Il senso di una comunità

in #ita6 years ago (edited)

In questo post mi occupo del concetto di comunità, un concetto - soprattutto quello legato al web - che studio e sperimento dal momento in cui la Rete è diventata pubblica in Italia.

Per fare le mie considerazioni parto da due interventi che ho avuto modo di leggere in questi giorni.

Il primo testo è un commento che @marcodobrovich ha fatto all'interno del numero 83 di PostIT, ho risposto a questo commento in modo anche articolato, ma in questo post voglio riprendere l'argomento centrandolo sul concetto di comunità, riporterò quasi integralmente il commento di marco. Per leggere tutto il testo e la mia risposta: [PostIT 83].

Il secondo testo che prendo in esame (in realtà non l'intero post ma solo la prima parte) è l'articolo di presentazione del nuovo progetto/contest Steemterview, ideato e curato da @serialfiller e @moncia90.
In questo mio intervento non discuterò affatto del progetto (di cui ho già dato parere altamente positivo come commento al post in questione), ma del concetto di comunità come trattato dalla prima parte del post di phil (è giusto, chiamarti così? Ho visto che lo fa moncia90). Anzi in questa prima parte, phil fa quattro domande a cui tenterò di dare una risposta (risposta forse un po' provocatoria, ma sincera).

Caro editorialista

Car@ editorialista, chiunque tu sia, sei della redazione di PostIT e vi conosco e vi stimo tutt@. E’ una premessa necessaria perchè, altrimenti, quanto mi accingo a scrivere potrebbe essere travisato: potrebbe essere letto come un attacco personale e, invece, vuole essere una riflessione (ed una critica) a un sistema.

Il sistema a cui allude marco è il sistema della comunità (intesa come gruppo all'interno del quale operano soggetti con funzioni e poteri diversi), in specifico della comunità di steempostitalia, ma che nel mio discorso diventa comunità in generale.

Non so se questo punto segna una piccola differenza con la posizione di marco, sarà lui stesso casomai a dirmelo, ma spostando il discorso sul funzionamento delle comunità in generale il fraintendimento (il travisamento) di cui parla marco diventa per così dire quasi obbligatorio (inevitabile) nel mio discorso. Perché se le comunità in generale hanno qualcosa che merita una riflessione (uno spunto critico) allora nessuno capirà facilmente ciò che vorrò dire, perché non posso mostrare più di tanto:ecco... vedete quella comunità? Ecco quella è proprio una comunità come la intendo io... come quella... Sarebbe bello ma non lo posso fare. Allora devo accettare il travisamento, e il mio dire sarà accolto soltanto da coloro che già sono in viaggio verso questa direzione, gli altri traviseranno e discrediteranno (tacciandomi anche di ingenuità, non tenendo conto che le mie argomentazioni sono quelle di una persona che professionalmente si è occupato di comunità da più di venti anni). Questi forse li coinvolgerò dopo, quando potrò fare degli esempi, ecco... vedete cosa intendo... (intendiamo)?

Chiunque abbia scritto l’editoriale di oggi, ha scritto delle belle parole: un pensiero condivisibile. Condivisibilissimo! Ma non basta.
Continuiamo da anni (io da qualche anno più di te, editorialista, chiunque tu sia) ad enunciare principi condivisibili: sani, corretti, convincenti.
Eppure… Eppure non basta!
Certo, meglio dire cose di buon senso ed enunciare buoni propositi che bestemmiare, beffeggiare, ingiuriare, dire falsità a beneficio del proprio tornaconto…
Ma non basta.
Arrivo a pensare che, in qualche modo, possa essere persino utile: utile a costruire una coscienza collettiva più consapevole …per quanto, gli esempi contano molto più delle parole… Utile, ok.
Ma non basta.

Ecco la parte di marco che per me è la più condivisibile, la più vicina al mio viaggio, quella che mi fa dire, marco è uno che sta nella mia stessa situazione, che vuole lo stesso percorso. Non ho altro da aggiungere a queste parole.

La domanda che mi faccio è questa: quali compagni di viaggio si può raggiungere se non quelli che sono già in cammino nella stessa direzione?

Il meccanismo, se lo andiamo a leggere nella sua sostanza, è molto semplice: c’è chi sta di qua e c’è chi sta di là. Semplicissimo.
Chi sta dalla parte di chi decide, spesso, molto spesso, spessissimo, vede nei meccanismi di collaborazione e nelle nuove idee una minaccia alla propria rendita di posizione. E non molla la presa.

Ma questo meccanismo è ciò che è presente in ogni comunità, addirittura in una coppia, addirittura all'interno di una singola persona (esiste una singola persona?), quando discute tra se e se, si confronta tra le varie ipotesi, tra i possibili orizzonti di scelta.

Chi sta dalla parte di chi non decide, vede in chi decide solo figure che difendono i loro interessi ad oltranza e non comprende quanto sia difficile gestire, amministrare.
E nessuna delle due parti, infine, è disposta a riconoscere meriti, ruoli e giusti compensi all’altra.

Queste sono tutte difficoltà legate alla nostra cultura, non a singoli individui. Se fossero legate a singoli individui basterebbe convincerli dello sbaglio, ma non è così facile perché è un problema della struttura e al contempo di come viene utilizzata, cioè è un problema culturale e non tecnico e non di alcune persone che sbagliano.

Sotto inserisco un video, una piccola parte (il finale) di un confronto tra due giganti della cultura, Michel Foucault e Noam Chomsky, parlando di giustizia e di valori umani, il punto di vista di Foucault è il mio cercare di ricondurre il tutto a un orizzonte "culturale", consapevole del fatto che è ancora più difficile, che non ci saranno scorciatoie, né guru, né movimenti (politici e culturali), né tecnologie che ci daranno le risposte che cerchiamo.

video di pubblico dominio, estrapolato e pubblicato nel mio canale youtube

Che fare, dunque?

Al di là delle considerazioni che marco fa nel suo commento dopo questa domanda, tutte molto interessanti e che vi invito a leggere, quello che si può fare (che forse ho già detto più volte) non è convincere tutti, ma cercare tra coloro che si stanno muovendo nella stessa direzione, che sono consapevoli di queste problematiche, cercare insieme di creare nuovi mondi, nuove comunità, nuove relazioni, che oggi avranno poche e piccolissime (ma sostanziali) differenze con quelle della cultura in cui viviamo, non potrà che essere così, perché noi stessi siamo in quella cultura e perché non abbiamo già la soluzione in tasca (e quindi bisogna sperimentare) e narrare per tutti questo tentativo, anche se sarà fallimentare, ma senza dare colpe a coloro che non se la sentono, che non condividono, che non sono appassionati da questo percorso.

Ecco secondo me le energie dove dovranno essere rivolte.

le domande di phil

Può esistere interazione senza coesione?

E' importante capire quale tipo di coesione si desidera raggiungere (visione culturale), è un'interazione che raggiunge la coesione anche quella in cui una tigre sbrana una gazzella, il corpo della gazzella si unisce a quello della tigre.

Un gruppo di persone esce rafforzato dalla reciproca conoscenza e dall'approfondimento dei punti di vista dei singoli componenti della comunità?

E' importante capire cosa significa "rafforzarsi" e "approfondimento", le comunità spesso si rafforzano senza alcun bisogno di approfondimento (è sufficiente una comunione di obiettivi anche egoisticamente determinati).

E' sufficiente creare un articolo e lasciare che venga letto per instaurare un rapporto con qualcuno, anche se solo virtuale, anche se solo basato su uno scambio di vedute ed idee?

Sarebbe già molto se si leggesse, ma oggi sono pochissimi quelli che sanno leggere, molti di meno di coloro che sanno scrivere.

E' possibile "inquadrare" un utente leggendo solo e soltanto gli articoli che scrive o forse abbiamo bisogno di empatizzare maggiormente con l'uomo o la donna dietro quell'elaborato?

Se abbiamo bisogno di qualcosa la cerchiamo, questo significa trovare... se cerchiamo qualcosa di cui non abbiamo bisogno (accade molto spesso, più spesso di quello che si pensi) quello che troveremo non sarà nulla di nuovo (di ciò che già sappiamo, che già vediamo, che già facciamo).


Tutte le foto sono miei scatti.

Il video è un estratto di un dibattito registrato e trasmesso dalla televisione olandese nel 1971, è possibile visualizzare l'intera trasmissione a questo indirizzo: www.youtube.com/watch?v=3wfNl2L0Gf8

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Come sempre articolo illuminante @anedo.
Mi lusinga la tua menzione specifica a me e al progetto che sto portando avanti con @moncia90, mi fa piacere che abbia avuto tale risonanza.
Alle domande che io ho posto e che tu qui provi a ribaltare credo che avremo risposta durante il viaggio, il viaggio che io e @moncia90 porteremo avanti e che potrebbe essere parte di un viaggio più grande, un senso di comunità che cercheremo di abbracciare e diffondere, con chi vorrà, con chi sentirà utile e piacevole condividere certe istanze con noi.

p.s.

Phil è il modo in cui @moncia90 ha deciso di chiamarmi come abbreviativo di serialfiller aka serialPHILler secondo la sua fantasia :)

👍

Alle domande che io ho posto e che tu qui provi a ribaltare credo che avremo risposta durante il viaggio...

Sì questo è quello che mi piace di più del vostro viaggio, e come detto non ho dubbi sul fatto che sarà un viaggio molto significativo... prevedo innumerevoli viaggi perché innumerevoli mondi sono da visitare (scoprire)!

p.s.
Su Phil avevo capito quello che mi spieghi, la mia domanda era: ti piace (ti garba) essere chiamato così? Se sì userò anch'io l'abbreviazione. 🙂

Ma si dai ormai sta prendendo piede questa storia di Phil quindi che Phil sia!

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