CONTEST - UNA STORIA ITALIANA

in Italy8 months ago (edited)

ROSSO, ROSSO, ROSSO, OVVERO LA VENDITRICE DI FUMO, IMPROBABILI VEICOLI E ALTRE DISCUTIBILI STORIE atto secondo: storie dal trentesimo secolo (racconto per la partecipazione al contest una storia italiana)
-Le assicuro, dottore, innanzi tutto, che si tratta di un sentimento assolutamente platonico- si affrettò a chiarire Natalina, ma il dottor Neri, per la verità, non si era minimamente scomposto nell'ascoltare una dichiarazione di tal fatta. Nella sua carriera di psichiatra e psicanalista ne aveva ascoltate e viste di tutti i colori. Al momento, i soli pazienti che si ritenevano automobili e altri veicoli a motore a più di quattro ruote, oltre a coloro che volevano diventare auto e la venditrice di fumo Nina, bastavano e avanzavano. Il dottor Neri poi sapeva che chiunque esposto a lungo a familiari e amici tossici, non avendo la possibilità di trovare altra sistemazione, prima o poi avrebbe sperimentato questo o quel disturbo a livello psichico. Nina e Paolino erano gli esempi più lampanti. E l'attuale paziente, come ben sapeva, aveva un cugino fuori di testa e un'amica che soffriva di maladaptive daydreaming. Essere la cugina del Matto dell'Orologio non doveva essere facile.
-E mi dica: perchè lo ama?- le chiese soltanto, con tutta la possibile premura.
-Dottore, ecco, vede...nessun umano, proprio nessuno, che mostrasse un sia pur minimo barlume di interesse per me, l'ho mai visto così gentile, attento e molto protettivo nei miei confronti senza al contempo essere mai invadente. Poi è altruista, anche se lo so, lo so, affermare che un robot è altruista non ha senso...ma lo è...
-Non se ne preoccupi. Prosegua pure.
-Sembra impossibile, ma...ha pure un senso dell'humor terribilmente intrigante. Poi è estremamente intelligente, anche se per forza di cose, dato che è una macchina. Una macchina meravigliosa che ha pure coraggio da vendere. Ok, non è umano, è una macchina, è una macchina, me lo ripeto millemila volte al giorno che è una macchina, ma non sortisce effetto...
-Si rassereni. Prosegua pure.
-...trovare in un solo uomo tante virtù tutte assieme e per di più che quest'uomo possa interessarsi seriamente a me è pura utopia, anzi, pura fantascienza.
-Perchè pensa questo?
-Esiste un antico proverbio, dottore, che recita: il buon giorno si vede dal primo mattino. E io ho già trentasette anni.
Natalina raccontò poi al dottor Neri delle sue dinamiche sociali sbagliate. Per quanto non paragonabili a quelle di Nina e Paolino, il dottor Neri ebbe modo di constatare, nel prosieguo della seduta, che anche nel caso di Natalina Granata c'era ben poco da scherzare. Oltre a essere la cugina del Matto dell'Orologio, come Bartolino Colombo era conosciuto in città, la povera ragazza aveva genitori un milione di volte peggiori del cugino, con l'aggravante che i due non avrebbero mai ammesso di avere bisogno dell'aiuto di uno psichiatra, psicanalista o per lo meno psicologo.
Tra tutti i cugini di Natalina, Bartolino era comunque l'unico a non averla mai snobbata. Il signor Anselmo aveva due fratelli che erano riusciti a sposare donne benestanti facendo leva unicamente sul loro bell'aspetto. E i loro figli dal naso all'insù avevano sempre guardato la cugina dall'alto in basso. Sin dall'adolescenza, poi, avevano del tutto interrotto i rapporti con parenti che consideravano troppo poveri per i loro gusti. Uno zio calzolaio e una zia casalinga non rientravano nei loro schemi, anche se le efficienti economie dei due coniugi li mantenevano tra i piccolo-borghesi. Ma ai tempi della scuola, essere una nerd piccolo-borghese e dunque non di classe media e men che meno benestante, non era troppo ben visto. Avere qualche antenato straniero proveniente da paesi non esattamente anglosassoni o teutonici e per di più qualche altro di origini ebraiche, non era troppo ben visto. Il suo piccolo gruppo, il trio storico di amiche, non era affatto ben visto. L'amica che soffriva di obesità e quella di origine latine non erano per nulla ben viste. I più scansafatiche tra i compagni di scuola le avevano affibbiato l'appellativo Naftalina. Natalina Naftalina. Per non parlare poi di qualche ragazzaccia che la costringeva a venire alle mani per difendersi e difendere le due amiche non in grado, che altrimenti portavano a casa contusioni tutte le volte. Con il benestare di certi insegnanti di turno che se ne infischiavano pure quando messi al corrente: non sia mai fare uno sgarbo alla figlia dell'architetto di grido o alla figlia del banchiere. Il che faceva infuriare la professoressa Barbieri, la docente di latino. In un ambiente del genere, Natalina aveva guadagnato l'immunità alle classiche cotte adolescenziali per il compagno di classe, perdendo invece la testa per Nikola Tesla. Più avanti, ai tempi di prima laurea, gli unici ragazzi che aveva conosciuto le ricordavano troppo i cugini snob da parte di padre. Ciononostante, con uno di loro particolarmente intellettuale che sembrava apprezzarla sul serio, sembrava stesse nascendo qualcosa di bello. Non fosse che però, Natalina scoprì trattarsi del classico mammone. Senza l'approvazione della genitrice, non era vero che muovesse un solo passo, per non parlare del fatto che nessuna donna poteva mai definirsi all'altezza della mamma. Dunque Natalina s'era stufata e a un certo punto aveva lasciato cadere quella parvenza di sparuta relazione, al sentirsi dire un brutto giorno che per mamma non vai bene. Tutti gli altri colleghi di Scienze Politiche conosciuti, pretendevano una donna che vantasse un minimo di seicentomila sul conto, peraltro affare non certo comune e corrente in città alle soglie del quarto millennio. E Natalina non aveva mai avuto la minima intenzione di perdere il sonno per qualsiasi arrampicatore sociale. Era una ragazza davvero carina, ma in città nel trentesimo secolo essere soltanto carina o comunque la bella di provincia, come si soleva dire, non bastava affatto. Bisognava essere benestante ed essere inserita nel circolo sociale giusto. In mancanza, servivano l'aspetto e l'altezza di una supermodella. In un'epoca priva di valori e virtù, essere alta solo 1,65 significava passare inosservata o peggio, poco degna di considerazione. Ma quella era la città, niente da fare.
Gli unici due pretendenti veri e propri erano degni di menzione unicamente per il fatto che grazie a loro era diventata pescetariana. Il primo, un perfetto sconosciuto che sia pure in assenza del benchè minimo incoraggiamento da parte di Natalina aveva attaccato bottone alla stazione degli autobus del quartiere universitario in cui era ubicata la facoltà di Scienze Politiche, viveva assieme a un coinquilino in una roulotte illegalmente. I due contavano al loro seguito più paturnie che capelli. E i capelli li avevano, eccome se li avevano. Campavano da nomadi, nella speranza che un brutto giorno la Municipale non li pizzicasse, non gli sequestrasse la roulotte e non li spedisse dunque a dormire sotto i ponti. Di mestiere, entrambi straccivendoli in nero. Non si sapeva bene se avessero terminato le scuole medie, ma molto probabilmente no. La loro igiene personale lasciava parecchio a desiderare, per non parlare dell'estremo disordine nel vestire, sul quale stendere un velo pietoso. Non certo il massimo dei massimi, non ovviamente per un'erudita universitaria, sia pure non di classe media e men che meno benestante, che allora come allora aspirava alla carriera accademica.
-Ma manco per una cassiera di un discount che conta appena su un diploma non professionalizzante e vive in un monolocale di malamorte, se per questo- diceva Olga, quando s'incrociavano nel quartiere universitario.
Il tipo era però insistente ai limiti dello stalking. Con il denaro degli stracci venduti intendeva aprire una salumeria e le proponeva di gestirla insieme. Non c'era verso di levarselo di torno e recarsi all'università e fare ritorno a casa servendosi degli autobus era diventato un vero incubo. Il fatto che la Municipale poi avesse ben presto pizzicato per davvero il duo, era stato una manna dal cielo per Natalina. Gli agenti avevano pure scoperto che i due risultavano privi del permesso di risiedere in città, il che alle soglie del quarto millennio li rendeva passibili di sanzioni amministrative. La roulotte venne sequestrata e Natalina era stata ben felice di non sentir più parlare nè di uno nè dell'altro dei suoi abitanti.
Il secondo pretendente era stato ben più ostico da eludere, trattandosi di un amico dei suoi genitori. Il macellaio presso cui la signora Fiorina aveva da qualche tempo a quella parte preso a rifornirsi di carne. Più largo che alto, dal girovita che nemmeno l'Equatore, due baffoni alla Bismark, l'incipiente calvizie e presumibilmente vicino alla sessantina. Il signor Anselmo, qualcuna di quelle volte che era andato a comprare la carne al posto della moglie, aveva avuto la dabbenaggine di mostrare una foto di famiglia al signor Felicino, il proprietario della macelleria. E da cosa era nata cosa. La macelleria di proprietà e bene avviata era difatti quanto annebbiava la vista dei coniugi Granata.
-Il signor Felicino, certo che ne ha fatti, di soldi!- esclamava entusiasta Fiorina, speranzosa della futura parentela.
-Già. La macelleria gli frutta bene- aggiungeva Anselmo. I due coniugi, solitamente litiganti peggio di cane e gatto, ecco che davanti alla questione del signor Felicino diventavano improvvisamente la coppia più affiatata di tutta la città.
Non che Natalina a novant'anni per gamba avesse la necessità di farsi orientare dai genitori in affari matrimoniali, ma l'atmosfera in casa non era delle migliori.
-Devi pensare al tuo avvenire- insistevano.
-E che sto facendo, se no?- dato che al momento stava già frequentando la LM telematica in Filologia, Letterature e Storia dell'Antichità.
-Il signor Felicino dice che gli insegnanti sono stati e saranno sempre precari.
-Precari d'accordo, dacchè non si entra più in ruolo senza concorsi pubblici appositi, ma disoccupati mai. Ma dove s'è mai visto un professore di lettere oppure anche di matematica disoccupato? Di filosofia, si che si rimane disoccupati, di biologia pure, a volte anche di storia e forse neanche poi così tanto, ma delle materie principali, presenti in qualsiasi scuola media e qualsiasi secondaria, che necessitano di più professori per coprire tutte le classi per parecchie ore a settimana, proprio mai. In seconda fascia chiamano sempre e pure via MAD.
-Via che?- faceva il signor Anselmo.
-E poi il signor Felicino ha soltanto la terza media. Che ne sa lu?
-Ma intanto il signor Felicino con la terza media s'è fatto strada, mentre tu stai ancora studiando che hai più di trent'anni. E anche quando insegnerai, non raggiungerai comunque mai la libertà finanziaria che un marito come quello ti potrà garantire. Ti toccherà fare sempre conti e conticini per arrivare a fine mese, come del resto fa la maggior parte degli insegnanti che non si sono sposati bene- sbuffava la signora Fiorina.
-E se vi dicessi che la sola indipendenza finanziaria vivendo molto modestamente e contando monetine mi basta e mi avanza? E se vi dicessi che non ho spazio per una relazione tra lavoro, studio, le domeniche in comunità con gli zii e qualche piccola attività sportiva, che anche quella è necessaria se non voglio ritrovarmi a sessant'anni, sempre che ci arrivi, peggio di una novantenne disabile?- rispondeva la figlia, seccata.
-Però per tuo cugino Bartolino e quell'amica lì, quella straniera, di tempo ne hai sempre.
-Se permettete, Bartolino è anche lui la mia famiglia e conosco Manola dai tempi delle medie. Se è cilena, ricordiamo che anche noi abbiamo influssi stranieri. E poi Manola è la sorella che non ho mai avuto. Il signor Felicino non è un mio familiare.
-Ma lo sarà se lo accetterai.
Neppure gli zii Gelsomina e Max riuscivano a fare ragionare i due coniugi. Quindi invitavano spesso la nipote a dormire da loro, data l'aria irrespirabile dai Granata. In quelle occasioni, Bartolino si sistemava a dormire sul divano in cucina per far posto alla cugina in camera sua, dato che la casa era piccolina. E ciononostante, quella cucina abitabile doveva fungere pure da atelier della sua mamma, che teneva corsi di taglio e cucito grazie ai quali era riuscita a mantenere se stessa e il figliolo senza intaccare troppo i loro poveri risparmi da quando le era morto il primo marito, il signor Matteo. Oppure, ben più volentieri, Bartolino e zio Max andavano al retrobottega del negozio d'antiquariato per dormire, per lasciare più libertà alle due donne. In precedenza, quando ancora non era sposato con Mina, quella era la casa di zio Max. Natalina allora riusciva a studiare e lavorare più serenamente, a casa della zia. Dati gli orari limitati della biblioteca, se non riusciva a terminare in fretta un programma di studio, non le restava che continuare a casa, ma con genitori come quelli che aveva, non sempre era possibile. Nè tantomeno era possibile dedicarsi alle sue amate arti grafiche tra una materia di studio e l'altra, a casa sua, date le frequenti interruzioni a causa dello stesso asfissiante motivo: il signor Felicino. Natalina aveva sempre amato disegnare, attività che non aveva mai smesso, una volta terminato lo scientifico. Una volta laureatasi in Scienze Politiche e sfumata la carriera nel campo della ricerca, dacchè si era data al telelavoro quale via d'uscita alla disoccupazione, affiancava al restante dei task la pubblicazione online delle sue piccole opere con un certo successo, ricavandone pure qualche soldo. Si trattava per lo più di disegni fatti al computer, spesso elaborando fotografie immagazzinate nell'archivio del suo cellulare. Per evitare spese di materiale fisico e di conseguenza ulteriori litigi in famiglia. Conservava però ancora una scatola di matite colorate acquerellabili dalla quinta liceo, che erano divenute oramai piccine picciò con l'uso. Un vero pittore non si sarebbe mai azzardato a utilizzarle, ma per Natalina erano sempre pur meglio di niente. Normalmente si trattava di disegni e fotografie raffiguranti elementi della natura. Ma quando qualcosa non andava per il verso giusto, il che accadeva piuttosto spesso, comparivano figure astratte, immagini frattali e di quando in quando, rappresentazioni allegoriche di disturbi psichiatrici. La questione dello straccivendolo e del signor Felicino figuravano tra le circostanze che andavano per il verso sbagliato ed ecco ricomparire qualche piccola opera grafica allegorica rappresentante un disturbo mentale. O alla meglio, astratta o frattale. Che si tingeva di rosso, rosso, rosso.

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Per una qual certa solidarietà filiale, o per meglio dire, per non veder più soffrire i genitori in preda all'ansia e ai dispiaceri, varie volte era stata sul punto di cedere e accettare il signor Felicino. Se non altro, dato che fino ad allora non era riuscita a dar loro chissà quali soddisfazioni a dispetto della rinuncia all'Accademia di Belle Arti nel timore di prendere una laurea ad altissimo tasso di disoccupazione, quantomeno gli avrebbe permesso di vivere sereni accettando quell'uomo. Glielo doveva. Anche se il solo pensiero di baciarlo le faceva venire la pelle d'oca. Natalina immaginava che dietro l'ansia dei genitori figurava il timore che avrebbe dovuto accollarsi il cugino nullafacente, una volta passati a miglior vita zia Mina e zio Max. Ed era lunga, data la loro costante sofferenza, farli aspettare di terminare tutto il nuovo percorso di studi più i CFU per dimostrargli che poteva farcela nella vita sia per sè che per Bartolino, senza minimamente aggrapparsi a un marito benestante.
-Ma scusi, non le pare di aver già sacrificato abbastanza per i suoi genitori?- la interrogò il dottor Neri, che fino ad allora l'aveva lasciata raccontare senza mai interrompere. -Capisco poi la questione di Bartolino, che è mio paziente e della collega Rossi, come ben sa. Ma con i suoi titoli, lei può ben chiedere il trasferimento in una scuola italiana all'estero per evitare grane con qualche tribunale che le imponga d'ufficio di accollarsi suo cugino. Che sarà pure ora che si svegli e si dia da fare, dopotutto. Per la miseria, Bartolino Colombo è un uomo adulto, non un bambino di quattro anni. Lei ha rinunciato all'Accademia di Belle Arti per ben due volte per non pesare troppo sui suoi. Perfino quando messa al corrente che la situazione lavorativa nell'insegnamento delle arti non è così tragica come le voci di corridoio di questa città fanno credere.
-Ma Lettere Moderne concede infinite possibilità in più, rispetto a qualsiasi altra laurea umanistica e artistica. Molto meno cara e ho potuto studiare via università telematica ogni materia, cosa che Belle Arti non rende possibile per forza di cose. Tra l'altro, sono pure venuta a sapere che senza il diploma di liceo artistico, la laurea in Belle Arti preclude l'insegnamento, purtroppo.
-Peccato, questo non lo sapevo- si stupì il dottor Neri.
-Avevo a suo tempo rinunciato pure al liceo artistico in favore dello scientifico, da adolescente, proprio per il timore infondato di un percorso di studi inutile a portare pane a casa.
-E lo vede, lo vede? Cos'altro intende sacrificare? L'intera esistenza, oltre alla carriera preferita? Questo è davvero inammissibile!
-Ma a dispetto della seconda scelta, ho amato davvero tanto Lettere moderne e la LM in Filologia e Storia dell'Antichità. Poi svariate materie, sia pure soltanto teoriche, sono in comune con una laurea artistica. E posso insegnare anche storia dell'arte con la mia seconda laurea. È una delle mie classi d'insegnamento.
-E va bene, d'accordo. Ma addirittura accettare di convolare a nozze con un uomo che non le si addice sotto alcun punto di vista, con il quale non ha il minimo interesse in comune, non le sembra di andare ben oltre la devozione filiale? Mi perdoni se glielo dico, ma non posso farne a meno: se i suoi genitori soffrono perchè non accetta un simile pesante fardello, si stanno comportando da emeriti egoisti e capricciosi più di un bimbo di scuola dell'infanzia. Oppure cosa credono, che oggi si sposa e subito all'indomani se ne esce come un filo di spaghetto, da una circostanza quale il matrimonio? Lo ritengono forse un gioco? E da professionista, le assicuro che vi è una bella differenza tra dimostrare devozione filiale e cedere ai capricci di un genitore immaturo. Perchè, mi scuso, non intendo offendere la sua famiglia, ma tendo a essere schietto con i miei pazienti. Essere genitori non vuol dire necessariamente avere raggiunto l'apice della maturità.
-Non si preoccupi, dottore, non ci offende minimamente. Comprendo. Me l'aveva detto anche lui. Anche se alla fine non avrei molto probabilmente ceduto, lui era stato decisivo e determinante per farmi desistere da una follia del genere.
-Lui chi?
-Vit...ehm, l'androide che amo. Non potevo non dirglielo. Quando ho un problema, mi ascolta sempre. E se può, me lo risolve. Santo cielo, questo è un altro dei motivi...vede...
-Non si preoccupi, vada avanti.
Natalina raccontò che da allora, complice peraltro il pessimo ricordo dell'uomo della roulotte, era diventata pescetariana, oramai arcistufa di carne. Specie se sotto forma di insaccati, che non poteva più nemmeno guardare. Specie se rossa, rossa, rossa, della quale diceva di non sopportare più nemmeno l'odore. Dunque, per forza di cose, portava a casa il pesce quando i genitori le chiedevano di passare dal signor Felicino a comprare la carne al posto loro. A dispetto di indispettirli. Specie mamma Fiorina, dato che bene o male il signor Anselmo, a dispetto dell'insistenza e delle sue ansie riguardo al nipote Bartolino, pure si disponeva ad accettare che la figlia prendesse decisioni indipendenti dai suoi desideri. A differenza della moglie, che non tollerava di venire contraddetta dai membri della famiglia, specie se più giovani di lei. Non tanto perchè la signora Fiorina poi fosse animata da puro autoritarismo, ma era oltremodo avvezza a far vincere le sue paure, aiutata in tal senso dalle personali sue esperienze di vita non proprio rosee. Ma c'era però da dire, spesso dovute a scelte sbagliate effettuate una di seguito all'altra. Era certa che Natalina prima o poi sarebbe finita sotto i ponti assieme a suo nipote Bartolino.
Vittorio, dopo averla supplicata in mille maniere di non cedere, aveva poi consigliato caldamente a Natalina di cambiare numero di telefono affinchè il signor Felicino non potesse più rintracciarla, consiglio diligentemente seguito. E neanche tempo dopo, per sommo sbalordimento della signora Fiorina, quest'ultima aveva trovato una efficiente e lustra pescheria al posto della macelleria. Dall'oggi al domani. Sembrava proprio che il signor Felicino fosse stato pizzicato dall'Agenzia delle Entrate, avendo evaso tasse per un buon numero di milioncini. Nessuno infatti diventava ricco gestendo una macelleria, sia pure di grandi dimensioni come la sua. Ultimamente nella Casa Comunale s'era in trattative per concedere sgravi fiscali ai piccoli commercianti al minuto, i più colpiti da un millennio da una tassazione vergognosa che non faceva che aggravare la loro condizione sotto la Grande Depressione, avendo i consiglieri comunali ricevuto una delle solite proposte degli ultimi anni, di quelle che non potevano proprio rifiutare. Quindi il fisco cittadino s'era proprio visto costretto a dare la caccia ai grandi evasori, quelli veri. Tra i quali proprio il signor Felicino, che faceva vita da nababbo tra ristoranti a cinque stelle, club esclusivi, auto costose che cambiava come i calzini e come si scoperse nel mentre, pure vizi di vario genere e specie. Era solo questione di tempo affinchè venisse pizzicato, date le novità. Una volta messo davanti all'evidenza, anche il signor Felicino, tanto quanto i consiglieri comunali, aveva ricevuto un'offerta che non aveva potuto davvero rifiutare: onde evitare la galera per evasione grave, bisognava che la sua macelleria levasse immediatamente le tende. Per poi riaprirla a dimensioni oltremodo ridotte, causa sanzione tributaria, in un quartiere disagiato di estrema periferia che l'amministrazione comunale intendeva bonificare perchè non poteva fare altrimenti, sempre a causa delle previe irrinunciabili proposte. Da allora, addio lussi di qualunque genere, per non parlare del bruciante dubbio sulla fine che avesse fatto Natalina. Che non vedeva più e non riusciva più a rintracciare per telefono. Riceveva sempre la solita risposta automatica del numero di telefono inesistente. E tutte le volte che faceva per recarsi al quartiere della sua antica macelleria, non sia mai incrociasse la signora Fiorina o il signor Anselmo, gli capitava perennemente un contrattempo a impedirglielo. C'era sempre qualche dimenticanza nel lavoro, nelle scritture contabili e qualche androide a rompergli le scatole. Oppure un umano particolarmente seccante, se possibile più dei robot. Sempre lo stesso e dal tempismo perfetto.
I disegni di Natalina, sia pure seguitando tinti di rosso, rosso, rosso, avevano allora iniziato a presentare temi nuovi: tecnologia, fantascienza e astronomia. Alcuni li regalava a Vittorio, preparandoli appositamente per lui, che apprezzava immensamente le arti. Soprattutto le arti della sua carissima amica. Uno dei disegni, il preferito di Natalina, era il risultato dell'elaborazione con un programma grafico della foto del suo pupazzetto preferito, che conservava sin da ragazzina: un piccolo astronauta di gomma, regalo del cugino Bartolino. Natalina lo aveva sistemato sulle zolle del pianeta rosso, rosso, rosso, presumibilmente Marte. O forse il pianeta rosso, rosso, rosso, di una galassia sconosciuta, lontana anni luce dalla Via Lattea, dato che sullo sfondo aveva aggiunto un altro pianeta rosso, rosso, rosso, piccolo, ma forse soltanto in apparenza. Il luogo ideale per la fuga dalla realtà.

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