Sotto la tenda

in #ita5 years ago (edited)

«Ma quando arriviamo?» Chiedeva continuamente il piccolo Lorenzo.
«Presto!» Rispondeva preoccupata la madre.
«E dove stiamo andando?» Domandavano insistentemente gli altri bambini a bordo del pullman.
«Andiamo tutti quanti al campeggio.» Era la risposta che gli adulti avevano concordato con gli psicologi e con gli assistenti sociali.
La destinazione della lunga colonna di pulmini verdi, messi a disposizione dall'Esercito, non era esattamente il “Camping Rose e Fiori” dove l'estate prima Lorenzino aveva trascorso una settimana di vacanza, ma si trattava, invece, della grande tendopoli allestita dalla Protezione Civile per coloro che, a causa del violento terremoto registrato la notte precedente, avevano perso la casa e tutti i propri beni.
«Non abbiamo bagaglio per viaggiare leggeri. Appena arrivati ci daranno i vestiti e forse anche le scarpe da trekking.» Questa pietosa bugia rincuorò diversi bambini che da quasi 24 ore saltellavano sull'unica pantofola indossata prima di una precipitosa fuga.

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Radio, televisioni e tutti gli altri media informavano ininterrottamente la popolazione che la terra continuava a tremare senza sosta. Un nutrito drappello di giornalisti e di cineoperatori attendeva l'arrivo dei terremotati per comunicare all'intero Paese la drammaticità del momento. Ma, in questo caso, riprendere i bambini addormentati e gli adulti con gli occhi gonfi di pianto rappresentava una tragedia privata, non uno spettacolo strappalacrime per “fare audience”.

Sebbene si trattasse di un centro non troppo popoloso, l'elenco riportava i nominativi di circa 20 vittime, mentre i dispersi erano poco meno di 80. In qualche modo tutti parenti o amici dei superstiti.
In questo disastroso contesto, si inseriva, peraltro, la vicenda familiare dei genitori di Lorenzo. Nei momenti immediatamente successivi alla scossa più forte, i primi soccorritori avevano estratto dalle macerie ancora fumanti di uno dei palazzi crollati, il padre incolume e, subito dopo, la sua amante lievemente ferita. I loro indumenti erano rimasti sotto una tonnellata di mattoni e di cemento.

Nel tentativo di mantenere vicini i componenti di ogni nucleo familiare, a Lorenzo e ai suoi genitori vennero assegnate le brandine montate nella stessa tenda nella quale erano state sistemate altre 12 persone che avevano un grande bisogno di socializzare e stringere tra loro un legame basato sulla reciproca solidarietà.
La tensione all'interno della coppia era palpabile, ma non era proprio il momento adatto per “risolvere” una crisi coniugale.
Fin dal mattino seguente marito e moglie si adoperarono perché il loro soggiorno sotto la stessa tenda fosse il meno angosciante possibile, forse lo facevano soltanto per evitarsi o, più probabilmente, per dedicare la propria attenzione a qualcosa di più importante, da cui dipendeva la sopravvivenza e il benessere di quel che restava di una intera comunità.
Mentre il padre aiutava gli addetti alla cucina da campo e distribuiva i pasti nelle tende, Lorenzino aveva fatto amicizia con altri bambini e costituito una piccola classe alla quale, in attesa che riaprissero le scuole, sua madre impartiva qualche semplice lezione, tanto per non dimenticare l'importanza dell'istruzione.
Entrambi i genitori di Lorenzo erano consapevoli che prima o poi avrebbero dovuto prendere delle decisioni relative al matrimonio naufragato miseramente, al loro futuro e all'unione della famiglia. Ma vivere una esperienza che richiedeva tanto coraggio e tanta umanità, non avrebbe di certo deteriorato ulteriormente la loro precaria relazione. Intanto, però, la cosa più importante per entrambi era “darsi da fare” per il bene del “Camping La Vita Continua”.

Testo e fotografia di @adinapoli La fotografia appartiene all'autore. Col presente racconto intendo partecipare a: theneverendingcontest n° 50 S5-P10-I1 - Contest Tema: famiglia in crisi Ambientazione: campeggio

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