#Fotostoria: Il piacere del silenzio
Accolgo la bellissima iniziativa di @Heidi71 con @steempostitalia e partecipo al contest #fotostoria con questo racconto. Spero che vi piaccia.
Il piacere del silenzio
Il portone era aperto, Annalaura scivolò nell’androne sbuffando. Appoggiò a terra i due sacchetti della spesa e con la mano si asciugò la fronte imperlata di sudore. Affondò una mano nella tasca del giaccone, prese le chiavi e aprì la porta della guardiola. Guardiola, così la chiamava il vecchio medico in pensione del quarto piano. E lei ogni volta a ribattere che quella era la portineria.
Io sono la portinaia e questa è la mia portineria. Lo correggeva indispettita.
Ah signora Anna, faccia un po’ come vuole. Brontolava lui mentre ritirava la posta e si avviava all’ascensore. Per i condomini, lei ormai era la Signora Anna. Ma il suo nome era Annalaura. Quante volte aveva corretto gli inquilini del 10 di via Pascoli! Eppure non c’era stato verso.
Sì, è vero, ha perfettamente ragione. Oddio non si offenda, il suo nome è così lungo… Aveva cantilenato quella del secondo piano.
Ah, cara, ma guardi che è una bella cosa. Anna è la protagonista di un capolavoro della letteratura, Anna Karenina. Tolstoj. Sa chi è vero? Lo legga, lo legga. L’aveva liquidata frettolosamente la professoressa del primo.
A quel bel ragazzo del terzo piano non aveva nemmeno provato a dirgli che lei era Annalaura. Che ne sapeva lui? Si era trasferito da poco nel palazzo. Non aveva tempo. Era un ingegnere, sempre di corsa. Ma almeno sorrideva. Anche quando il sabato tornava accaldato dalla pedalata in bicicletta.
Annalaura guardò l’orologio a muro appeso nella guardiola, le undici e quaranta. Sollevò le buste della spesa e sentì un rumore di chiavi. La signora Angelotti dell’appartamento del piano rialzato si preparava a scendere, puntuale come un orologio svizzero. Ogni sabato andava a pranzo a casa del figlio. La nipote si presentava a mezzogiorno davanti al portone, non parcheggiava nemmeno più l’auto: la accostava, metteva le quattro frecce e scendeva ad aiutare la nonna. Non che ne avesse bisogno. Quella donna di novant’anni era autonoma e indipendente. Certo, i suoi movimenti erano lenti, ma se la cavava bene per la sua età. Forse non era tanto presente. Ma a quell’età, che vuoi…
– Signora Angelotti, buongiorno. Come abbiamo dormito oggi? E’ una bellissima giornata, sa? Ho appena fatto una scappata a comperare il detersivo per i pavimenti e sono tornata tutta sudata. Ah, io non lo capisco mica questo tempo. Sono i giorni della Merla e c’è questo caldo? A lei sembra normale? – Annalaura si interruppe per riprendere fiato, sporgersi sulle scale e alzare lo sguardo verso l’alto. Vide la signora Angelotti seduta sulla panca vicino all’uscio di casa, si stava infilando le scarpe ben lucidate. Le toglieva sempre, prima di entrare nel suo appartamento, e le rimetteva quando usciva. Annalaura sospirò e torno verso la portineria. Appoggiò le mani sui fianchi e fissò la strada su cui si affacciava il portone aperto.
– Che poi non sarei dovuta nemmeno andarci a comperare quel detersivo – riprese, alzando la voce per essere sicura che la signora Angelotti la sentisse. – Sa perché ho dovuto farlo? Per colpa di quei due teppistelli, ecco perché. Si sono messi a correre su e giù per le scale, e avevo qui il secchio con il detersivo vicino. Tutto hanno fatto cadere! Ah, ma gliene ho dette, sa? Se quella là pensasse a educare i suoi figli invece che fare la maestrina con i figli degli altri… La professoressa fa! E si dice così, e si dice cosà… E poi cresce quei due maleducati. Tutto mi hanno rovesciato. Ah, ma io oggi i pavimenti non li rifaccio mica. Nossignora! Che mi venga a dire qualcosa, lei. L’aspetto proprio al varco. Ce la facciamo a scendere, signora Angelotti? No, ma che glielo chiedo a fare, lei è in gamba. Sì, mica come certi vecchi. La moglie del medico l’ha vista ultimamente? Eh, mi sa che non ci sta più con la testa. Credo che sia Alzheimer. Ma sa che ormai ce l’hanno in tanti? Se ce l’ha pure la moglie di un professorone come il medico lì sopra, figuriamoci come stanno messi gli altri. Che brutta cosa invecchiare. Ah, ma noi no, signora Angelotti! Io faccio la firma a invecchiare come lei. Mi sente?
Annalaura si incamminò verso la scala e vide la signora Angelotti sul pianerottolo. Si era alzata in piedi, aveva impugnato l’ombrello come fosse un bastone e, sostenendosi al corrimano, stava per scendere i gradini: sei quelli della prima rampa e poi dieci della rampa finale. Erano gradini larghi e bassi che dall'androne del palazzo conducevano al piano rialzato, da lì si prendeva l’ascensore, partivano le scale vere e proprie e c’era l’ingresso dell’appartamento della signora Angelotti. Annalaura scrollò le spalle. E tornò verso la guardiola.
Una folata d’aria la investì. L’ingegnere era rientrato dalla corsa in bici.
– Buongiorno Anna – salutò l'uomo, regalandole il consueto sorriso.
Lei gongolò, si passò una mano sui capelli a voler sistemare un’acconciatura che non c’era e sorrise.
– Buongiorno dottore! Ha fatto un bel giretto?
– Lasci stare il dottore, non curo nessuno io – glielo ripeteva sempre l'ingegnere, ma a Annalaura suo padre aveva insegnato così: si studia e si diventa dottori. E quello che diceva suo padre per Annalaura era legge.
Rimase a fissarlo, mentre lui sistemava la bici nel sottoscala, si chinava a chiudere il lucchetto e armeggiava con lo zainetto. Annalaura teneva le mani strette vicino al petto e si contorceva lentamente le dita mentre osservava l’uomo con addosso calzoncini e T-shirt. Si vestiva sempre così quando andava in bici. Ad Annalaura piaceva guardarlo, rimirare i muscoli tesi che segnavano le cosce, fantasticare sul profilo dei glutei rotondi. Non si rendeva conto che mentre lo fissava, come ammirando una scultura del Bernini, contorceva le mani per trattenere l’impulso di allungare le dita per toccare quel corpo. Non riusciva a immaginare quale sensazione si potesse provare nell’accarezzare una muscolatura cosi soda, una pelle così compatta e tesa. Suo marito era sempre stato esile come un giunco e la sua pelle molle e flaccida anche da giovane.
Prima o poi avrebbe trovato il modo di sfiorare il corpo del giovane ingegnere, anche solo per un istante.
– Buona giornata Anna! - esclamò lui, passandole a fianco. Le sorrise allegramente, ignaro degli sconvolgimenti ormonali che solo con la sua presenza riusciva a provocare nella matura portinaia, e svanì su per le scale. Lei rimase a osservarlo mentre lui solcava i gradini a tre alla volta, e incrociava la signora Angelotti alle prese con la discesa. Lui la salutò e l’anziana donna gli rivolse un ampio sorriso.
– Eh, signora Angelotti, ha visto il dottore com’è atletico? Ah, magari mio marito avesse mai dimostrato anche solo un decimo della sua energia. Ha visto come corre? Beata la donna che se lo sposa! – Annalaura parlava a voce alta. La signora Angelotti aveva già riabbassato lo sguardo e sembrava concentrata nel compito di scendere con calma le scale. Annalaura si appoggiò al corrimano, con l’orecchio teso a cogliere ogni suono: il rumore dell’ascensore che arrivava al piano, delle chiavi inserite nella serratura, della porta di casa che si apriva e poi si richiudeva.
L’ingegnere era ormai scomparso dentro l’appartamento, e lei sospirò. – Io gliel’ho detto a quella del secondo piano: si faccia avanti, che cosa aspetta? Dico, è sola, con una figlia che è un angioletto di bambina. Non come quei due teppisti della professoressa. La piccolina è proprio un fiorellino, sa? E dia retta a me, signora Angelotti, che quella ragazza dev’essere una brava mamma. Lavora tutto il giorno, la sera è sempre a casa. Ma nei weekend che la bambina va dal padre potrebbe divertirsi un po’, che diamine! E infatti io le ho detto: si inventi una scusa, che non le va il computer, il dottore di quello si occupa; e poi da cosa nasce cosa! Dico, glielo devo spiegare io come si fa? La bambina mica l’ha messa al mondo con lo Spirito Santo! E quella benedetta ragazza che fa? Mi sorride, diventa rossa come un peperone e basta. E sì che con quel corpicino che si ritrova… L’avessi io, lo userei meglio di quanto non faccia lei. Eh già, che poi la gioventù passa! Vero signora Angelotti? Lo sappiamo bene eh? Io le mie soddisfazioni da giovane me le sono prese. Ma quella, se aspetta ancora un po’, le ragnatele le vengono là sotto. Ci siamo capite vero, signora Angelotti? Che poi la ragazza non è proprio più di primo pelo, insomma sarà più vicina ai quaranta che ai trenta, ma ha ancora un viso fresco. E non importa se il dottore ha qualche bell’annetto di meno. Oramai si usa, vero? Le donne oggi si sono fatte furbe, mica coi vecchi vanno a letto. Ah, be', ma che brava signora Angelotti. Anche oggi, lemme lemme, s’è fatta la scala da sola. Ora vado a vedere se sua nipote è già fuori ad aspettarla.
Annalaura andò ad affacciarsi al portone. La nipote era seduta nella macchina accostata al marciapiede e le quattro frecce accese. Mezzo giorno spaccato. Questa famiglia c’ha la puntualità nelle vene, pensò Annalaura.
– Andiamo signora Angelotti, sua nipote è arrivata – gridò alla anziana che si era fermata davanti alla bacheca sul muro, dove erano appesi gli avvisi. L’androne era in penombra e Annalaura si chiese che cosa potesse vedere quella vecchia, senza luce e senza occhiali. – Su, signora Angelotti, andiamo che c’è sua nipote. Andiamo.
La donna non diede alcun segno di risposta. Continuava a fissare la bacheca davanti a sé. Annalaura fece dei segni alla nipote che nel frattempo, avendo sentito il vociare della portinaia, era scesa dall’auto pronta ad accogliere la nonna. – Non so che le prende a tua nonna. Se ne sta lì davanti alla bacheca. Ma è buio, cosa vuoi che veda. – Annalaura strillava per farsi sentire dalla ragazza che stava appoggiata alla macchina. Poi sbuffò, spazientita – Che dici, vado ad accendere le luci dell’androne? Non sarebbe l’ora, eh?
In quel momento la signora Angelotti si incamminò lentamente verso l’ingresso. Raggiunse il portone aperto, si voltò e con i suoi guizzanti occhi color piombo fissò in volto la portinaia.
– Sono vecchia Annalaura, ma non sono rimbambita. Ho fatto il laser e la cataratta, ci vedo bene come quando ero bambina. Tu, piuttosto, devi cambiare l’avviso con il numero da chiamare per la raccolta dei rifiuti ingombranti. Quello appeso in bacheca è vecchio. Controlla la tua casella di posta elettronica, l’amministratore ha mandato il nuovo volantino da appendere. E non ribattere, per favore. Quel numero è sbagliato. Sai perché lo so? Perché il nuovo numero è facile da memorizzare: è la successione di Fibonacci, esclusi gli 1 naturalmente. Curioso vero? – poi la signora Angelotti sollevò il braccio su cui stava appesa la borsetta e con la mano estrasse dall’orecchio l’auricolare da cui proveniva la musica di un’opera lirica. – Sono vecchia, ma non per questo rimbambita o sorda. Con l’età ho imparato ad apprezzare il silenzio e quando non lo trovo, silenzio il rumore che mi circonda con la musica.
Annalaura la fissò, con la bocca aperta e l’espressione smarrita.
– Qui dentro ho una bella compilation di arie, tratte delle opere di Puccini e di Verdi. Un bel regalo di mia nipote. Ma vedo che anche tu già cominci ad apprezzare il piacere del silenzio. Buona giornata Annalaura – disse la signora Angelotti. Mise in tasca gli auricolari e rispose al sorriso della nipote che le andava incontro.
Grazie di aver partecipato :)
Dopo la serie di Fibonacci mi aspettavo una scena sexy tra la signora Angelotti e l'ingegnere. Spero nel prossimo capitolo :-)
ahahahah, mi hai fatto scoppiare a ridere da sola @steemotion XD
hihihihi
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STOP
😂😂 mi hai fatto sorridere con quella scenetta dell'ingegnere sexy... dai che forse nel secondo capitolo ci scappa qualcosa per la portinaia ficcanaso.. 😆
ahahaha @sarabelardo, porello l'ingegnere sexy, che poi mi fa la fine del protagonista della storia di @bronsedi, Comunque vada, è cioccolata... ed ecco che nasce il crossover 😂😂 😂😂
Per come hai dipinto la signora non eslcuderei a priori qualche strana perversione...Tutti a pensare alla nonnina dolci e biscotti e invece "Ad Annalaura piaceva guardarlo, rimirare i muscoli tesi che segnavano le cosce... [...] sfiorare il corpo del giovane ingegnere, anche solo per un istante." =)
Noi c'avevamo il foco dentro anche da vecchie hahahah
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