La miniera di Perticara.

in #ita6 years ago (edited)

Quando ero solo una bambina, ricordo che i miei genitori mi raccontavano la storia della Miniera di Perticara.
Ho vissuto molto più da vicino queste vicende perchè un mio bisnonno (il padre della mia nonna paterna) lavorava proprio in quella miniera.
Mi è sempre piaciuto ascoltare i racconti dei miei nonni oppure i ricordi dei miei genitori e anche, in quelle occasioni, mi fermavo ad ascoltare immobile le storie sul mio nonno bis.
La mia nonna materna è originaria di Sapigno, un piccolo paesino che si trova nel comune di Sant'Agata, che dista dal centro storico della valle in cui abito circa venti minuti o poco più.

Il mio bisnonno è stato uno di quegli uomini che percorreva non so quanti chilometri a piedi per andare a lavorare molte ore in miniera, pur di portare un pò di pagnotta a casa.
Purtroppo, non ho avuto la fortuna di conoscerlo, ma mi sono creata un immagine di lui dalle vecchissime foto di famiglia e dai racconti di mio babbo e mia nonna.

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(Immagine di proprietà dell'autore)

La miniera in cui lavorava era, appunto, quella di Perticara, un paese in provincia di Rimini.
Il complesso minerario di Perticara si trova nella vallata del torrente Fanante in cui, cinque milioni di anni fa, si depositarono strati di gesso e calcare solifero.
Non si sa con certezza la data in cui iniziò l'attività estrattiva a Perticara ma, la prima notizia risale al 16 Novembre del 1741.
Si crede che le prime tracce di zolfo furono trovate lungo un costone gessoso solfifero vicino al torrente Fanante, dove vennero scavati diversi pozzetti di esplorazione, dai quali furono praticate delle coltivazioni e il minerale che veniva estratto era fuso in apposite "Calcarelle".

STORIA E STRUTTURA DEL GIACIMENTO

Il giacimento di Perticara è stato uno dei più importanti d'Italia e e la miniera più grande d'Europa.
I lavori sotterranei della miniera si estesero per oltre 3500 metri in direzione est-ovest, 1200 metri da nord a sud, coprendo una superficie di 450 ettari.
Il sotterraneo era vastissimo, con 50 km di galleria, distribuita su otto livelli e comunicava con l'esterno tramite otto pozzi e quattro discenderie.
Nel 1816, il signor Cisterni di Rimini fece scavare, alla destra del torrente Fanante, un pozzo che chiamò Alessandro ed un altro pozzo venne aperto al lato opposto del torrente, denominato Paolo.

All'epoca il minerale veniva trattato con il metodo delle calcarelle; successivamente vennero usate le olle di terracotta e i forni a pignatte, mentre nel luglio del 1851 entrò in funzione il primo calcarone.
La miniera di Perticara fu usata anche come deposito di armi clandestine.
Dal 1896 al 1908 la miniera subì una forte crisi dovuta al basso tenore di zolfo contenuto nel minerale estratto.
Nel 1904 venne trovato un ammasso di minerale e, nel 1907, venne scoperta un'altra mineralizzazione denominata seconda lente, facendo riprendere i lavori di estrazione.
Negli anni della Prima Guerra Mondiale, la miniera subì altre difficoltà per la mancanza di manodopera, per la mancanza di macchinari moderni e per la carenza di combustibile che era necessario per l'estrazione.
Nel 1917, il minerale della prima lente si era esaurito ed era cominciata l'estrazione nella seconda lente, senza però pensare a coltivarla, non conoscendone ancora la sua conformazione e dimensione.
Vennero tracciati tre grandi livelli di denominazione e poi altri più profondi, cercando di utilizzare i vecchi lavori di ricerca riuscendo così a capire la graduazione solififera della seconda lente, studiandone la forma e decidendone il metodo di coltivazione, incrementando così al sestuplo la produzione.

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Diversamente dagli altri giacimenti del Cesenate, quello di Perticara è composto da 13 strati gessosi, di cui gli ultimi cinque sono a tratti mineralizzati.
Di questi cinque, il più importante è lo Strato Maestro; partendo dal letto si trovano le marne inferiori, seguite da uno strato di cagnino, a sua volta seguito da uno strato inferiore che può esser costituito da gesso, calcare o minerale.
A tetto dello strato inferiore ce n'è uno di marna intermedia. Sopra questa marna si trova lo strato maestro, il quale ha determinato l'importanza della miniera per la ricchezza del minerale e per il quantitativo.
Al di sopra vi sono le marne di tetto, molto friabili vicino allo strato mineralizzato: erano queste che costituivano pericolo durante la coltivazione.
La mineralizzazione del giacimento non era continua.
La particolarità del giacimento di Perticara era l'abbondanza del bitume durante la coltivazione, tanto che impregnava le rocce, colava dalle fenditure e anneriva le pareti degli scavi e delle gallerie.

Di minerale ce n' erano di tutte le varietà: nelle lenti predominava il giallo, nel banco regolare il bruno e il grigio.
La miniera di Perticara fu famosa per la ricchezza delle cristallizzazioni: cristalli imbruniti dal bitume simili al quarzo affumicato, cristalli opachi di zolfo verde e rari cristalli di quarzo mai visti nelle miniere delle altre regioni.

Un cristallo di zolfo della miniera di Perticara è conservato nel museo di Storia Naturale di Milano.
Qui di seguito vi posto una foto di un pezzo di pirite di zolfo che conservo a casa, un ricordo della miniera del mio bisnonno:

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Dopo le calcarelle furono utilizzate le olle di terracotta.
Il minerale frantumato era posto in un recipiente di terra refrattaria a contatto con il fuoco: lo zolfo si fondeva e, sotto forma di vapore, arrivava in un secondo recipiente dove condensava e colava in forme di legno.
Una volta finito il ciclo si ripeteva l'operazione.
Dall'inzio dell'800 le olle di terracotta furono sostituite da quelle in ghisa. Questo metodo però non era sufficiente per raccogliere tutto lo zolfo all'interno del minerale ed, in oltre, esso si espandeva nell'atmosfera creando danni all'agricoltura.

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(Immagine e contenuto di proprietà dell'autore)

Dal 1850 fu usato il metodo del calcarone: il calcarone era una specie di fornace circolare avente suolo inclinato.
Una volta colmo di minerale, si dava fuoco, verso l'imbrunire, al terzo superiore del cono e il mattino seguente, da un foro aperto sul davanti, cominciava a colare lo zolfo.
Con questo nuovo metodo, la produzione di anidride solforosa era gigantesca e i danni all'agricoltura gravissimi quindi venne stabilito che questi impianti venissero installati ad una distanza non inferiore a tre chilometri dalle abitazioni.
Alla base si caricavano i grandi pezzi di minerale che diminuivano di grandezza mano a mano che si innalzavano, poi venivano ricoperti con materiale esaurito.
Il materiale era disposto in modo da lasciar liberi i canali necessari per il passaggio dell'aria.
In cima a questi canali venivano introdotti legni accesi bruciando lo zolfo che si raccoglieva sul fondo ed usciva dal foro, raccogliendosi in cassette di legno umide, solidificandosi in panetti da 50-60 kg.

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Dal 1880 furono introdotti i forni a GILL.
Il metodo del Gill è un perfezionamento del metodo del calcarone.
Erano forni aventi due o più camere di combustione, dette anche celle, comunicanti fra loro attraverso la parte superiore. Al loro interno veniva depositato il materiale (proprio come nei calcaroni); la combustione era in una sola cella per volta ed i gas caldi venivano fatti passare nelle altre celle, riscaldando così il materiale zolifero in esse contenuto.
Finita la combustione nella prima cella, si cominciava con la seconda e via a seguire.
Il rendimento era maggiore del 18% rispetto a quello dei calcaroni.

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(Immagine e contenuto di proprietà dell'autore)

METODI DI COLTIVAZIONE

I metodi di coltivazione erano due:

  • la coltivazione a pilastri era impiegata nello strato inferiore e nel soprastrato, dove lo strato di minerale da estrarre non superava mai i due metri di altezza.
    Mano a mano che si estraeva il minerale, si lasciavano i pilastri dello stesso per evitarne la frana.
    Successivamente il minerale veniva caricato sui vagoni e mandato ai pozzi di estrazione;

  • la coltivazione a gradini rovesci era basata dall'arrivo in miniera di brusaie per colmare i vuoti lasciati dall'asportazione del minerale.
    Questa coltivazione avveniva sempre tra due livelli vicini e sempre nello strato maestro.
    Inizialmente veniva eseguito un tracciamento al piano superiore e poi veniva preparato il fornello. Il fornello era un passaggio profondo 20 metri e largo 3 che serviva a per la caduta delle ripiene nella zona di coltivazione del minerale.
    Il minerale era inviato poi ai pozzi passando per le gallerie di carreggio.
    Continuando ad estrarre il minerale, i vuoti venivano riempiti dalla brusaia bagnata con acqua per renderla più compatta. Sopra la galleria di carreggio veniva creata una tramoggia dalla quale scendeva il minerale.

TRATTAMENTO IN SUPERFICIE

Nel 1925, venne ideato l'impianto di vagliatura per dividere il minerale secondo grossezza che aveva tre griglie di varie dimensioni: una fermava il minerale grosso, una il mezzano e l'ultima i pezzi di minerale di circa 6 cm.
La polvere di minerale ed i granelli più piccoli creavano lo sterro e venivano raccolti con l'impianto di vagliatura e bagnati con l'acqua.
Con questo impasto si confezionavano le pagnotte per mezzo di stampi, lavoro esclusivo delle donne.
Il minerale grosso veniva usato alla base dei calcaroni e dei forni; la mezzana e la vagliatura erano impiegati per completare i calcaroni e forni; nei calcarono e forni venivano usate le pagnotte essiccate.
Nel 1930 terminò il lavoro manuale della formazione di pagnotte e nel 1933 venne ideata una macchina per l'impannottamento meccanico dello sterro.

PERICOLI DELLA MINIERA

Il problema principale del sottosuolo era l'aerazione che aveva come unica fonte di aerazione naturale tre pozzi e la discenderia Fanante.
Con l'aumentare dello sfruttamento del sottosuolo, la ventilazione naturale non fu più sufficiente, per questo, vennero installati degli aspiratori al pozzo Montecchio, Parisio e quello di Perticara.
Anche se il sotterraneo, ora, era ben aerato, l'aria che si respirava all'interno della miniera mancava di ossigeno, era viziata per la fuoriuscita dei gas dalle rocce, per l'esplosione delle mine e per l'alta temperatura.
I minatori erano costretti a lavorare nudi con 40° di calore e 90° gradi di umidità.
Inoltre, l'aerazione era fondamentale per evitare incendi: l'aria diventava esplosiva e l'incendio poteva essere innescato dalla fiamma delle lampade a carburo.
Altri pericoli erano la possibilità di incendi del minerale dopo lo scoppio delle mine, i crolli, le frane di minerale e i deragliamenti dei vagoni che potevano investire i lavoratori.

GRANDE OCCUPAZIONE LAVORATIVA

Fino agli anni 50 erano occupate 1600 persone, di cui 400 all'esterno della miniera ed i turni erano tre e per ogni turno venivano impiegati 400 operai.
In ogni sezione del sotterraneo lavoravano 100 operai (le sezioni erano 4) e vi erano tre capi sorveglianti, uno per turno.
Ogni sezione aveva un sorvegliantee due caporali addetti allo sparo delle mine.
Per ogni sezione del sotterraneo venivano impiegate 12 compagnie, ognuna composta da un minatore e da due carreggiatori.
C'erano anche: l'armatore e lo stradino.
Per preparare i fornelli e le tramogge vi erano delle compagnie formate da due armatori.
Fino al 1958 c'erano anche i mulattieri mentre, negli ultimi anni, si usavano esclusivamente locomotori elettrici a nafta.

PROBLEMI SINDACALI E RIVOLTE DEI MINATORI

Fino al 1919 gli interessi dei minatori erano curati dalla Lega degli Operai di Cesena, ma con l'aumento dei lavoratori, gli operai nominarono dei loro rappresentanti e rivendicarono i loro diritti con diversi scioperi: il primo fu nel 1921, un altro nel 1951 con cui riuscirono ad ottenere un aumento di 35 lire giornaliere e per i lavoratori non legati al ciclo di produzione 75 lire, ottenendo, inoltre, un miglioramento delle condizioni di trasporto dei minatori dalle abitazioni ai luoghi di lavoro.
Bisogna ricordare, infatti, che i minatori andavano a lavorare a piedi o in bicicletta e, quando percorrevano il tragitto, per recarsi al turno di notte, portavano con loro un lume, facendo sembrare la strada piena di lucciole.
Proprio come ricorda lo scrittore Tonino Guerra in una frase incisa su una targhetta fuori dal museo Sulphur di Perticara:

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(Immagine di proprietà dell'autore)

In questi giorni, mentre raccoglievo il materiale per scrivere il post, sono andata al museo Sulphur dedicatogli, a Perticara. Purtroppo era chiuso quel pomeriggio, ma ho scattato diverse foto.

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(Entrata del museo)

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(A sinistra una centralina elettrica)

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(Vagoncini su cui era trasportato il minerale)

Per scrivere questo post mi sono munita dei mille appunti che avevo scritto quando andavo a scuola. Ci avevano portato in gita diverse volte e, anche qualche fanno fa, sono tornata di mia spontanea volontà a visitare il museo.
In questi pomeriggi ho aggiunto anche diversi dettagli raccontati dai miei nonni e ho trovato questa piccola chicca:

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E' stato molto emozionante trovare questo attestato e altri documenti del mio bisnonno riguardanti il suo lavoro all'interno della miniera.
Visitare il museo, la miniera mi ha sempre fatto sentire un pò più parte del suo mondo e studiarne la storia mi ha fatto comprendere la dura vita che ha vissuto.
Consiglio a tutti di andare a visitare il bellissimo museo.

(Anche dove non è stato specificato, le immagini sono di mia proprietà)

Sort:  

Beh, che dire...questo è il post dei post , non ti sei risparmiata in niente semplicemente fantastico. Chapeau e complimenti sinceri.

Grazie mille caro! Veramente! Così mi fai emozionare 😍

Mamma mia che bel post! Mi hai fatto emozionare! Molto dettagliato, e ricco di informazioni interessanti. Dovresti fare la guida turistica, da quanto spieghi bene tutti i concetti. Si nota che ci hai messo impegno e passione. Davvero complimenti!

Grazie per tutti questi complimenti Dave, ne faccio tesoro!
È stato un lavoro lungo ma andare a spulciare le storie del territorio mi affascina troppo, soprattutto quando si mescolano alle mie radici!
Grazie ancora ❤

Davvero un post molto dettagliato e ben scritto @acquarius, complimenti. Immagino che ritrovare quell'attestato sia stato motivo di orgoglio!
Bravissima come sempre!

Grazie @bariski!!
Siiii, sono molto orgogliosa ❤

Non vorrei dire nulla, ma qui si sei proprio superata, perché è un racconto che è una vera meraviglia, davvero superlativo, ricco di notizie storiche, considerazioni, foto, non c'è un punto debole in tutta questa armoniosa costruzione che hai eccellentemente realizzato, i miei più grandi complimenti per tutto quanto

Grazie di cuore Mad! Non ho postato per diversi giorni proprio per impegnarmi al massimo in questo post!
Anche se ho rischiato tanto, non a tutti interessano queste nozioni storiche che, a volte, possono apparire noiose ma ho rischiato, mi piaceva troppo.
Da come leggo ne è valsa la pena!
Grazie ancora caro ❤

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