Rossa e Gialla, come la magia

in Italy3 years ago

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Rossa e gialla.

Il capitano.

Francesco Totti.

Ricordo quando da ragazzino mio padre mi costringeva a seguirlo allo stadio per assistere a tutte le partite della magica Roma, come la chiamava lui.

Di magico per me c'era poco.

A quel tempo.

Poi, crescendo, quella magia ho iniziata ad avvertirla davvero ed il capitano è diventato come un secondo fratello, uno a cui volere bene e che anche se non mi avrebbe mai conosciuto, in qualche modo sarebbe sempre stato lì per me.

La magia, come spesso accade, diventa più forte quando ad innescarla è un sacrificio.

Un pò come per i supereroi.

7 Marzo 2020.

Il mio papà, quello che mi costringeva a seguirlo allo stadio Olimpico, inizia ad avvertire un pò di tosse, di raucedine, di "petto in fiamme" come mi diceva lui.

"Non ti preoccupare Papà", gli dicevo io, "sarà solo uno strascico dell'influenza.

Più passavano le ore e più lo sentivo preoccupato.

Io ero a Novara all'epoca, a lavorare nella logistica della Lavazza per riuscire finalmente ad essere autonomo e indipendente e pagarmi bollette, affitto e Sky.

Mi chiamo 11 volte in 60 ore in quei 2 giorni e mezzo.

Ogni volta lo sentivo sempre più ansimante, preoccupato e stanco. Sembrava uno che aveva appena terminato la maratona di New York.

Poi, alla dodicesima chiamata non fu più lui a rispondere.

Era mia madre.

"Tuo padre è all'ospedale", disse.

"Pare che lo abbiano intubato. Forse sò i polmoni, forse è sto raffreddore che viene dalla Cina".

Lì per lì non me ne resi conto ma anche mia madre non sembrava al massimo della forma.

Pensai che fosse la preoccupazione che anche lei provava in quel momento.

Mi cascò il mondo addosso.

Volevo tornare a Roma.

Stare accanto a mio padre.

Non si poteva.

L'Italia era divenuta zona rossa.

Non ci si poteva muovere tra le regioni e se avevi un parente o un amico all'ospedale non potevi andarlo a trovare.

Qualche telefonata con mia madre e poi silenzio radar per 13 interminabili ore.

Quando finalmente qualcuno rispose al telefono la voce era cambiata.

Non più mio padre, intubato.

Non più mia madre.

Era Gina, un'infermiera dell'ospedale in cui mio padre, ed ora anche mia madre, erano ricoverati.

Gina mi avvisò che adesso entrambi erano intubati e che mio padre aveva passato una bruttissima notte ed ora era in terapia intensiva.

"Ma come? Mio padre ha solo 54 anni e non ha mai avuto un singolo problema fisico in vita sua?!"

Non rimase che aspettare, soffrire e sperare.

Insieme al mio vero fratello, Carlo, quello che la numero 10 giallorossa sulle spalle non l'aveva ma che il mio sangue, quello di mamma e papà, ce lo aveva nelle sue stesse vene.

13 Marzo 2020

Gina telefona.

Piange.

Non parla.

Mio padre è morto.

Mia mamma è in condizioni disperate.

La notte è stata un incubo.

L'uno ha spirato mentre l'altra era stata appena caricata sulla barella per essere trasportata nel "lazzaretto" dei casi disperati.

Passarono poche ore e Gina richiamò ancora.

Anche la mamma aveva finito il suo viaggio.

Da sola.

Come mio padre.

Senza il briciolo di una carezza.

Senza lo sguardo tenero di un figlio.

Senza una parola di conforto da parte di chi ti ha voluto e ti vuole bene.

In meno di una settimana io e Carlo, da figli amati e ben viziati, siamo divenuti orfani.

Scapoloni, poco d'oro, e orfani.

Tutto per colpa di un raffreddore, pensavamo allora.

E fu proprio in quel momento che quella maglietta giallo rossa con la scritta "10" sulle spalle, divenne pura magia.

E' come se io e mio papà ci fossimo in qualche modo ritrovati, grazie a quel rito da lui perpretrato con forza per anni, decenni.

Non ci furono funerali, come purtroppo avveniva ai tempi del covid.

Io però, per ricordarlo, chiesi a tutti i suoi amici di esporre ai balconi non una scritta "andrà tutto bene", che andava tanto di moda allora, ma una maglia del capitano, vera, falsa, dello scudetto, dei tempi di Pallotta, poco importa.

Gialla e rossa.

E con la numero 10 del capitano.

Fu il nostro, il suo funerale.

E quello della mamma che in quella silenziosa e sommessa manifestazione funebre fu omaggiata con un fiore bianco, come i suoi capelli e come il colore dei fiori che amava mettere a centro tavola ogni domenica, cascasse il mondo.

12 Dicembre 2020

E' trascorso quasi un anno da quei tragici momenti.

L'estate ci aveva regalato grandi illusioni, e qualche ballo in discoteca.

9 mesi dopo è ancora tutto troppo uguale ad allora.

Sono qui su internet a trovare un termine per una persona che ha perso tutti i propri consaguinei.

Pochi giorni fa anche Carlo è rimasto vittima del covid.

Nella sua amata Lombardia ha contratto il virus allo studio di un architetto.

Dicevano che fosse tutto sanificato.

Forse dicevano una cazzata.

Per Carlo nessuna parata funebre o manifestazione.

Solo un messaggio wattsapp a tutta la sua rubrica.

Qualche videochiamata verso il sottoscritto.

Un paio di persone che hanno provato a convincermi di cose di cui non ero convinto e via.

Tutti di nuovo a parlare di zone colorate, di vaccini in arrivo, di economia che deve ripartire.

23 Aprile 2027

Quanto è bella Liberty.

Quel colore verde che verde non è, quella magnificienza che noti solo da vicino.

Quell'eleganza che apprezzi solo da lontano.

Quel simbolismo che cresce dentro te sin da quando sei bambino.

6 mesi fa ho venduto casa di mio padre e di mia madre e affittato quella di Carlo.

Roma non è più la mia casa.

E' diventata la mia teca, il mausoleo nel quale prima o poi tornerò.

Ho mollato il lavoro.

Ho acquistato un biglietto di sola andata per New York.

Ho parecchi risparmi da parte e voglio ricominciare a vivere in una città simbolo del covid e della rinascita.

Milioni di persone, qui ad Ellis Island, dove mi trovo oggi, hanno sancito un nuovo inizio nei secoli scorsi.

Ci proverò anche io.

Ripartirò da qui senza avere una minima idea da dove ricominciare.

Vorrei fare tabula rasa e ripartire ma non ce ne sarebbe bisogno.

Il 2020 ed il covid lo hanno fatto per me.

Da allora sono un uomo senza radici e senza futuro.

Con un passato che ricordo con affetto e tanta malinconia.

Eccomi qui, nella grande sala simbolo dell'immigrazione.

Mi trovo davanti ad uno schermo che mi invita a digitare il mio cognome.

Dicono che nei loro database ci sia traccia dei nostri antenati.

Io che cerco il futuro, cosa posso farmene di un passato cosi lontano?

Oramai son qui.

Tanto vale digitare.

V - E - R - D - O - N - E

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Con questo post partecipo alla nuova edizione del THENEVERENDINGCONTEST, che questa settimana aveva come oggetto:

Topic
New beginning
Context
Ellis Island


grazie a @storychain

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Nice post serialfiller

🤩🤩🤩😘😘😘

Quanta angoscia per un presente così vicino, per una storia così tristemente comune in questo anno disgraziato.

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