa all’opportunità di rivivere da capo la propria vita e gestirla in una maniera migliore, mangiando con maggior vigore la polpa degli eventi.
Domandarsi se il percorso intrapreso nel corso dei suoi ottant’anni sia stato corretto è comune alla maggioranza degli anziani.
Le spalle si incurvano e permettono una visione più ampia di ciò che è stato, i tramonti profumano di viole, le curve diventano più leggere, la maturità si fa sentire e la gestione dei propri istinti diventa più morbida, come i tornati che portano alla casa di campagna di Claudio.
La pazienza si rafforza, il bello si riflette nell’iride stanca che proietta l’immagine dei nipoti a cui donare la forza della tranquillità, di chi ha già compreso l’inutilità dell’agitazione.
Zucchine e pomodori, un pranzo domenicale nell’estivo silenzio delle coline dell’entroterra, nel loro essere ripetitivi hanno maggiormente senso, rispetto alla giovinezza frettolosa, dove Claudio correva svelto, accorgendosi, solo ora, che la velocità senza lo spazio e la direzione intrapresa è nulla, ci si muove, a volte più veloci, tra ortaggi, riflessioni e pace.
Il pensiero è il dinamismo vero e la pacatezza è profonda saggezza in opposizione all’irrequietezza ceca che da fanciulli porta a desiderare tutto, consumando litri di benzina per pochi spiccioli di felicità.
L’anziano si domanda perché gli errori si imparino, sempre, quando il sipario si sta per chiudere, come in seconda ginnasio quando soltanto al momento dell’esame riusciva a tirare fuori il meglio di sé.
Il rimpianto di avere sprecato secondi intensi trascinato dalla fragilità dell’ansia della prestazione lo assale, vorrebbe una seconda occasione, ora che la sua testa è realmente pronta a divorare le piccole cose, senza furia, gelosie, invidie e perdite di tempo simili.
Il corpo nel vigore degli anni è curato e fonte di crucci, Claudio con il passare degli anni ha perso la voglia di specchiarsi, si è lasciato andare alla dolce carezza del sapersi accettare, lasciando perdere la voglia di apparire.
Quando era fanciullo e i pannolini non erano altro che panni di stoffa e cotone, scomodi e non di certo usa e getta, ricorda che aveva tre o quattro giocattoli, fra questi vi era una vecchia bambola di pezza che non amava particolarmente, ma quando la mamma per rifare il suo letto la toglieva, gli hanno raccontato che le urla venivano sentite, anche, dal vicino di casa; quel dolore è dato dal fatto che quando perdi una cosa, in quell’istante, dai debita importanza ad essa, allo stesso modo quando perdi la giovinezza vorresti ricominciare e cambiare stile di vita o qualche dettaglio della tela che ti era sfuggito e correggere con qualche pennellata.
Le ghiandole lacrimali vengono spremute con vigore quando sei in fasce e ti privano di un giocatolo, nella senilità il giocatolo è la sintesi della vita stessa che vedi allontanarsi insieme ad un fiume di rimpianti.
L’uomo è come un pendolo che oscilla tra noia e dolore diceva Arthur Schopenhauer, e quell’intervallo fugace tra i due estremi è l’illusoria sensazione di felicità.
Claudio ha maggiore consapevolezza e pensa che adesso saprebbe come prolungare quel momento, grazie alla maggiore leggerezza acquisita, in fondo le ha viste tutte: guerre, drammi familiari, lutti. Ha compreso l’importanza di essere piccoli palloncini che volano, non troppo in alto per non essere soli, ma non in basso per non essere schiacciati tra la calca e mossi dal vento di terra che ti sposta senza che sia tu a decidere la meta.
Claudio saprebbe volare tra le correnti costanti del cielo, con occhi sgravati dall’ingombro del dovere seguire strade prestabilite, ma con la lucidità di seguire rotte di maggiore serenità.
Il bagno era la gioia della sua compagna di vita, che aveva scelto quelle piastrelle a fiori, che, anche, per l’epoca trasmettevano vecchiaia e sonnolenza visiva, ma lui a sua moglie permetteva tutto, senza essere severo in questioni che erano solo frivolezze, per le quali non valeva la pena discutere.
Non era servilismo, non era amore, era la saggezza del lasciare passare e correre il superficiale. Litigate in gioventù ne avevano avute parecchie su un’infinità di questioni, ma ora ricorda solo le belle situazioni o tenerezze che fanno venire il magone che solo lui sapeva notare:
Odiava le sgridate e gli ammonimenti riguardo l’uso della vasca da bagno e la sporcizia prodotta dal lavarsi, Claudio ricorda molto bene la dedizione morbosa della moglie alla pulizia, essa non amava le impronte bagnate sul pavimento e mostrava estrema determinazione nel ricordare al marito di prestare attenzione.
Il coniuge non adorava questo aspetto di lei e incassava urla e grida con disinteresse. È stravagante e affascinante come ora quelle sciocche piastrelle nella loro bruttura gli ricordino, comunque, piacevoli rimembranze, persino la cura maniacale per l’ordine gli fa abbozzare un sorriso.
I difetti per quanto sembri paradossale, a volte, calcano solchi profondi nel cuore di chi li ha vissuti e li rimpiange stretto dalla morsa della mancanza.
La sua amata era dipartita nel sonno durante un Ottobre di quelli piovosi e unti che solo chi vive a ridosso delle stantie foschie marine può comprendere.
Si è discusso per secoli e si continua a dibattere tuttora su cosa sia l’amore: esso unisce, divide, estende, allarga, dona, toglie, ognuno ha la sua idea di un pensiero astratto e molto elaborato che non è vivisezionabile come un pezzetto di carne ai ferri, ma la libertà di parola è bella per questo, chiunque ha la sua versione e idealizzazione dei sentimenti.
Claudio aveva vissuto cinquanta anni della sua vita con quella donna, aveva acquisito nelle vene il suo sangue, aveva bevuto ogni suo difetto e pregio. È innegabile che l’età avanzata aveva spento la passione, ma aveva accesso il fuoco del compromesso, dello strano formicolio che corre sotto la pelle e forma una profonda affinità, innata, fatta di condivisione che trascende dall’atto fisico, forse, non è amore, in fondo che cosa esso sia nessuno lo sa, ma di certo l’uomo allaga la sua barba rugosa di profonde lacrime che lasciano piccoli solchi simili alla pioggia nell’erba fresca del mattino che si fa piatta al peso dell’acqua.
Cinquanta anni di condivisione fraterna di dolori, felicità sono indelebili e quando una delle due candele si spegne la cera schizza sfregiando il cuore dell’altro spezzando il filo di quello che possiamo con estrema umiltà, avvolto dal candelabro del dubbio, chiamare amore.
Essi erano sempre stati dotati di una strana e inspiegabile similitudine che non poteva non unirli al di là di ruoli e dettami societari.
L’anziano signore, scruta la sua fede e la mente viaggia al ricordo dell’obbligo di indossare le ciabatte in casa, il rimembrare gioca scherzi strani, si tendono a ricordare sapori, odori e anche situazioni sgradevoli che si guardano da una prospettiva indiretta fatta di miele e malinconia fusa al tempo che passa lasciando rughe su pelle e anima.
Lorenzo era un bel bambino, frutto dell’amore della coppia, essere genitori in ogni epoca è compito assai difficile, un due che diventa tre implica responsabilità maggiori. Claudio e sua moglie Agata, credevano nella disciplina, quella semplice, fatta di verità assolute e regole precise, il dubbio non era mai stato amico dei coniugi, erano convinti che per insegnare dei valori ci volessero ricette vecchio stile: la scuola al primo posto, in quanto ricordavano le ore in bicicletta con quei pedali stretti e ghiacciati alla mattina e i chilometri percorsi per raggiungerla, pensando che se nella loro vita era stata un lusso, in quella del pargolo doveva essere messa in prima linea, in trincea tra le cose di maggior rilievo, l’educazione austera era un altro punto cardine dei due genitori per rendere, a loro dire, il figlio forte e pronto alle asprezze della vita.
Loro figlio, Lorenzo, era un’anima irrequieta, dotata di estrema sensibilità e curiosità, poco incline a piegarsi a leggi e padroni.
Un libro va saputo leggere tra le righe per comprendere il bello dell’ingiallirsi delle pagine che si piegano indicando che lo hai letto con avidità.
Non sempre la trama è fondamentale, i dettagli più insignificanti come una copertina sgualcita e invecchiata dalla forza della lettura ha la sua importanza, ma i due coniugi riuscivano a vedere solo quello che gli occhi sono in grado di scrutare e toccare, vivevano nel concreto e non all’interno di un mondo di sensazioni. Non era cattiveria, anzi, era una forma di affetto, pensavano di proteggere il figlio dandogli opportunità migliori di quelle avute da loro, ma così non fu.
Lorenzo era curioso, non riusciva a percorrere i binari prestabiliti solo perché era giusto così. Non gradiva la frase: “così va fatto, perché così si fa” che il padre recitava come un’antica preghiera, impaurito dalla possibilità di muoversi lungo strade differenti da quelle a lui impartite in precedenza.
Lorenzo era riluttante ai dogmi, piuttosto era interessato al perché del colore del cielo, al perché le colline sono tonde e verdi, al perché alcune foglie sono ostinante al cadere durante il periodo freddo.
Il figlio era morbosamente innamorato del tormento, cosa significa fare l’amore con il tormento?
È semplice, significa: rimembrare sul senso di ogni azione, anche la meno significativa, arrivando ad un vicolo cieco dove tutto ha senso e allo stesso tempo niente lo possiede.
Mazzarò aveva la “Robba” nel cervello, Lorenzo, all’opposto, era incline ad avere rapporti carnali con le domande, un’infinità di quesiti a cui nessuno sapeva rispondergli.
Non si sentiva ferito dall’impossibilità della madre e del padre di dargli risposte ristoratrici, piuttosto dal fatto che sminuivano i suoi quesiti come morbosi e inutili, poiché poche cose realmente contavano per la coppia: scuola, doveri e la forma, la sostanza era abbandonata in qualche angolo buio dimenticata come un vecchio aratro che ha perso la capacità di incidere la terra per la semina.
Il giovane ragazzo era conflittuale con sé stesso, con il pianeta, con gli astri, con Dio e di conseguenza il suo rapporto con le due figure genitoriali non era idilliaco.
Le divisioni tra persone sono misteriose e frutto di un’infinità di variabili spesse e infinite.
Se hai sofferto di tricotillomania sei a conoscenza di come quando annodi i capelli sia difficile sbrogliarli senza strapparli, allo stesso modo le dissonanze caratteriali tra persone se sono radicate provocano strappi che a differenza dei capelli non sono in grado di ricrescere.
Lorenzo, papà e mamma erano come una lunga chioma riccia aggrovigliata, troppo stretta da tagliare o da lasciare passare il sangue per le vene della testa.
Il rimedio era la pazienza, ma quella giunse solo in tarda età e questo è il più grande rimpianto di Claudio. Il figlio nonostante frequentasse con discreta assiduità la casa paterna, per le feste, era un estraneo, nessuna scuola prestigiosa o regalo ha restituito una genuina paternità, fatta di abbracci e sorrisi.
L’anziano fantastica un legame fatto di pesca, di giornate in campagna a riparare vecchi motorini che non sono mai avvenute e rimpiange, troppo tardi, come la bambola della sua infanzia, ora che sta per lasciare le sue spoglie mortali di non avere creato un legame più semplice fatto di bisogni primari e non di questioni secondarie su cui discutere.
Il tempo è crudele e spesso Claudio si era dimenticato che siamo solo danzati comparse e che non c’è spazio per gli sprechi, ma solo per le carezze, non importa cosa sia successo, alla fine urlare e sbraitare è solo fiato sprecato.
Pensa: perché non gli ho telefonato più spesso, ho rimuginato anni e anni senza agire sono imperdonabile, senza sapere che dall’altra parte della cornetta il figlio, nonostante il muso lungo, che da sempre lo aveva caratterizzato, aspettava esattamente quella chiamata, bramoso di riconciliazione, straziato da un’eterna contesa sul nulla.
Orgoglio lo chiamano, oggi l’anziano preferisce definirla stupidità
La barca si muove a grandi passi verso il regno dei morti, le vele sono gonfie di folate di rimpianti unite a gocce di pioggia di gioia dei ricordi lieti, le correnti sono forti e il vascello entra nella porta da dove nessuno è mai uscito. Il volto della moglie inizia ad apparire sfocato nella sua mente, furiosa per la doccia lasciata accesa, ma Claudio questa volta ha una buona scusa: “Agata sono morto questa volta ci dovranno pensare i pompieri, lasciami fare l’ultimo amoroso dispetto”.
Claudio adorava il black humor e se doveva uscire di scena, tanto vale farlo ridendo… Tutto è esilarante a suo modo, persino la morte.
Un secchio rosso un sedere stanco appoggiato sopra, gli acciacchi non permettevano al vecchio di stare in piedi a lungo sotto la doccia. Lo scroscio scende a fiumi, il cuore si ferma, la fine è arrivata.
L’acqua bagna il corpo senza vita, non c’era verso voleva morire sporcando il bagno.
L’ultimo suo pensiero è andato a suo figlio e ad un amore storto fatto di rimpianti che non ha confini umani.
Che meraviglia!!! Complimenti veramente.
grazie mille sia per il tempo dedicato a leggerlo sia per il complimento!