CONTEST - UNA STORIA ITALIANA

in Italy6 months ago (edited)

MEMORIE, ovvero un salto nel tempo atto quarto: storie dal trentesimo secolo (racconto per la partecipazione al contest una storia italiana)
Gioconda, anzi per meglio dire Gi, chiese alla proprietaria del piccolo ristorante di campagna il permesso di fermarsi con la sua cara amica Gilda oltre il pranzo, dato che nel locale si faceva orario continuato. Aveva assicurato la donna di non preoccuparsi per l'occupazione del tavolino, perchè le due anziane avrebbero consumato. Non erano riuscite a vedersi in tutta tranquillità da sole da troppo tempo e ora avrebbero avuto piacere di disputare qualche partita a scacchi.

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(immagine Pixabay free, autore Pitsch, link https://pixabay.com/es/photos/ajedrez-juego-de-ajedrez-jugar-3729532/)

La proprietaria non ebbe nulla in contrario, tutt'altro. Le due anziane le risultavano davvero simpatiche e aveva piacere che si fermassero, anche senza consumare ulteriormente. I tempi erano quelli che erano e la buona signora capiva che la maggior parte degli anziani non poteva spendere. Qualora non statali e soprattutto non in ambito di alte sfere, senza pensione e non più in grado di lavorare, molti anziani che non avevano figli o nipoti in grado di mantenerli, s'incamminavano verso un triste epilogo. Le due anziane amiche, in ogni caso, avevano preso un solo piatto, quindi Gi aveva proposto a Gilda di ordinare qualcos'altro.
-Io prendo l'aspic di frutta. Niente allergeni, così sono a posto.
Gilda si schermì, sempre con l'intento di non pesare sul conto del ristorante che l'amica le offriva, ma Gi insistette.
-E va bene. E siccome io di frutta ne vedo tutti i giorni che mi esce dalle narici, ti dispiacerebbe se prendo la panna cotta?
-Dispiacermi? E perchè mai, che dici? Figurati!
-So che hai problemi con il latte di mucca...
-E mica devi stare tu a dieta per me perchè il latte di mucca mi dà il fumo agli occhi! Dai, beviamoci pure qualcosa sopra. Io prendo la tisana di anice stellato. Per una volta, niente camomille.
-Fai bene ad andare sull'esotico. Guarda, prendo la stessa cosa.
-Allora, hai portato i sassolini?
Per ridere, quelle rare volte che le due anziane riuscivano a giocare a scacchi, si portavano dietro sassolini colorati di fiume, dei quali tenevano un'intera collezione sin dall'infanzia, quando l'inquinamento causato dalle fumose fabbriche non aveva reso le acque fiumane della città proibite ai bagnanti. E se ne giocavano qualcuno a scacchi. Gilda perdeva quasi sempre e le rare volte che non perdeva, la partita era patta. Ma non se la prendeva affatto, anzi era perfino contenta della superiorità al nobil giuoco dell'amica.
-E come no?
Mentre frugava nella borsa per scovare le pietruzze colorate, le scivolò una cara vecchia foto che aveva l'abitudine di portarsi sempre dietro, la quale finì tra le scarpe di Gi.

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Gi la raccolse. -Tu e Sandro da giovani, vero? Ma questo carrello della spesa?
-Allora: avevamo ottenuto la nostra prima licenza ortofrutticola. Quella che ci avrebbe permesso di rilevare il banco della frutta dei miei suoceri ed eravamo così entusiasti e contenti che chiedemmo a uno degli ultimi fotografi in circolazione, prima che il mestiere scomparisse a causa dei cellulari, di aggiungerci un carrello della spesa a tematica frutticola con l'intelligenza artificiale. Per noi era stata un'esperienza memorabile che ricordo ancora con nostalgia.
-La prima licenza non si scorda mai- disse Gi, con il suo solito inguaribile umorismo. -Ma che bei capelli biondi avevi, amica mia!
-Figurati, erano castani. Il colore dei capelli me l'ha cambiato mio nipote Dante. Si diverte con i programmi grafici sin da bambino e s'è divertito pure con la mia foto.
-Bellissimi comunque. E bellissima tu.
-Ihh, come no! Con questa zazzera che paio una scopa. Non si compara al tuo taglio Chanel.
-Ihh, come no! Con questo amorfo e stagnante colore antracite che paio un topo...
Le due anziane risero come matte.
-Ma lo sai che il tuo nipotino piccolo è l'immagine vivente di Sandro?
-È vero, anche se la mia consuocera lo ritiene identico a Bogdan Popescu.
-E sarebbe, costui?
-Ah, il famoso, o meglio, per la verità di ben poca fama, pittore rumeno per il quale Mimoza aveva perso la testa da ragazza. Il padre biologico di mia nuora.
-Notizie di costui?
-Acqua, acqua...
Gi iniziò allora a smanettare nel suo tablet, finchè non googlò una notizia che risaliva ai circa trentacinque anni precedenti, anno più, anno meno. Aspirante artista muore misteriosamente in un'orgia alcolica.
-Accipicchia...forse meglio non dirlo alla tua consuocera. Qui dice che gli era stata diagnosticata la cirrosi epatica. Dai trascorsi che leggo, molto probabilmente beveva come un cosacco ed era soltanto questione di tempo. Povera Mimoza.
-Hai ragione. Ci crederesti, che non l'ha mai dimenticato? E di quando in quando, ancora spera...
-Forse allora è pur meglio che sappia...non so...ma mi spiace soltanto che la poveretta non s'è mai rifatta una vita.
-Ma quand'anche, amica mia cara, quand'anche...chi mai, quale uomo in questa città da almeno un millennio si azzarda più a intraprendere una relazione sentimentale con una donna che ha già un figlio, se questa non è come minimo benestante?
-Già. L'avevo scordato. La vecchiaia.
Le due amiche risero di nuovo, al termine vecchiaia.
-Mi auguro però che il mio nipotino non diventi come lui quanto a carattere e personalità. È vero che ha gli stessi occhi azzurri del nonno biologico materno, ma mi auguro la somiglianza finisca tutta lì.
-Non credo, tu e Sandro lo state crescendo bene. Gli state insegnando la retta via e si vede che è ricettivo, come a suo tempo fu Timoteo davanti agli insegnamenti di Paolo. È un bravo bambino e si vede. E pure Marina è una brava ragazza. Sicuro che verranno su come gli altri tuoi nipoti, i figli di Demetrio. Dopotutto, anche se ora non ricordo dove, proprio san Paolo scriveva che l'uomo è conosciuto sin da fanciullo nelle sue opere.
-Si, amica e quanto tutti i giorni nelle nostre preghiere io e Sandro chiediamo al Signore è che ci tenga in vita per lo meno fino a quando anche il nostro piccolo abbia raggiunto la maggiore età. Così potrà vivere con sua sorella, che per allora dovrebbe essere sistemata, in quanto molto più grande di lui. Non fosse, mio figlio Demetrio ospiterebbe ben volentieri i nipoti. A diciotto anni non saranno più costretti a stare con i genitori che non sono mai stati un gran che di padre nè un gran che di madre. Ovviamente non mi fido di mio figlio Antonio e di mia nuora Arbera. Se dipendesse da loro, farebbero crescere disadattati i miei nipoti e li convertirebbero in scarti della società. Non ci voglio nemmeno pensare. Finchè io e Sandro saremo vivi, inoltre, li incoraggeremo a studiare. Fosse per Antonio e Arbera, crescerebbero semi-analfabeti.
-Coraggio! Alex e io vi aiuteremo nelle preghiere.
-Grazie!
Nel frattempo, la partita a scacchi delle due anziane era passata dall'apertura al mediogioco, tra colpi strategici e tattici che culminavano in inchiodature.
-Domenica prossima riuscirai a portarci a casa la tua, di nipotina?
-Spero di si. Ma venite voi da noi. È meglio.
-È a causa di Antonio, giusto? Quel buono a nulla è la vergogna della nostra casa e ci fa sfigurare davanti a tutti una volta si e l'altra pure. E nemmeno sua moglie scherza. Ti chiedo umilmente scusa e scusa me e Sandro pure con Alex...
-No, mia cara e non hai bisogno di scusarti affatto! Si tratta invece di Fiorina. Mia nuora non ha nulla da invidiare, quantomeno ad Arbera, in fatto di carattere infernale.
Erano infatti ultimamente occorsi certi episodi piuttosto comici in casa dell'amica Gilda, per via dei bimbi più piccoli, interrotti proprio da Fiorina. Alex e Gi, qualche domenica che avevano la nipotina in casa, sempre e soltanto quando la nuora si degnava di lasciargliela perchè le pigliava il ghiribizzo delle grandi pulizie in casa che si fanno molto meglio senza bimbi piccoli tra i piedi, la portavano con loro a trovare gli amici dopo la funzione e il pranzo domenicali. Così la piccola Natalina, ancora in età di scuola dell'infanzia, poteva giocare con i nipoti conviventi di Gilda e Sandro. Marina andava pazza per i bimbi piccoli ed era per lei uno spasso. Per giocarci, la faceva sedere in camera sul letto del nonno o della nonna o la sistemava nel lettino del fratellino perchè spazio in casa non ce n'era. Era però accaduto che la piccola Natalina, verso i cinque anni non ancora compiuti, s'era incapricciata di Manfredi e gli si appiccicava in continuazione, mentre il bimbo, visibilmente scocciato, scappava per tutta casa, fino a chiudersi in bagno per sfuggire agli attacchi della piccola una volta che questa aveva tentato di baciarlo.
-Che schifo!- aveva gridato una volta che la bimba c'era riuscita ed era corso a lavarsi la guancia, neanche Natalina gli avesse contagiato la lebbra.
Antonio rideva sguaiatamente a tali scene. -Ehi, Manfredi, date le premesse, da grande avrai intere collezioni di donne!
-Chiudi quella boccaccia!- gli aveva urlato nonna Gilda. -Se no ci entrano le mosche.
-Io e tua madre non ti permetteremo di trasformarlo in un dongiovanni- aveva aggiunto nonno Sandro.
-E già, voi due lo crescerete peggio di un frate francescano.
-Le donne non sono francobolli da collezionare, chiaro? E non mi voglio ripetere- continuava suo padre.
-Precoce, però, la bimba- aveva detto Arbera. -Se non sta attenta, da grande farà la fine di mia madre.
La poveretta di Mimoza taceva per discrezione. Dopotutto, quella non era nemmeno casa sua.
-Ma figuriamoci, sono ancora soltanto bimbi piccoli, giocano- aveva risposto nonna Gi.
-Infatti. Troppo piccoli e senza alcuna malizia- affermava tranquillamente nonno Alex.
Nel frattempo, dietro la porta chiusa del bagno, Natalina piangeva perchè non riusciva a entrare e i quattro nonni avevano finito per intervenire. I nonni Alex e Gi esortando la nipotina a lasciare un po' di respiro al bimbo. I nonni Sandro e Gilda, rimproverando Manfredi per la poca educazione mostrata.
-Da quando in qua sei diventato un mongolino, che non lo sei! La bimba ti vuole bene. Cosa ti insegnamo io e nonno Sandro per quando hai davanti bimbi più piccoli di te? Non si dice che schifo. Tu stai per fare otto anni, sei grandicello oramai e la nipotina della mia amica non ne ha ancora nemmeno cinque.
-Sembra Morgantina. Ha i codini uguali. E i vestiti uguali.
-Morgantina è piccola e tenera- aveva riso Marina, che in quel momento stava entrando in bagno e si era fermata in corridoio ad ascoltare, divertita. Si trattava di un cartone animato per bambini che i più giovani di famiglia guardavano su Youtube, dato che a casa Palladini la televisione non c'era. Dovevano infatti risparmiare sul canone della RAI e inoltre una sola TV per sette persone delle più disparate età sarebbe stata più che altro foriera di mille acrimonie. Morgantina era un personaggio buffo che rappresentava una bimbetta combinaguai, che per l'appunto portava i capelli raccolti in due eccentrici codini e vestiva come una specie di Arlecchino. La piccola Natalina s'era ritrovata con la stessa pettinatura una volta che nonna Gi aveva fatto del suo meglio per rimediare ai disastri di sua nuora Fiorina, che utilizzava la figlioletta come cavia quando si atteggiava a parrucchiera. Perchè i tempi erano quelli che erano e non si poteva garantire per il futuro, si doveva risparmiare su tutto. Quanto all'abbigliamento della bimba, proveniente dai mercatini dell'usato, quando comprato da Fiorina senza l'aiuto di sua sorella, si poteva stare certi del risultato disastroso tanto quanto la ricrescita dei capelli di Natalina che già erano ribelli di suo.
-Che razza di maniere, le tue? Questa è l'educazione che ti diamo io e nonna Gilda? Fai piangere la bimba e allora nonno Alex e nonna Gi diventano tristi. Ti ricordi di quando Stefano non voleva giocare a calcetto con te e piangevi? Io e nonna eravamo forse contenti?
-Ma...Morgantina piange?
-E non hai visto, mentre i nonni la portavano in camera?
-No...non volevo uscire dal bagno...però...io non volevo farla piangere, anche se è buffa...
-Ohi, ohi, ohi- lo aveva interrotto la nonna. -Non ti azzardare più a dire che è buffa, nè a chiamarla Morgantina. Altrimenti, stasera a letto senza intelligenza artificiale- dato che i nonni permettevano al bimbo di usare il loro telefono per lasciargli creare piccole app di pupazzetti, vedendolo talentuoso sin dalla più tenera età.
-I suoi genitori non sono ricchi e la vestono come possono. Guardati te, che noi senza soldi non possiamo vestire meglio voi nipoti e ti tocca girare con le patacche sulla maglietta e sui jeans. Ma la bimba è educata. Non ti ha mai detto quanto sei buffo tu con queste macchie.
-Scusa, nonna, hai ragione. Scusa, nonno.
-Sei scusato, ma le scuse non devi farle a noi. Devi farle a Natalina.
-E va bene, nonno. Ho solo paura che mi da un bacio.
-Allora: i suoi nonni le hanno detto di lasciarti tranquillo. Se però ti da un bacio solo per salutarti quando va via, non è mica la fine del mondo.
-Guarda che non te la devi mica sposare- aveva detto Marina, sforzandosi per non rotolare nel pavimento dalle risate.
-No, no, Morgantina...voglio dire, Natalina no, no! Io voglio sposare la maestra Stefania.
La maestra Stefania era una giovinetta di ventisei anni al suo primo incarico in una primaria e parecchi bimbi di quarta e quinta più uno di seconda elementare, il piccolo Manfredi, s'erano innamorati di lei.
-E si che la maestra Stefania t'aspetta che cresci- continuava Marina tappandosi la bocca per non ridere più apertamente e non richiamare così i genitori dalla cucina, che era meglio non presenziassero. Comunque, Antonio e Arbera erano impegnati al momento in uno dei loro soliti litigi, mentre nonna Mimoza sonnecchiava momentaneamente nel suo armadio-letto.
-Si, la maestra mi aspetta perchè io prendo sempre dieci. Oppure mi sposo con nonna Gi- aveva detto il bimbo a sua sorella, che incapace di trattenersi ulteriormente, era allora andata a chiudersi in bagno per meglio ridere.
-Nonna Gi è già sposata con nonno Alex- gli aveva detto nonna Gilda.
Stavolta pure i nonni avevano dovuto trattanere le risa.
-Mmm...
In tono più comprensivo, avevano allora chiesto al nipotino: -Perchè vuoi sposare la tua maestra o una nonna?
-Perchè la maestra Stefania e nonna Gi sanno tante cose. Natalina invece non sa niente.
-Natalina è troppo piccola. Quando crescerà, saprà tante cose anche lei. Perchè non le insegni qualcosa tu, invece?
-E poi sai che dice un caro vecchio proverbio?- aveva aggiunto nonno Sandro. -Chi disprezza compera. Se oggi disprezzi Natalina, domani che sarai grande finirai per sposarla davvero.
-No, no...Natalina no...
-E già. Tutto dipende da come ti comporti- aveva risposto la nonna sempre più visibilmente divertita. -Ma pensa se avessi una cuginetta piccola. Non le faresti vedere quello che sai fare?
-Si.
-Dai, andiamo a vedere come sta la bimba e se non piange più. Le chiedi scusa e diventate amici.
-Si.
Natalina sedeva tra i nonni Alex e Gi, sul letto di nonno Sandro, alquanto stanchina a causa della giornata movimentata.
-Scusa, Natalina, non volevo farti piangere- aveva detto il piccolo Manfredi. -Mi perdoni?
La bimba era corsa ad abbracciarlo, per tutta risposta. Pochi minuti e già giocavano tranquilli con il cellulare dei nonni Sandro e Gilda, seduti sul letto di nonna, anzi, più che giocare, il bimbo più grandicello faceva vedere alla piccola come si disegnano i robotini.
-Azzullo, bello- diceve Natalina, ancora incapace di pronunciare la erre.
-Ti piace l'azzurro? È il mio colore preferito.
-È bello.
Nel frattempo era arrivata nonna Mimoza con la merenda per i bimbi, una volta terminata la sua pennichella.
-Dai, Natalina, lascia mangiare il bimbo- le aveva detto nonna Gi, dato che la piccolina non mollava il braccio dell'amichetto. -E mangia anche tu. Poi giocate di nuovo.
-Va bene.
Ma qualcuno stava suonando al citofono e risultava essere Anselmo.
-Sarà per caso venuto con mia nuora?- si era subito allarmata nonna Gi. -Ma porca miseria, Fiorina che non esce mai di casa se non per fare la spesa o farsi visitare da un medico e non vede mai nessuno che non sia sua sorella, suo nipote o quell'amica, la Gigliola...Presto, Alex!
Gi sapeva bene che cosa si proponeva Fiorina con le sue uscite straordinarie. Era una donna controllatrice alla quale non andava mai bene niente e intendeva vigilare come un falco le frequentazioni della figlioletta, non fidandosi nemmeno dei nonni. Anselmo la seguiva unicamente per quieto vivere. Nonna Gi non si sbagliava. Allo spioncino dietro la porta di casa, Gilda aveva visto entrambi, figlio e nuora dei suoi amici. Anselmo e sua moglie sapevano che Alex e Gi quella domenica erano in visita dai più cari amici perchè Fiorina non mancava di effettuare mille chiamate quando i suoceri tenevano la nipotina. E ora le era parso che quella visita durasse troppo più a lungo di quanto le pareva desiderabile. Erano arrivati con la scusante di un impegno improvviso e dovevano allora riportarsi subito a casa la figlioletta.
Alex e Gi avevano vestito la nipotina del cappottino in fretta e furia, per uscire di casa degli amici prima di subito per non dare tempo a Fiorina di sincerarsi delle frequentazioni troppo plebee di quei falliti dei suoceri. Ma per la nipotina era dura conformarsi. Non intendeva lasciare Manfredi e aveva preso a piangere e strillare come un'aquila, in braccio a nonno Alex.
-Non piangere, ti riportiamo un'altra volta- le diceva nonna Gi. -Mamma e papà sono arrivati.
Anselmo e Fiorina si trovavano ancora dietro l'uscio. Non bisognava dargli il tempo di entrare.
-Si, un'altra domenica ti riportiamo- aggiungeva nonno Alex.
-Manfediii...-urlava Natalina a più non posso.
-Dai, che domani si va allo zoo, ci sono tanti animali- cercava di distrarla nonna Gi.
-Ma che ha mia figlia che urla come una squilibrata, cosa le stavate combinando laddentro?- indagava Fiorina, prima nel pianerottolo e poi in ascensore.
-E cosa vuoi che le combinassimo? Mica ce la mangiavamo- aveva risposto nonno Alex, seccato. -Stava solo giocando e non voleva smettere, niente di che.
-Non mi dite che giocava con quel bimbo cencioso?- e Fiorina si agitava, scandalizzata come una marchesa innanzi a una baraccopoli. Fortunatamente non aveva fatto in tempo a vedere la figlioletta appiccicata al piccolo Manfredi perchè i nonni erano stati velocissimi, ma aveva scorto il nipotino di Gilda e Sandro affacciato all'uscio, dispiaciuto per quella interruzione, proprio quando aveva iniziato a divertirsi anche lui quanto Natalina.
-Fiorina, il nipotino della mia amica è un bambino bene educato. Non hai di che preoccuparti.
-Sarà, ma dove li avete, gli occhi? Sembra uno straccioncello. Non voglio che si avvicini più a mia figlia, chiaro? Non portatela più in quel postaccio immondo, se volete che la lasci ancora a voi.
-Quante cerimonie, ha parlato la granduchessa Fiorina- aveva sbuffato il marito, al quale non interessava minimamente la condizione sociale degli amici dei suoi genitori.
-Ma quanto sei ingenuo, quanto sei sempliciotto, Anselmo! Non lo sai che le frequentazioni giuste sono praticamente tutto, per migliorare nella vita? E vanno selezionate sin dalla nascita.
Fortunatamente Natalina s'era addormentata in braccio al nonno, cosicchè Fiorina non aveva avuto modo di indagare oltre. Avesse saputo che la figlioletta riteneva quel bimbo cencioso il suo fidanzatino, non avrebbe più permesso ai nonni paterni di vederla oltre le mura della loro casa. Alex e Gi, per amore della nipotina, avevano taciuto e ingoiato il rospo davanti alla villania della nuora. Quella notte avevano chiesto al figlio se li avesse lasciati dormire in casa sua. Volevano assicurarsi di riuscire a distrarre la nipotina affinchè non pensasse più al piccolo Manfredi per non scatenare le ire di Fiorina e portarla l'indomani davvero allo zoo, nuora permettendo. Anselmo non aveva nulla in contrario, anzi era felice di avere in casa due genitori come Alex e Gi, che tra l'altro, facevano questione di non pesargli mai e si premuravano di fargli una spesa prima di azzardarsi a cenare in casa sua. I nonni avevano potuto raggiungere il loro scopo e l'idea da allora doveva essere di farsi venire Gilda e Sandro con i nipotini a casa loro anzichè viceversa.
Gi omise le forti espressioni di sua nuora verso le condizioni socio-economiche dei suoi amici e soprattutto omise le offese di Fiorina a indirizzo del piccolo Manfredi.
-Portami a casa i tuoi nipotini la prossima domenica che Fiorina farà le grandi pulizie di casa, lasciandomi la bambina.
Purtroppo però quella fu l'ultima volta che le due amiche si videro, perchè la domenica successiva in cui avrebbero dovuto incontrarsi con i nipotini, Alex e Gi s'erano presi il covid del momento, che poco più tardi se li sarebbe portati via. Di conseguenza, nemmeno i bimbi poterono più incontrarsi. Natalina, la più piccina, dimenticò in fretta l'episodio e parve dimenticarsi pure dell'esistenza del bimbo che le aveva rubato il cuore a nemmeno cinque anni di età e di tutti gli altri di casa Palladini. Ma le rimase un inspiegabile senso di malessere per quella che non ricordava più trattarsi di una separazione forzata, che di quando in quando faceva capolino in certi sogni codificati sin dall'adolescenza, che si ripetevano anche in età adulta. E in certi atteggiamenti involontari all'insegna di una diffidenza estrema, dettati dallo stesso inspiegabile senso di malessere.

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(immagine Pixabay free, autore JonPauling, link https://pixabay.com/es/photos/ni%C3%B1a-sendero-para-caminar-ni%C3%B1o-5785590/)

Il bimbo mantenne il ricordo di Morgantina...pardón, Natalina, ben più a lungo, ma il passare del tempo cancellò infine pure la sua memoria in proposito. Gli rimase però un inspiegabile sentimento nostalgico, che si trascinò fino all'età adulta, senza che l'oramai ingegner Palladini avesse la più vaga idea a cosa si dovesse attribuire.

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(immagine Pixabay free, autore ArturSkoniecki, link https://pixabay.com/es/photos/chico-joven-retrato-rostro-ni%C3%B1o-5307219/)

L'unica a mantenere vividi ricordi fu invece Marina, più grande di dieci anni del fratellino. Ma non ne faceva parola in casa, men che meno con i nonni e con Manfredi, perchè il decesso di nonno Alex e nonna Gi a causa di quel malaugurato covid li aveva colpiti profondamente. Ricordare quel che per lei era stato un divertentissimo episodio con la loro nipotina, non poteva non rimandare con il pensiero ai suoi defunti nonni. Per nonno Sandro e nonna Gilda era stata una grave perdita: i loro migliori amici se n'erano andati per sempre e pur di risparmiargli dispiaceri risvegliati dai ricordi, Marina preferiva tacere.


La partita a scacchi stava volgendo ai finali. Sulla scacchiera erano rimasti una torre, due pedoni e naturalmente i due re. Re bianco e torre bianca di Gilda e re nero con due pedoni di Gi. Lo scacchista alle prime armi avrebbe giudicato Gilda in vantaggio per la presenza di un pezzo pesante come la torre, ma un maestro di scacchi saprebbe che re e torre contro re e fosse pure un solo pedone fa pendere l'ago della bilancia verso il secondo giocatore, quando quest'ultimo possiede una certa esperienza scacchistica.
-Se solo Manfredi e Natalina fossero più grandi...- disse Gilda, sorridendo.
-Cresceranno- rispose Gi con un guizzo scherzosamente malizioso nello sguardo. -Che ne dici allora di impepare questa partita? Se vinco io, il tuo nipotino dovrà sposare la mia.
-Ihh, qui si fa sul serio- rise Gilda. -Ci sto. Devi però dire alla tua nipotina, per quando cresce, di diventare un'insegnante.
-Per seguire le orme della nonna?
-Anche...ma il mio Manfredi ha un debole proprio per le insegnanti. Lo sai che vorrebbe sposare te perchè sai tante cose? E poi non mi va di perdere il mio sassolino verde...
Le due anziane si piegarono in due dal ridere, ma nonna Gi conosceva un caro vecchio detto secondo il quale le cose serie si dicono scherzando. Da brava discendente di ebrei, accarezzava per davvero l'idea di imparentarsi con la sua migliore amica, checchè argomentasse sua nuora Fiorina. E le doleva che tutti e tre i suoi nipoti maschi, figli di Armando e Adalberto, fossero dei gran pavoni rosi dalla superbia, perchè quanto a età, chiunque di loro poteva andare bene per Marina. Ma con quel loro caratteraccio che manifestavano con sempre più evidenza man mano che crescevano, aveva abbandonato l'idea di farli conoscere alla sua amica Gilda. Figurarsi se avessero mai messo piede in un quartiere di periferia, già che non mettevano più piede nemmeno a casa di zio Anselmo nè dei nonni paterni. Manfredi era invece un bravissimo bambino e le risultava che i bambini dal buon carattere già a sette anni, solitamente mantenevano la stessa indole da adulti, quando guidati a dovere. Gi teneva a sistemare bene la sua nipotina, ma anche i nipoti della migliore amica.
-E perchè mai sei così sicura di perdere?
-Figuriamoci, impossibile per me battere alla scacchiera la Monna Lisa di Leonardo da Vinci.
-E se sarà patta?
-Non credo. Ma allora sarà la tua nipotina a dover sposare il mio Manfredi- e giù nuovamente a scompisciarsi.
Gi sacrificò un pedone per permettere all'altro di mangiarsi in seguito la torre bianca e promuoversi a regina. Finalissimo con regina e re neri contro re bianco.
-Sassolino verde salvo- rise Gilda, sotto lo sguardo malizioso di Monna Lisa.

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(particolare da immagine Pixabay free, autore klimkin, link https://pixabay.com/es/photos/ajedrez-empe%C3%B1ar-rey-juego-reina-1483735/)

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