CONTEST - UNA STORIA ITALIANA

in Italy8 months ago (edited)

SFILATA DI BELLEZZA CANINA, IMPROBABILI VEICOLI E ALTRE DISCUTIBILI STORIE ovvero l'ospedale più pazzo d'Italia atto secondo: storie dal trentesimo secolo (racconto per la partecipazione al contest una storia italiana)
Il reparto di psichiatria aveva acquisito alcuni letti ortopedici per i pazienti che ne avevano necessità e piumini bianchi, bianchi, bianchi per l'autunno inoltrato, l'inverno o comunque qualsiasi stagione fredda. Erano avanzati un letto e un piumino, che gli OSS avevano sistemato in una stanzetta vuota, tranne che per la presenza di un piccolo sgabello di legno. La stanzetta fungeva da deposito di riserva.


Il dottor Neri stentava a credere alle sue orecchie. Eppure, tant'era. Il professor Heinz, intorno ai 45 anni di età, era già un'eminenza in campo psichiatrico e psicanalitico, in procinto di diventare un premio nobel. Di origine tedesca, era cresciuto tra l'Austria, la Francia e l'Italia per via del lavoro dei genitori, un direttore d'orchestra e una concertista richiestissimi in parecchi conservatori nel centro e sud Europa. Si era laureato in medicina in Francia, specializzandosi in psichiatria in Italia e in psicanalisi freudiana in Austria. Aveva già lavorato sia in Francia che in Germania, il suo paese di origine, che in Austria e tenuto molte conferenze in giro per il mondo, quando aveva preso un incarico nell'ospedale cittadino in cui si trovava attualmente con l'abnegante intenzione di risollevare le sorti di quello che nei quindici anni precedenti era considerato un reparto dalle gambe all'aria. Il prestigio dell'ospedale cittadino era considerevolmente cresciuto grazie alla sua presenza inizialmente come medico psichiatra e psicanalista, poi come dirigente di primo livello e infine da primario. Ma non aveva fatto ancora in tempo a installarcisi per bene, che grazie alla sua fama gli era pervenuta una proposta oltremodo eccentrica e peculiare da un'affermata ditta, allora di proprietà del comune. Il Presidente della struttura aveva aperto la sezione robotica e intendeva implementare un rilevante upgrade sugli androidi di punta della ditta. Soprattutto in uno, quello che abitava l'unità operativa chiamata Cervello, che mandava aventi l'apparato e dalla quale dipendeva tutta l'azienda e non soltanto. E sperava che grazie al suo immenso sapere, lo psichiatra Albert Heinz fungesse da ideologo per il software della personalità e delle attitudini dei migliori robot. Soprattutto dell'androide Vittorio, l'abitante del Cervello. Avrebbe collaborato con l'allora team di ingegneri dell'automazione del Presidente, supervisionati da un certo Calogero Gargiulo. Incuriosito oltre ogni dire, lo specialista aveva accettato con entusiasmo. Ma essendo nuovo in città e più che altro avvezzo alla Mitteleuropa, avendo trascorso praticamente soltanto sui libri e i laboratori quasi tutto il suo tempo della specializzazione italiana in psichiatria, non ne conosceva l'andazzo. Il dottor Heinz era però sempre stato di pronta intelligenza e intuito fino: si era dunque accorto ben presto della corruzione che regnava in ditta e per esteso, nel Consiglio Comunale. L'esercito di robot che sulla carta avrebbe dovuto alleviare i fardelli della comunità cittadina, si sarebbe invece rivolto contro diritti e interessi dei malcapitati residenti, da usare e gettare a capriccio delle classi elitarie ancor più di quanto non lo fosse già in un'epoca in cui l'alienazione umana era data per scontata. L'esimio medico si era ritrovato dunque in una posizione a dir poco incresciosa e pantanosa: se abbandonare l'incarico poteva sembrare la decisione più etica, in realtà lo sarebbe stato meramente in apparenza. Tanto avrebbe significato che un altro professionista, con tutta probabilità senza scrupoli, prendesse il suo posto e allora la popolazione della città sarebbe stata perduta. Lo psichiatra aveva allora optato per fare il doppiogiochista. La sua formazione e la cultura immensa glielo permettevano. Sicuramente, il Presidente e il suo entourage dovevano aver pensato di trovarsi davanti a un uomo pieno di sè, superbo oltre ogni dire. Non era raro alle soglie del quarto millennio e non soltanto, che uno scienziato di fama internazionale che come lui parlava quattro lingue a livello nativo si reputasse una divinità in terra. Ma Albert Heinz, a dispetto di cultura, titoli e fama, era sempre stato un uomo umile di cuore. Sapeva che ogni successo ottenuto sulla terra lo doveva al Signore lassù. Non l'aveva deciso lui di nascere in una famiglia abbiente, di elevato status socio-culturale, la qual cosa gli aveva ovviamente spianato la strada durante tutto il percorso di studi. Ora, quel che andava fatto, era elaborare linee direttive che impedissero ai robot di danneggiare i dipendenti della ditta e pure la popolazione della città. Aveva studiato la psiche di Gargiulo e del suo team, imbattendosi in quanto di più inaffidabile si potesse concepire, soprattutto nel primo. Oltre che estremamente inaffidabile, Gargiulo era pure un uomo invidioso e rancoroso oltre ogni dire e l'androide Vittorio, se lasciato nelle sue mani, poteva far danni incommensurabili. Lo specialista aveva comunque altri grossi vantaggi su di lui, oltre a leggerlo come un libro aperto: l'intuito gli diceva che non fosse neppure un gran che di ingegnere, date le tempistiche impiegate per qualsiasi task. Svolgendo ricerche su di lui, aveva scoperto che era stato un pessimo studente. Perennemente fuori corso, sia pur non lavorando mentre studiava, dato che non ne aveva affatto bisogno, aveva collezionato un'infinità di bocciature e voti minimi. Neppure alla LM si era dunque mai iscritto, restando fermo alla triennale. Ma poichè Gargiulo era figlio di paparino, il solo cognome gli aveva aperto le porte per il lavoro di capo ingegnere della sezione robotica nella ditta. Albert Heinz non aveva mai visto nulla di simile in nessuno degli altri paesi in cui aveva vissuto, madrepatria compresa. La patente incompetenza incensata per via dei lacci di sangue. Se non altro, tale incompetenza gli faceva oltremodo comodo, poichè gli anni trascorrevano e Gargiulo non concludeva chissà che, a parte intralciare il lavoro dello psichiatra. Ne risultavano blocchi alla rete neuronale artificiale di Vittorio e al chip della personalità e attitudini corrette, amanti del dovere, del senso pratico e contemporaneamente della cortesia e gentilezza ideati dal dottor Heinz. Comunque fosse, i lavori non risultavano mai ultimati e soggetti a una sorta di tacito tiro alla fune tra Heinz e Gargiulo, del quale soltanto lo psichiatra aveva del tutto contezza. Se la struttura degli androidi era comunque perfetta, se così si può dire, non lo si doveva comunque di certo a Gargiulo e al suo team, composto di ingegneri non un gran che migliori di lui. Erano semmai gli ingegneri che venivano assunti come operai a costruirli a dovere. Già. Chi non proveniva dalla famiglia giusta, era già fin troppo che uno straccio di lavoro qualunque lo trovasse, a dispetto di lauree pure che multiple, master e specializzazioni di vario genere. Così pure era andato a finire un suo caro giovane amico ingegnere dell'automazione con doppia LM, che aveva conosciuto quando questi era bambino perchè i nonni portavano lui e i suoi fratelli alla stessa congragazione religiosa che frequentava il professore mentre si trovava in Italia a studiare psichiatria. Se non altro, era quantomeno stato assunto come operaio specializzato. Avrebbero dovuto inserirlo nel quarto livello o come capo operaio, pensava il professore, ma non diceva nulla al suo amico, diversamente da come si era soliti fare in città. Poichè con i se e con i ma, la storia non si fa, non era il caso di mettere il dito nella piaga come un buon numero di conoscenti non esitava a fare. Anche se per la verità, il suo amico non se la prendeva affatto. Aveva un lavoro e dopo un'intera vita di privazioni e sofferenze a causa di genitori che non erano mai stati un gran che di padre e un gran che di madre, per non parlare della famiglia indigente in cui era cresciuto, tanto gli bastava e avanzava. Soltanto non sopportava i soprusi che vedeva compiersi ogni santo giorno alla ditta. E neppure gli importava nulla se risultava lui la vittima di tale ambiente tossico, ma ci vedeva rosso se qualche alto dirigente o lo stesso Presidente se la prendeva con gli altri, specie con chi più indifeso. Avendo Albert Heinz saputo che era finito a lavorare nella stessa ditta dove lui faceva il doppiogiochista, ehm, l'ideologo, dato il livello di amicizia e di fiducia, si era confidato per un motivo ben preciso.
-Non prendertela se dovrò fare finta di non conoscerti, dato che prima o poi ci incroceremo. Dato che ti hanno assunto come operaio specializzato, sarai tra coloro che trasportano i pezzi degli androidi all'ultimo piano, quello in cui si trova la sede operativa. Io sono un medico, non un ingegnere. Se il mio doppio gioco va a buon fine, potrebbero accusare te, dato che sanno delle tue specializzazioni. E non sia mai perdessi il lavoro a causa mia. Ma sappi che non mi vergogno affatto di essere tuo amico, intesi? Ho sempre voluto bene a te, ai tuoi nonni e ai tuoi fratelli e così sempre sarà.
Ovviamente, data la grande amicizia tra i due e la grande conoscenza della psiche umana, il dottore si era accorto che qualcosa distraeva il suo caro amico e gli portava via parecchie delle ore libere che già erano poche per via dei continui straordinari, sia ben chiaro non pagati, che il Presidente della ditta imponeva a tutto il personale, tranne che ai suoi più stretti collaboratori. Dopo la funzione domenicale, salutava gli amici senza fermarsi a chiacchierare come un tempo. Almeno la metà delle giovinette iniziava allora a parlottare una con l'altra, poichè parecchie gli correvano dietro, trattandosi di un bel ragazzo davvero. Lo psichiatra, oramai professore, scuoteva la testa, rassegnato. In che epoca si viveva. Il suo caro giovane amico era oltremodo corretto e non aveva mai dato occasione di false speranze a nessuna. Dato il genere di vita che gli era toccato, avendo potuto studiare unicamente grazie agli sforzi dei nonni paterni e della sua innata genialità che lo rendeva superdotato, aveva per lo più messo in disparte la sua vita personale. Tranne in un'occasione. Il professore ricordava una fidanzata che aveva avuto durante la seconda LM, ma l'attitudine della ragazza non era quella che poteva giustamente aspettarsi il suo amico e la relazione era ovviamente andata in fumo.
-Non te la prendere. Tu sei cresciuto nei sani principi che sin da piccolo ti hanno insegnato i tuoi nonni e lei voleva traviarti.
-Lo so, Albert. Ma non è facile.
-Io per aiutarti ci sono sempre, anche come medico e psicanalista. E non mi dovrai pagare, sia ben chiaro. Conta pure su di me. Ma vedrai che supererai anche questa. Sei forte, amico mio, lo so.
E ora come ora, il caro amico trascorreva davvero troppo tempo nella cantina di casa sua, tanto che un giorno gli aveva detto: -Guarda che se devi hackerare tutto il sistema della ditta e consegnarla in mano al pezzo di latta più in, io ti do una mano e anche due.
Il professor Heinz non sapeva un gran che di informatica e ingegneria, ma dati gli aggeggi che gli vedeva in casa e poi conoscendolo fin troppo bene, non aveva tardato a indovinare cos'aveva in mente. Ricordava benissimo di quando una volta, più esasperato del solito, gli aveva confessato che avrebbe preferito un milione di volte vedere la ditta e magari pure il governo della città in mano ai robot piuttosto che a esseri umani che come persone valevano proprio poco.
Il suo amico si era allarmato, lì per lì. -Albert, tu collabori con le alte sfere e non vedi tutti gli orrori che giornalmente si compiono. Ti assicuro...
-Guarda che non hai bisogno di nasconderti con me- l'aveva interrrotto. -Quando ho detto che ti darei una mano, non stavo affatto scherzando. E non sono di quella vecchia guardia di mezz'età che pecca di eccesso di scrupoli e fa la consueta lavata di capo. Dopotutto, io con te non ho fatto mistero del mio doppiogiochismo alla ditta. Allora, sputa il rospo, che ti serve?
-Albert...per la verità...l'opera è già a buon punto. E ho preparato un regalino per Vittorio. Non ricordo se ti avevo detto che Gargiulo e alcuni membri del mio team erano stati miei colleghi alla triennale in ingegneria dell'automazione. Soltanto che...
-...soltanto che Gargiulo era un gran somaro e mentre tu terminavi la seconda LM, lui e compari annaspavano ancora nella triennale senza sapere come uscirne. Si, lo so, lo so, ho i miei bravi informatori tra i cattedratici di ingegneria. Sapessi quello che mi raccontano dei trascorsi coi peggiori alunni di sempre!
-Ecco, trattandosi di vecchie conoscenze, anche se mi hanno sempre guardato dall'alto in basso, non mi è stato difficile hackerare anche i loro account. Posso vedere i loro progetti Il loro lavoro alla ditta. E sono arrivato fino alle macchine del Cervello. Ma mi manca la password del Presidente per entrarci fisicamente. Non c'è altro modo per avvicinare Vittorio. Senza i contatti personali del Presidente, temo che impiegherò più tempo del previsto. Anzi, non so se riuscirò...
-Se è per tanto, ti passo tutto quello che vuoi. Allora, che ti serve?
-La mail personale. Il suo numero di telefono e anche di Whats App, se sono numeri diversi.
-Eccoteli subito. Ma mi raccomando, quando sarà il momento, lascia fare a me.
Manfredi glielo promise, ma non desiderava esporre il suo caro amico Albert. Sapeva che sia pure a fronte di missione compiuta con tutto il possibile e immaginabile successo, i rischi successivi non sarebbero mancati.
-Mandredi Palladini, lazzarone che sei!- lo aveva infatti rimproverato il professore, a fatti avvenuti, una volta che la ditta era finita in mano a Vittorio e parte delle infrastrutture e andamento cittadino al suo esercito di androidi. -Mi avevi promesso che avresti lasciato terminare a me l'opera!
-Lo so. Ma è stato per proteggerti. È pur sempre un gioco pericoloso. È meglio che l'amministrazione cittadina ignori che ci sei dentro fino al collo anche tu e continuino a vederti come il loro prezioso collaboratore.
-Ma io sono molto più vecchio di te! Io dovevo espormi, non tu, accidenti! Lo sai che può costarti caro, lo sai?- e al professore salivano le lacrime agli occhi al pensiero della vita che sarebbe toccata al suo amico sin da allora. Come non gli fosse bastata un'intera esistenza difficile.
-Certo che lo so. Avevo calcolato tutto e non me ne pento.
Ovviamente, i politici in carica, per quanto idioti, non s'erano bevuti del tutto la storiella della ribellione delle macchine ed essendo venuti a sapere del brillante percorso di studi di Manfredi Palladini, nominato da Vittorio quale suo personale ingegnere responsabile per eventuali riparazioni e upgrade, si erano inizialmente provati a eliminarlo per ripigliarsi la ditta a nome del comune. Ma senza successo. L'ingegner Palladini era troppo intelligente per cascare in qualunque trappola avessero ideato e gli androidi che scortavano lui e i suoi fratelli facevano il resto. Avevano allora tentato altrimenti, sul piano delle idee, contrattando professionisti nel vero senso della parola affinchè contrastassero Vittorio e l'operato del suo ingegnere. Ma nessuno si era mai rivelato all'altezza di Manfredi Palladini, quindi qualsiasi sforzo era risultato inutile. Fino a quando, dati gli altissimi dividendi che la ditta produceva, che sindaco, segretari, consiglieri comunali e lo stesso Presidente s'intascavano ogni santo mese, essendo tutti azionisti, avevano perso qualsiasi interesse al farla tornare sotto la proprietà del comune cittadino. Che poi altro non era se non un'entità astratta. Le comodità derivanti dai corposi dividendi avevano avuto la meglio su di loro e una latente indolenza, complice l'età che avanzava, aveva preso il sopravvento. L'importante era intascare e a chi appartenesse la ditta, tanto faceva. Non così però per Marcantonio, il figlio del Presidente, che s'era legata al dito l'umiliazione subita per via di Teresina e suo padre Amadigi, inflittagli da quel pezzo di latta di Vittorio. Le malefatte verso i due gli si erano ritorte contro. Non così per Gargiulo e il suo incompetente team, sbattuti fuori dal Presidente, che aveva alla fine trovato il capro espiatorio nelle loro falle.
-Vi siete fatti hackerare da un operaio, vergogna, perchè siete degli emeriti incapaci! Sapete cosa vi dico? Se un operaio riesce a battere un intero team di ingegneri, significa che è più competente di voi e magari la ditta ha bisogno proprio di lui per meglio quotarsi sui mercati. Voi andate pure a fare i manovali e i magazzinieri, che è quanto avreste dovuto sin dall'inizio!
Il Presidente oramai non dava più retta nemmeno a suo figlio Marcantonio, che intendeva vendicarsi su quel Palladini.
-Sta' zitto tu! Non fosse per i tuoi viziacci che mi costano una fortuna, nulla di tanto sarebbe accaduto, a cominciare dal mio ex autista!
Ciononostante, gli enormi benefici di cui da anni godevano i cittadini e i residenti, erano costati un importante sacrificio all'amico del professor Heinz.


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(immagine Pixabay free, autore Lee_seonghak, link https://pixabay.com/pt/photos/fumo-enfuma%C3%A7ado-luz-perfume-cheiro-1830840/)

-Vendo fumo, vendo fumo...chi vuole comprare...oggi metà prezzo...


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Nina Ferraro passeggiava tranquillamente per i corridoi del reparto psichiatrico, come sempre. Anche il paziente Norino Pollastri, che soffriva di qualche disturbo di depersonalizzazione, ma innocuo quanto Nina, stava compiendo il suo consueto giretto per i corridoi. Chi invece doveva restare in camera perchè in relativo stato di agitazione era ancora una volta Paolino Meis. Ma curiosamente, Paolino si trovava anch'egli in giro nello stesso momento in cui Norino e Nina passeggiavano. Per via di Paolino, la dottoressa Rossi aveva ordinato di rimuovere il poster che raffigurava i quattro camion blu, non sia mai. E di non appendere più nulla alle pareti dei corridoi del reparto, nè nelle camere dei pazienti. Paolino, sia pure alquanto inquieto, non aveva quindi trovato ulteriori motivi per alterarsi, ma era rimasto incuriosito da una porta bene aperta, che avrebbe invece dovuto restare ben chiusa e sotto chiave.
-Ragazzi, hanno riaperto l'officina!
-Davvero? Che interessante!- rispose Norino.
-Sarà forse la volta buona per liberarmi della carrozzeria e pure del motore da FIAT Panda?
-E io di quella pulciosa FIAT Cinquecento?- dato che Norino era proprio il paziente che più pazientava per trovarsi ridotto a un macinino.
-Io voglio diventare una Ferrari- affermò inaspettatamente Nina Ferraro, che fino a quel momento non aveva mai espresso il desiderio di divenire un'automobile.
I tre entrarono nella stanzuccia che fungeva da deposito di riserva. La luce accesa era piuttosto forte.
-Cosa si fa adesso?- chiese Paolino. -Il meccanico non c'è.
-Pazientate, arriverà. Mettiamoci intanto in pista per facilitargli la riparazione, ma mi raccomando di lasciare le ruote allo scoperto. Altrimenti incorriamo in lungaggini inutili.
Norino si tolse le ciabatte e s'infilò sotto il piumino, premurandosi di tener fuori mani e piedi, pardón, tutte e quattro le ruote. Paolino lo imitò e anche Nina si tolse le ciabatte per infilarsi sotto coperta.
-Nina, vai via, che qui stiamo troppo stretti- lamentò il paziente Meis.
-Ma io voglio diventare una Ferrari! Mi chiamo Ferraro, ma la mia vita fa schifo!- iniziò a piagnucolare la ragazza.
-Paolino, sei sempre il solito egoista guastafeste. Ci stringiamo, no? Anche Nina ha diritto di cambiare vita quanto me e te. Forza, Nina. Salta su.
-E va bene, Norino, hai ragione tu- sospirò Paolino, rassegnato a starsene stretto come una sardina in scatola.
Nina s'infilò allegramente sotto il piumino, mantenendo accuratamente mani e piedi, pardón, le quattro ruote ben visibili per facilitare il lavoro al meccanico per quando si sarebbe presentato in officina. Ma lì sotto non si respirava. Era un aprile dalle insolitamente calde temperature e un piumino non si addiceva, specie se poi si ammucchiavano in tre pazienti in un letto, pardón, tre auto tutte assieme in una pista da lavoro di un'officina meccanica nemmeno minimamente aerata.
-Ma quando arriva il meccanico?- chiese Paolino con voce pastosa, soffocata dalla calda coperta. -Le ruote di Nina mi stanno addosso.
-Arriva presto. E piantala di lagnarti!- lo rimproverò Norino con voce altrettanto pastosa per la stessa ragione. -Anch'io ho un paio di ruote di Nina che mi si accavallano, ma mica mi lamento. Dobbiamo essere solidali tra di noi, se no diventiamo FIAT Cinquecento per ammonizione. E poi senza un minimo di pazienza non si ottiene nulla.
-Ma ragazzi, voi respirate?- chiese Nina con voce pastosa quanto i suoi compagni, pardón, le sue auto di sventura, dato che iniziava a non sentirsi bene per davvero.
-No- rispose Paolino e fu l'ultima cosa udibile.

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Il dottor Neri stava per rispondere al suo primario che cosa posso fare io per il tuo amico? Posso fargli riavere quel che ha perso per amore di questa città? A disposizione.
Ma non riuscì nemmeno ad aprire bocca, nè il professor Heinz riuscì a fargli la proposta che doveva, perchè qualcuno aveva preso a bussare insistentemente alla porta della sala medici. Era l'infermiere Constantin. Per il dottor Domenico Neri, quella non doveva proprio essere giornata.
-Professor Heinz, dottor Neri, mi scuso immensamente per avere disturbato. Non era mia intenzione, ma dal reparto sono spariti tre pazienti.
-Che cosa?
Nina Ferraro, la venditrice di fumo, Paolino Meis, lo schizofrenico paranoide in grave stato e un terzo paziente, Norino Pollastri, non si trovavano in nessun posto. E non si trovavano nemmeno i due nuovi OSS, responsabili quel pomeriggio dell'ala maschile del reparto in cui era ubicata la camera di Paolino, che andava sempre ben monitorata. Panicucci e Marchetti avevano preso il posto dei colleghi licenziati per essersi dati alle scommesse sulle corse ippiche anzichè recarsi sul posto di lavoro, ma non sembravano più affidabili dei loro predecessori.
Il primario e il dottor Neri si misero prontamente alla ricerca dei tre malcapitati pazienti.
-Se sono usciti dal reparto, dobbiamo dare l'allarme per tutto l'ospedale, giusto?- chiese l'infermiere Constantin.
-Sicuro, naturalmente, soltanto accertiamoci un attimo che non si trovino davvero qui. Gli altri infermieri e gli OSS presenti ti hanno aiutato nella ricerca? Hai guardato ovunque?
-Si, professore, tutti e pure la dottoressa Rossi. Abbiamo cercato ovunque, tranne che nei depositi perchè si sa che sono chiusi a chiave.
-Per scrupolo di coscienza, andiamo a guardare pure lì.
Nel grande deposito, dalla porta curiosamente semichiusa, si videro gli OSS Panicucci e Marchetti intenti a qualcosa, tranne che alle dovute occupazioni, ma il professor Heinz rimandò la sfuriata a questi ultimi perchè nel piccolo deposito dalla porta ben spalancata e le luci accese, vide sei piedi spuntare fuori dalla coperta bianca, bianca, bianca, disposta sul letto ortopedico in sovrappiù. L'infermiere Constantin riconobbe il paziente Meis dalla cavigliera di plastica che indossava a causa di un esame clinico effettuato il giorno avanti, che gli OSS Panicucci e Marchetti s'erano certamente scordati di rimuovere. E non vi era alcun dubbio che gli altri due fossero il Pollastri e la Ferraro. Scopersero le loro facce prima che schiattassero per asfissia, mentre il dottor Neri richiedeva per telefono alla caposala tre bombolette di ossigeno e la presenza di più infermieri.
-Allora, mi sono liberato della FIAT Cinquecento?- chiese affannosamente Norino, appena rianimato.
-E io sono diventata una Ferrari?- domandò Nina, speranzosa.
-Finalmente, i meccanici- mormorò Paolino.
L'infermiere Constantin li rassicurava con tutta la gentilezza possibile. -Si, si, ci siete riusciti, siete bellissimi. Una splendida Ferrari nuova fiammante, una BMW e una Pickup.
-Chi è la Pickup?- chiese ansiosamente Paolino, che aveva desiderato tanto diventare un veicolo di cilindrata di una certa importanza.
-Allora, la Pickup sei tu, Paolino, Norino è la BMW, splendida anch'essa e Nina è una luminosa Ferrari. Ma ora andiamo all'autolavaggio, perchè pure le auto migliori hanno bisogno di toeletta.
In effetti, ai pazienti serviva un bel bagno, dopo essersi squagliati per bene sotto una trapunta in quell'aprile soleggiato, per poi ricevere una bella cena.
I pazienti, contenti, si lasciarono riportare nelle camere e nei bagni di buon grado dagli infermieri.


Gli OSS responsabili della camera di Paolino Meis e di mantenere sotto chiave i magazzini, si erano distratti a causa di una sfilata di bellezza canina che si teneva proprio quel pomeriggio e seguivano dai loro cellulari.
-Secondo me vince il labrador- affermava Panicucci. -Scommettiamo? Cento o duecento?
-No, per me vince il bassotto.
-Marchetti, ma che sei matto? Il bassotto! Non è un cane nel vero senso della parola.
-Ah, davvero? Ti sembra forse un gatto?
-Dai, su, non fare lo scemo...
-Ma tu non lo sai che il cane del tenente Colombo* era proprio un bassotto?
-Eh, già, infatti, visto che cane sveglio? Allora, cento o duecento sul labrador?

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(immagine Pixabay free, autrice BiancaVanDijk, link https://pixabay.com/illustrations/dogs-art-dachshund-pet-nursery-7681059/)

-Silenzio!- urlò la voce del professor Heinz alle loro spalle. -Possibile che in questo reparto la serietà sul lavoro è diventata un'opinione? Fuori immediatamente da questo ospedale!

*Nella serie Il tenente Colombo (la mia preferita: sono una grande fan del tenente e anche i miei genitori lo erano), a partire da una certa stagione (chiedo venia, non ricordo quale), Colombo è proprietario di un cane bassotto amante della buona vita, ma non particolarmente attivo nelle indagini, lol! Serie americana prodotta a partire dal 1968, titolo originale Columbo, ideatori Richard Levinson e William Link

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