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in Italy2 months ago (edited)

Un viaggio nel tempo...di Bartolino Colombo

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Ps.: il retrocasa di STORIE DAL TRENTESIMO SECOLO prosegue

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CLOCK - TRAVEL - THROUGH - TIME - MACHINE (l'immagine che partecipa al concorso è questa qui)

STORIE DAL TRENTESIMO SECOLO: IL RETROCASA II
Bartolino Colombo oramai sapeva bene che per somma disperazione di mamma Gelsomina e di Maximilian, il marito di quest'ultima, in città era conosciuto con l'appellativo Il Matto dell'Orologio. Ma che poteva farci? Non era mica colpa sua se a dispetto di tutti i suoi migliori sforzi non era ancora riuscito a intraprendere il suo agognato viaggio nel tempo. La macchina del tempo dei suoi sogni, niente da fare, aveva sempre le fattezze di un orologio gigante multidimensionale che si affacciava su un cielo splendidamente azzurro dalle splendenti e soffici nuvolette bianche. La qual cosa gli procurava frequenti visite psichiatriche, accompagnate da ricoveri periodici nell'ospedale cittadino. Ma che poteva farci? Mica era colpa sua, povero Bartolino. Non era nemmeno colpa sua se sua cugina Natalina rimediava sguardi e atteggiamenti infarciti di commiserazione da parte del cittadino medio, dato che risultava parente stretta del Matto dell'Orologio. Tra l'altro, dato che pure la sua cara cugina, ai bei tempi in cui poteva ancora permettersi visite specialistiche, prenotava regolarmente presso il dottor Neri e quando questi non era in ambulatorio, si faceva visitare pure dal professor Heinz, con tutta evidenza non se la passava troppo bene nemmeno lei. Ma la cosa più incredibile non era neppure questa: forse la cosa più incredibile stava nel fatto che mentre Bartolino smaniava per viaggiare nel futuro, sua cugina avrebbe dato una gamba per tornare indietro nel passato. Gli diceva di avere sbagliato università nello studiare Scienze Politiche anzichè Lettere. O forse, meglio ancora, Scienze della Formazione Primaria. In tale ultimo caso avrebbe lavorato con i bambini, si sperava ben più gestibili dei ragazzini delle medie e degli adolescenti delle secondarie. Sempre a patto di non scegliere scuole ubicate nelle periferie più malfamate o peggio, nel quartiere del carecere. E avrebbe lavorato pure con i piccolini della scuola dell'infanzia, senza nemmeno bisogno dei CFU, d'obbligo soltanto per insegnare dalla prima media in poi. Per quanto faticoso, i piccolissimi dai tre ai sei anni, troppo teneri e i meno problematici in assoluto e sarebbe stata felice di lavorarci. Ma oramai tant'era. La frittata oramai era fatta e Natalina aveva avuto timore di accettare l'offerta di suo padre di pagarle i CFU, che costavano purtroppo quattromila. Temeva che suo padre gettasse alle ortiche una bella fetta dei risparmi di una vita perchè Scienze Politiche non godeva certo delle garanzie di essere chiamati via MAD e meglio ancora GPS e graduatorie di istituto accordate ai laureati in Lettere. E così la cugina di Bartolino s'era ritrovata a lavorare a malapena online, tirando su quattro spicci al mese quando andava bene. Ma forse, la cosa più incredibile non era neppure questa. La cosa più incredibile stava forse in un volumetto dalla copertina grigia metallica che ultimamente si ostinava a circolare nel reparto psichiatrico, finito non si sa come tra le mani di Bartolino durante il suo ultimo ricovero. Un volumetto dal titolo STORIE DAL TRENTESIMO SECOLO. Ah, l'autrice, una certa Milady, si che era davvero fortunella: perchè a differenza di lui, a viaggiare nel tempo c'era riuscita e di ben oltre novecento anni avanti, a quanto poteva constatare! Altrimenti non si capiva come una oscura scrittrice vissuta a cavallo tra il ventesimo e il ventunesimo secolo sapesse vita, morte e miracoli di parecchi residenti della sua città alle soglie del quarto millennio. Lui compreso. Certo, vero era che la vita di sua cugina lì sopra risultava parecchio romanzata, ma si sapeva bene che gli avvenimenti a certe distanze si travisano. Natalina, tanto quanto il cittadino medio, era la classica figlia unica dai genitori in età parecchio avanzata. Non aveva mai insegnato latino e letteratura italiana da nessuna parte. Gliel'aveva detto, che con una laurea in Scienze Politiche e senza i CFU non si può. E no, non gli risultava fosse alta 1,65, neppure nei suoi sogni più sfrenati. Ai bei tempi di gioventù poteva essere arrivata a misurare 1,55, ma dopo i trent'anni aveva iniziato a perdere quota. Come succedeva ai più in città, del resto. Comunque, snella lo era davvero, ma non potendosi permettere economicamente di praticare alcuna attività sportiva, a parte le frequenti uscite in bicicletta quando non pioveva, quando non c'erano altre intemperie nè gelide giornate invernali e non potendosi permettere economicamente neppure un minimo di cura per il suo aspetto, i suoi lineamenti e il suo fisico, sia pure niente affatto brutti, apparivano alquanto appassiti. Come quelli del cugino Bartolino, del resto. Come quelli cittadino medio. E no, sua cugina neppure si trovava a un passo dal sistemarsi con l'uomo dei suoi sogni, come gli ultimi capitoli della prima parte del volumetto davano a intendere. Forse l'autrice se ne rendeva pure conto, dato che terminata la prima parte del volumetto, seguivano pagine bianche, bianche, bianche. Per meglio dire, la cugina di Bartolino aveva davvero trovato marito ultimamente, ma la sua vita matrimoniale risultava tutt'altro che idilliaca. Innanzi tutto, la cara parente e suo marito non potevano vivere insieme. A parte l'impossibilità economica di mantenere un appartamento, ciascuno dei due si trovava gravato da circostanze avverse per la presenza di quattro familiari disabili: i fratelli più giovani del cugino acquisito e gli zii Anselmo e Fiorina. Quest'ultima era stata colpita dall'oggi al domani da un fortissimo ictus che l'aveva paralizzata dal collo in giù, mentre il Parkinson del quale zio Anselmo già soffriva da anni, si era aggravato al punto da costringerlo a smettere di lavorare. Si sapeva: il lavoro di un calzolaio richiede forza fisica non indifferente, non certo prerogativa di un paziente affetto da morbo di Parkinson già in stadio intermedio. Impossibile per la cugina lasciare la casa paterna, nello stato in cui gli zii versavano. Certo, il cugino acquisito avrebbe magari ben potuto smammare da casa di sua sorella maggiore, come rilevava mamma Gelsomina, dato che i ragazzi disabili non erano affatto scoperti. Vivevano anche loro con la famiglia della sorella. E il marito della nipote, la coppia della quale viveva anch'essa con i genitori di lei, faceva da badante ai due zii disabili, lavorando soltanto nei mesi estivi, periodo in cui gli altri familiari si alternavano nelle ferie. Certo, i due ragazzi disabili si trovavano completamente a carico dei loro parenti, data la scomparsa di qualunque genere di pensione, comprese disabilità e accompagnamento, per i non statali da oltre nove secoli. E il cugino acquisito di Bartolino era soltanto un operaio, per quanto specializzato e qualificato. Non percepiva dunque certo lo stipendio di un ingegnere come figurava nel volumetto, anche se era davvero laureato in ingegneria e vantava due specializzazioni. Ragione per cui la cugina di Bartolino non contava sul benchè minimo aiuto economico da parte di suo marito, che portava tutto lo stipendio a casa di sua sorella e suo cognato anzichè a lei. Cosa riguardo alla quale mamma Gelsomina non concordava affatto e criticava pesantemente tale attitudine. Ora, l'anziana signora rilevava che la sorella maggiore del marito di sua nipote godeva di uno stipendio da urlo, poichè lavorava come truccatrice di teatro da oltre trent'anni e contava pure su di un giro di clienti personale al di fuori dell'impiego ufficiale. Era riuscita a inserirsi nei circoli giusti sin da quando era ancora soltanto una studentessa stagista e ora era ricercatissima. Vero era che il marito di costei non era messo bene quanto la consorte, trattandosi di un muratore e presto o tardi avrebbe riempito le fila di tutti coloro che alla terza età si ritrovavano senza lavoro e senza pensione perchè non più in grado di svolgere attività che risultavano pericolose, una volta sfiorita la giovinezza. Circostanza oramai ordinaria amministrazione da oltre nove secoli. Ma quantomeno contava su decenni di onorata carriera che gli consentivano il massimo dello stipendio di categoria. Impossibile che durante i tempi buoni non fossero riusciti dunque a mettere via un sostanzioso gruzzolo per la terza e e pure quarta età e qualora avessero scialacquato fino all'ultimo centesimo, non avrebbero certo dovuto appoggiarsi al fratello, impedendogli qualsiasi genere di vita con la moglie appena sposata. I due avevano pure una figlia laureata, un'unica figlia che era riuscita a crearsi una discreta posizione. Il genero aveva un diploma di alberghiero e nei tre mesi estivi che lavorava non era affatto mal pagato, sia pure costretto a orari folli e zero giorni liberi, come del resto avveniva a tutt'allora nel settore turistico. Non avevano pertanto affatto bisogno dello stipendio per intero di un quinto familiare. Il giusto e doveroso contributo alle spese di casa, dato che abitava con loro, ci stava tutto. Gelsomina non era nemmeno contraria alla sua parte per il sostegno ai fratelli disabili, in proporzione allo stipendio di ciascuno di loro, ma dare via tutto anche no. Anche no. Il cugino acquisito di Bartolino se la cavava altrettanto egregiamente del cognato in fatto di lavoro e stipendio, il che mandava mamma Gelsomina su tutte le furie. Pur non trattandosi dello stipendio di un ingegnere, ben poteva aiutare finanziariamente sua nipote, anzichè seguitare a edificare la casa di sua sorella e sua cognato. Specie considerato che senza oramai più lo stipendio di Anselmo, la famiglia di origine di Natalina stava intaccando tutti i risparmi che gli restavano. Fino a quando fossero durati. Almeno la metà di quanto era loro rimasto dopo l'ultimo famigerato covid, quando lo stipendio di un calzolaio, sia pure a fronte del massimo di anzianità, non bastava più affatto per mantenere sia pure mediocremente tre persone, complici le folli spese condominiali di uno stabile antiquato ed energivoro, se n'era andato per l'acquisto indispensabile di due letti ortopedici e altrettanti materassi antidecubito. Avendo preso in anticipo anche quello di Anselmo, sia pure non ancora allettato, perchè Natalina aveva il timore che nell'attesa avrebbero consumato tutti i risparmi e di non riuscire poi quindi a comprare un dispositivo medico indispensabile per suo padre, lasciandolo a soffrire le pene di Lazzaro. Ma ben presto si sarebbero per forza di cose mangiati tutto quanto, trattandosi degli unici denari dei quali disponevano per vivere. La pensione derivanti da antichi contributi volontari da casalinga di Fiorina, unica eccezione alla tabula rasa previdenziale al di fuori delle pensioni statali, era troppo ridicola. Sedici e rotti al mese, che bastavano a malapena per quattro chili di riso, sempre e quando non fosse aumentato ulteriormente anche quello. Natalina, che quando lavorava online riusciva a malapena e non tutti i mesi a tirare su l'equivalente della bolletta dell'acqua per uno, sin dall'ictus di sua madre aveva dovuto smettere del tutto qualsiasi attività per diventare caregiver full-time, diurna e notturna, dal primo di gennaio all'ultimo di dicembre. Come del resto la quasi totalità dei figli unici in città alle soglie del quarto millennio che non potessero permettersi aiuti esterni. Bartolino avrebbe voluto portare a vivere cugina e zii con la sua famiglia, ma mamma Gelsomina, per quanto di buon cuore, allegava che la loro casa era troppo piccina. Già vi stavano a malapena in tre, figurarsi in sei, tra i quali due disabili gravissimi. Max però affermava che prima o poi avrebbero dovuto accoglierli tra loro perchè ben presto i risparmi gli sarebbero terminati. Oramai non gli restava altro che qualche decina di migliaia, poco più o poco meno. Quanto potevano durargli, considerato poi che i denari se ne andavano come la paglia a causa dei farmaci per Anselmo e Fiorina? E Natalina oramai trascurava la sua, di salute. Non potevano permettere che i loro cari parenti finissero sotto i ponti. Gelsomina, in lacrime, affermava che non sarebbero arrivati a tanto perchè era certa che sua sorella non sarebbe arrivata alla fine dell'anno. Allora la nipote avrebbe potuto trovarsi un lavoro per mantenere se stessa e il povero babbo. Max le rispondeva tristemente di non illudersi. Un ictus, per quanto fortemente invalidante come quello che aveva colpito Fiorina, non uccideva più da parecchi secoli e a sua cognata avrebbero spettato finanche decenni in tale deplorevole stato. Quand'anche, una volta che si aggravasse ulteriormente il Parkinson di Anselmo, impossibile per sua nipote lavorare fuori casa, con il padre allettato. Sempre e quando qualche azienda si fosse degnata di assumere una laureata in Scienze Politiche che per giunta aveva oltrepassato i ventiquattro anni di età da ere geologiche, oramai. Affare più fantascientifico che utopico. E qui Bartolino vedeva sua madre inalberarsi una volta di più a causa del comportamento del nipote acquisito e voleva ben vedere cosa avrebbe fatto, una volta che sua cugina e i suoi zii fossero rimasti completamente al verde o peggio, con i conti in profondo rosso. Cosa che ovviamente si sarebbe verificata ben presto, tra spese mediche, bollette, condominio, tasse, i miseri cinque al mese per mantenere il numero di telefono e l'indispensabile abbonamento autobus della nipote per la spola tra il suo quartiere, le farmacie e gli hard discount per le strettissimamente indispensabili spese di casa e dove trovarci pessimi alimenti a prezzi stracciati, quando uno degli zii o il cugino Bartolino si presentavano per permettere a Natalina di uscire. L'idea iniziale era di sistemare Max e Bartolino nelle stanze abitabili retrostanti il negozio di antiquariato, per fare spazio in casa alla famiglia di Anselmo. Gelsomina avrebbe condiviso la camera da letto con la nipote, restando nell'appartamento per dare una mano, mentre in quella di Bartolino ci avrebbero messo Anselmo e Fiorina, pure che un malato di Parkinson avrebbe avuto bisogno di tranquillità e quindi uno spazio tutto suo perchè sua moglie, a dispetto dell'ictus che l'aveva ridotta praticamente a un vegetale, non mancava di gridare frequentemente. Oramai non era più in grado di articolare parole di senso compiuto, ma i familiari che la conoscevano bene sapevano che non aveva affatto perduto il suo carattere infernale. Ma la casa di Gelsomina era quella che era e non la si poteva certo allargare spingendo le pareti. Purtroppo però Maximilian si stava vedendo costretto a vendere la sua amata attività che generazioni prima di lui avevano portato dignitosamente avanti e ritirarsi. Con tutti gli spazi del retro, peraltro non strutturalmente separabili dal negozio di antiquariato. La partita IVA, i contributi INPS, INAIL, Camera di Commercio, gli onorari del commercialista sia pure a prezzo amico e i sempre più nuovi adempimenti burocratici e fiscali che il comune cittadino instancabilmente si studiava allo scopo di strozzare la piccola e media impresa dietro comando delle multinazionali infami, lo stavano ammazzando. Ma non gli sarebbe rimasto altro da fare se non accogliere i casa la famiglia della cognata. E mica si poteva lasciarli finire sotto i ponti! Con l'aiuto del suo commercialista di fiducia li avrebbe aiutati a vendere la loro catapecchia, che dalla vendita quantomeno tre decine di migliaia, soldo più, soldo meno, gli sarebbero rimasti e si sarebbero trasferiti da loro. Pazienza, avrebbero vissuto in sei in un appartamento già stretto per tre, ma Max era sicurissimo che avrebbero risparmiato parecchio, per non parlare del fatto che la vita della nipote sarebbe di gran lunga migliorata. A causa dell'inferno che stava passando, per forza di cose stava cadendo in depressione, una depressione che andava peggiorando man mano che il tempo passava e Natalina non vedeva alcuna luce in fondo al tunnel, forse aggravata da un matrimonio che non le aveva accordato un minimo miglioramento di vita, ma non poteva nemmeno curarsi per mancanza di disponibilità economiche. Con l'aggravante del carattere infernale di Fiorina, che pur quando taceva, lanciava in continuazione sguardi di aperto rimprovero sia alla figlia che al marito. Quest'ultimo, sempre più spesso seduto in camera sul suo letto ortopedico, si provava a ignorarla girandole le spalle e accendendo la radio, fino a quando le urla della moglie non superavano le parole e i suoni che uscivano dall'apparecchio. Vivere con gli zii e l'amato cugino, al quale era affezionatissima, avrebbe fatto la differenza nella vita di Natalina, che avrebbe avuto chi le desse il cambio nel suo compito di caregiver a tempo pieno, diurna e notturna. Per non parlare del supporto emotivo che a quanto pareva, il marito non le dava. Ma come avrebbe potuto, non vivendo assieme, si domandava Max. Sempre le solite scuse, ribatteva Mina. La verità era che la famiglia di origine del nipote acquisito non assorbiva soltanto il suo stipendio per intero, ma anche le attenzioni del congiunto, il pochissimo tempo libero e le energie che gli restavano dopo gli straordinari in fabbrica che avvenivano un giorno si e l'altro pure. Se soltanto sua nipote avesse avuto un marito come si doveva, tali discorsi non avrebbero neppure avuto ragione d'essere. Una volta che sua sorella e Anselmo si fossero trasfeiriti da loro, sarebbe stato suo precipuo dovere, come minimo, di darle una casa. Non poteva ammettere che un uomo sposato vivesse ancora con la famiglia di sua sorella. Anzi, al momento avrebbe quantomeno dovuto trasferirsi dalla nipote per darle tutto il doveroso supporto e piantarla di portare tutto lo stipendio alla famiglia di origine. Max allegava allora la questione dei due fratelli disabili. Forse era davvero necessario supportarli fino al punto di giocarsi tutto lo stipendio. Troppo buono, all'eccesso, il povero Maximilian. Mina lo avvertiva di non peccare di ingenuità. Così fosse, allora non avrebbe dovuto sposare Natalina. La sorella del marito della nipote contava su uno stipendio altissimo, tra il teatro e i clienti personali. Il cognato percepiva il massimo di categoria, la figlia dei due viveva coi genitori e un'entrata niente affatto misera, considerato che non doveva pagare alcun affitto, la portava a casa pure lei. Qualcosa in estate la guadagnava pure il marito di quest'ultima e non poco, quando non faceva da badante agli zii acquisiti, quindi, date le entrate in quella casa, dello stipendio per intero di un altro familiare non avevano affatto bisogno. Se poi l'avessero pure piantata di adottare o comprare cani, gatti e roditori in quantità, dato che la risultava che la casa della sorella del marito di Natalina s'era trasformata poco alla volta in una specie di zoo, avrebbero affrontato molte meno spese. In tutta coscienza, se proprio desideravano uno zoo comunale in una casa di civile abitazione, si fossero almeno responsabilizzati per conto proprio riguardo alle relative spese veterinarie, alimentari, annessi e connessi, mostrando sufficiente garbatezza di permettere al loro congiunto di vivere. Ma loro provenivano da un'altra cultura, una diversa cultura, tentava di giustificarli Max. Non erano del tutto italiani. La famiglia del nipote acquisito di Gelsomina vantava origini in gran parte balcaniche. Da quelle parti, si sapeva bene, la famiglia di origine del marito veniva sempre per prima. Ah, Mina lo sapeva benissimo, eccome, se lo sapeva! Bella e geniale cultura, la loro! Sua nipote non avrebbe mai dovuto sposarsi così malamente. Bell'affare aveva concluso Natalina. Perfino Bartolino, pure avendoci perennemente la testa tra le nuvole, ricordava che il giorno del matrimonio della cugina, usciti dal comune e riportata Natalina a casa con l'auto del marito della cognata, il novello sposo non era neppure salito di sopra per informarsi della salute dei suoceri. Se mamma Gelsomina non fosse rimasta a casa di sua sorella, Natalina neanche avrebbe potuto uscire di casa per andarsi a sposare. Max allora rispondeva alla moglie che era stato meglio così perchè Fiorina e Anselmo non avevano a tutt'allora idea che la figlia s'era sposata. Ma avrebbe dovuto salire per farle almeno un po' di compagnia ed esserle di conforto. Caspita, l'aveva appena sposata! Mica doveva per forza comunicare il grande evento ai suoceri. Natalina aveva semplicemente indossato i pochi abiti buoni della domenica che le restavano, per andarsi a sposare e dunque i genitori, mal che andasse, non avrebbero potuto sospettare nulla. Avrebbero creduto che fossero ancora soltanto fidanzati. Sia pure in caso di migliori premesse, denari per qualcosa che somigliasse il più possibile a un abito da sposa non ve n'erano di certo. A parte che molto probabilmente in casa si sarebbe incontrato soltanto con zia Mina e Bartolino, dato che la domenica Anselmo se la passava pressochè in camera ad ascoltare le cronache scacchistiche alla radio, anche se di scacchi non capiva una mazza, a differenza di sua madre. Per fortuna che le cronache scacchistiche sembravano piacere pure a Fiorina o quantomeno non la incomodavano, dato che non cacciava le solite urla a pochi minuti dall'accensione dell'apparecchio. Sembrava però che il marito della cognata di Natalina avesse avuto bisogno di riportare subito la macchina a casa, per qualche impegno che aveva con la moglie nel pomeriggio, rispondeva Max. Lui si trovava con la sua macchina dietro la loro perchè l'unico ad avere potuto partecipare alla cerimonia civile. Qualcuno doveva stare in casa con Anselmo e Fiorina e Gelsomina, che vedeva nuvolazze grigie all'orizzonte, aveva preferito che Max, di natura ottimista, presenziasse al posto suo. Bartolino, particolarmente eccentrico giusto in quei giorni per farsi vivo a cerimonie ufficiali, era rimasto vicino alla mamma. Ma si, certo, tutte le scuse erano buone, sibilava Mina. Un fratello che si sposa non è mai un buon motivo per rimandare quale che fosse l'impegno che avessero. E un uomo che ama davvero sua moglie, figurarsi, non si sarebbe scomodato piuttosto a prendere un autobus, anche se la domenica in città gli autobus si facevano vivi ogni morte di papa. Di più: possibile che sua nipote non dovesse mai, proprio mai, vedere un soldo dal marito, specie considerate le miserabili condizioni in cui viveva con i genitori? Condizioni che lui conosceva benissimo. Per nulla ottimista, Mina scommetteva che una volta rimasta in rosso la famiglia di sua sorella, si sarebbe dimenticato pure dell'esistenza di una donna che per la di lui cultura non soltanto sarebbe stata sempre seconda rispetto alla sua famiglia di origine, bene al di sotto di loro, ma pure seconda rispetto allo zoo di quest'ultima. Non avrebbe mai dovuto sposarlo. Ma Max non riusciva proprio a vederci così nero. Chiedeva allora a Mina se per caso non ritenesse più accettabile che sua nipote convolasse a nozze con lo spaventapasseri che Fiorina e Anselmo desideravano per genero. No, ovvio che no. Come poteva pensare Max a un'aberrazione del genere? Però Mina sapeva che, ancora prima di fidanzarsi con Natalina, il nipote acquisito la difendeva dalle pretese del tale farabutto. Ma si, glielo riconosceva. Però tra la riconoscenza e il matrimonio ne passava di acqua sotto i ponti. Ma no, rispondeva Max, che non credeva affatto che la nipote l'avesse sposato per mera gratitudine, figurarsi, riconosceva che per uno come lui non soltanto la nipote ci avrebbe perso la testa, ma oltre a una donna su due. E si, Mina se ne rendeva conto, ma date le premesse, affermava che ritrovarsi soli sia pure in coppia costituiva condizione peggiore della solitudine da single.
Forse la cugina di Bartolino, pensava quest'ultimo in seguito a discussioni del genere, non aveva tutti i torti a preferire un viaggio nel tempo nel passato anzichè nel futuro, dato che a sentir sua madre, le prospettive future della sua cara parente non apparivano troppo rosee. Chissà se dietro alla moltitudine di pagine bianche, bianche, bianche di STORIE DAL TRENTESIMO SECOLO si raccontava la storia vera di sua cugina. Purtroppo, trovandosi una seconda copia in mano al paziente Paolino Meis che urlava come un ossesso per non si sapeva bene cosa ci stesse trovando di tanto agghiacciante, la qual cosa aveva fatto scattare l'allarme tra il personale infermieristico, nella foga del momento un'infermiera gli aveva sottratto quella che aveva in mano lui. Poco male. Ora che l'avevano dimesso, poteva cercarne un esemplare nelle librerie della città. Chissà se vi avrebbe trovato indicazioni sui viaggi nel tempo, dato che l'autrice c'era riuscita, a intraprenderli. Sperava che quest'ultima fosse abbastanza generosa da condividere una scoperta di tale importanza. Bartolino si sentiva generoso al punto che qualora si permettesse un unico viaggio nel tempo, lo avrebbe regalato alla cugina per offrirle la possibilità di correggere il suo errore universitario del passato e in base a tanto migliorare il suo futuro, cioè l'attuale presente...

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