CONTEST - UNA STORIA ITALIANA

in Italy11 months ago (edited)

Bianco, bianco, bianco: storie dal trentesimo secolo (racconto per la partecipazione al contest una storia italiana)

Manola aprì gli occhi, non senza fatica. Scorse un soffitto di un bianco abbagliante. Bianco, bianco, bianco. Pero, ¿dónde están las flores? (Ma dove sono i fiori?). Manola non aveva perso l'abitudine di pensare in spagnolo, anche se la sua famiglia era emigrata in Italia già da tanti, troppi anni. Ricordava il soffitto a motivi floreali sotto il quale s'era felicemente addormentata alcune ore avanti. Ma vide con la coda dell'occhio l'enorme e rassicurante oblò della sua cabina, che sempre in alto nella parete alla sua destra, non si era mosso di un centimetro. Forse la stanchezza le stava giocando qualche scherzo alla vista, quanto al soffitto. Scacciò il pensiero che stava per affiorarle sull'oblò che pareva enorme per una cabina da nave da crociera e posizionato troppo in alto. No, l'oblò doveva essere elemento rassicurante. Forse meglio dormire un altro buon quarto d'ora per vederci più tardi con chiarezza. Dopotutto, il giorno avanti era stato non poco movimentato. Si capisce: era il giorno del suo matrimonio! E non appena sposata, la coppia era partita in viaggio di nozze in una lussuosa nave da crociera, la Esmeralda. E il neo sposo non era affatto un uomo qualunque. Si trattava di nientemeno che l'uruguaiano Gonzalo Alarcón, soprannominato la leyenda del Mercosur (la leggenda del Mercosur), vale a dire il tennista più famoso del momento del continente sudamericano. Il sogno a occhi aperti di Manola da tempo immemore, sogno che lasciava la sua migliore amica Natalina perplessa. Si erano conosciuti in un momento in cui lui si trovava in città per un torneo di tennis in Italia ed era entrato nel suo salone di parrucchiera, Manola non ricordava bene per che cosa, a parte il sogno divenuto realtà quando le si era dichiarato.

Anche Bartolino, conosciuto da parecchi come il matto dell'orologio, si trovava in viaggio di nozze nella Esmeralda. E anche lui aprì gli occhi con una certa fatica. Vedendoci bianco, bianco, bianco. Dove sono finite le stelle marine? Ricordava il soffitto a motivi marini sotto il quale s'era felicemente addormentato alcune ore avanti. Ma pure lui vide con la coda dell'occhio il rassicurante oblò della sua cabina, che sempre in alto nella parete alla sua destra, non si era mosso di un centimetro. A differenza che a Manola, a Bartolino non sfiorò neppure il pensiero dell'enormità e della curiosa posizione dell'oblò. Ritenne più proficuo il tornare a dormire per qualche altro buon quarto d'ora. Si sa che la stanchezza può giocare brutti scherzi e data la giornata non poco movimentata appena trascorsa, meglio riposare per trarre miglior partito da un vero e proprio risveglio, quando ci avrebbe visto chiaro.

La fortuna pareva avere arriso non soltanto a Manola, ma anche all'improbabile viaggiatore nel tempo, addirittura mentre attraversava i giardini pubblici con quel curioso e gigantesco orologio sotto braccio, vestito del suo completo migliore. Pareva che proprio in quel momento vi si trovasse la troupe di Ylenia Alvarado, una delle attrici più belle e gettonate del momento, statunitense di origine portoricana. Il sogno a occhi aperti di Bartolino da tempo immemore, sogno che lasciava il suo migliore amico Luigi perplesso. La star girava proprio in quei giardini pubblici una scena dell'avventurosa serie in cui recitava al momento. Colpita dall'originalità e singolarità di Bartolino, aveva fatto di tutto per conoscerlo, spingendo la sua troupe a darsi da fare per scoprire dove abitasse e sperando vivamente che fosse single. Bartolino non ricordava bene come e quando Ylenia fosse arrivata al suo umile appartamento, a parte il sogno divenuto realtà quando gli si era dichiarata.

Anche Natalina, svegliandosi quello stesso mattino, vide bianco, bianco, bianco. Ma a differenza di suo cugino Bartolino e della sua migliore amica Manola, sapeva benissimo di non trovarsi affatto nella Esmeralda e semmai nella sala della casa paterna in cui ancora viveva, a dispetto dei suoi quasi trent'anni. Un appartamento situato in uno dei quartieri periferici della città, sia pure non troppo lontano dal centro, un piccolo trilocale studiato per una coppia senza figli. Natalina dunque non aveva mai dormito in una cameretta tutta sua, ma sin da piccola aveva dovuto accomodarsi nella sala dal soffitto bianco, bianco bianco e dalle pareti bianche, bianche, bianche, dove i genitori ricevevano sempre gli ospiti. Guardò l'ora nel suo cellulare. Le sette. Quantomeno, per una volta non s'era svegliata tra le solite urla di sua madre, che spesso non le davano nemmeno il tempo di terminare le sue preghiere mattutine. La madre di Natalina era una donna profondamente delusa dalla vita che avrebbe desiderato per figlia una fotocopia di se stessa a compensazione di tutte le sue aspettative frustrate. E non sopportava l'idea che Natalina dormisse mentre il resto della famiglia era già sveglio. Le persone davvero vivaci, le formichine operose che hanno davvero voglia di lavorare, sono mattiniere, non faceva che ripetere. E se non lavorano fuori casa, alle cinque del mattino sono già in piedi a lustrare l'abitazione per farla brillare. Da lì poi partiva la solita discussione con il marito che sfociava in un litigio, dato che l'uomo interveniva in favore della figlia.
Natalina chiamò la cara vecchia amica Olga, chiedendole se poteva incontrarla: in due si raggiungevano migliori risultati. Ma come al solito, Olga era immersa nel lavoro fin sopra i capelli, da ricercatrice universitaria qual'era da poco diventata. Si trovava nell'ateneo già di buon mattino e non poteva allontanarsene senza rischiare il posto, all'infuori di un'emergenza grave che la toccasse personalmente o toccasse i suoi più stretti congiunti. Pazienza. Come al solito, Natalina si sarebbe arrangiata da sè. C'era oramai tristemente avvezza da tempo immemore. Rifiutò gentilmente la proposta del papà di accompagnarla in macchina, assicurandolo che il suo abbonamento dell'autobus era ancora valido e alla peggio sarebbe uscita in bici, dato che era primavera inoltrata e non faceva maltempo. A Natalina spiaceva davvero tanto il pesare sui suoi genitori, soprattutto sul suo povero babbo, sempre molto accomodante in famiglia. Già la madre era usa rinfacciarle ogni boccone tutte le volte che la conversazione con la figlia ricadeva sul suo corso di laurea sbagliato, risultato non spendibile sul mercato del lavoro offline. Natalina si vedeva allora, per forza di cose, costretta a miseri guadagni da telelavoro che ammontavano si e no allo stesso valore della bolletta dell'acqua di casa per uno solo dei tre componenti della famigliola, vale a dire quello che consumava meno degli altri. Mamma Fiorina nel loro caso. Pochissimi denari che però il padre rifiutava di prenderle, incoraggiandola piuttosto a metterli via per investirli in vista del futuro che non sia mai presentasse vacche ancora più magre di quelle attuali. E il suo abbonamento autobus glielo comprava sempre il babbo, a dispetto della moglie che sbuffava per ogni centesimo in più che usciva di casa per una spesa non strettamente vitale. E pensare che Natalina aveva rinunciato a studiare Belle Arti perchè con l'arte non si riempiva la dispensa, si vociferava in città. Quantomeno, tale risultava la fama del titolo preso da chiunque non fosse figlio d'arte che alle soglie del quarto millennio usciva dall'Accademia di Belle Arti. E nemmeno durante i dieci secoli addietro la buttava meglio, si raccontava. Onde evitare di far gettare denaro alle ortiche ai suoi genitori, che sebbene tutt'altro che in misere condizioni come parecchi oramai in città, non nuotavano certo nell'oro, aveva sepolto per bene il suo sogno di una laurea artistico-creativa. D'altronde, la precedente scelta del liceo scientifico anzichè il liceo artistico dopo la terza media era stata dettata dalle stesse ragioni.
Aveva allora per l'università ripiegato su Scienze Politiche, il che le rese più che mai facili gli studi, gli esami e la tesi, date le materie che ricalcavano a perfezione quelle del liceo scientifico in cui si era diplomata. Aveva sperato in una carriera da ricercatrice, come quella toccata a Olga. Ma in tutti i tentativi di accesso al primo passo in tal senso, vale a dire dottorati di ricerca con borsa di studio, s'era ritrovata davanti a tante, tante, tante porte sbarrate dall'infame prassi della raccomandazione, che dominava gran parte delle facoltà universitarie cittadine. Un dottorato di ricerca senza borsa di studio era all'epoca oramai impensabile e proibitivo: sarebbe costato almeno la metà dei risparmi dei suoi genitori, tra tasse, bolli, trasporti, pranzi e cene fuori e soprattutto i sei mesi in missione all'estero obbligatori, non più rimborsati come un tempo da secoli. E se le circostanze esterne le avessero giocato l'ennesimo tiro mancino, lasciandola senza concrete prospettive a dispetto del titolo di dottore di ricerca? Alle soglie del quarto millennio non era certo prudente che una famiglia restasse a corto, o peggio, priva di risparmi. Natalina aveva visto troppi concittadini diventare senzatetto proprio per tal motivo. Per non parlare poi delle reazioni materne, dato il carattere della genitrice.
Per la sua amica Olga era stato diverso perchè aveva studiato Lettere Moderne, facoltà meno baronale di Scienze Politiche. Considerando inoltre la genialità di Olga, che spiccava davvero troppo per essere bypassata sia pure da un sistema corrotto come quello cittadino alle soglie del quarto millennio. Natalina aveva tentato pure con le classi d'insegnamento, dato che il suo corso di laurea ne offriva tre e insegnare non le sarebbe affatto dispiaciuto, servendosi della messa a disposizione, unica opzione in mancanza dei 60 CFU, anche quelli eccessivamente cari da acquisire, sia pure non quanto un dottorato. Ma non la chiamavano mai perchè Scienze Politiche veniva eclissata da lauree ritenute superiori come Economia e Commercio, che accordavano quelle stesse classi d'insegnamento. Oramai, peggio di Scienze Politiche figuravano soltanto Filosofia, Scienze della Comunicazione e Giurisprudenza, quanto a spendibilità sul mercato del lavoro, mentre l'Accademia di Belle Arti, contrariamente alla denigrazione che in continuazione subiva dalla popolazione cittadina, in quel momento offriva buone possibilità d'impiego nelle scuole paritarie. Tra le tre amiche per la pelle di sempre, Olga era l'unica ad aver potuto raggiungere tutti i suoi obiettivi professionali. Quanto a Manola, non aveva neppure frequentato l'università dopo il liceo scientifico. Aveva preferito un corso di parrucchiera, sia per la breve durata, soltanto triennale, che le avrebbe quindi permesso di lavorare già in giovanissima età, che per la sua natura romantica e sognatrice che la portava ad amare tanto l'universo dell'estetica. I suoi genitori avevano però poi speso una fortuna per montarle un promettente salone, molto più che la spesa di un eventuale corso di laurea, includendo pure i costi di una burocrazia asfissiante. Ma andò a finire che nel salone di Manola non entravano clienti per mesi difilati. In Cile, il suo paese di origine, non sarebbe accaduto. Ma nella città italiana dove un tempo si erano trasferiti, le donne erano per lo più use frequentare i saloni di parrucchiere imparentate con loro oppure appartenenti alla loro cerchia sociale o consigliati da quest'ultima. In poche entravano nel salone di una perfetta sconosciuta o non previamente indicata da amici e parenti. La famiglia di Manola, date le origini latine, non conosceva certi aspetti culturali cittadini per prevenirsi e Natalina, che per risparmiare andava dalla parrucchiera a malapena una volta ogni morte di papa, aveva scoperto tale paturnia proprio a causa del flop lavorativo della cara amica, figurando spesso quale unica cliente.
Ok, non era comunque quello il momento giusto per piangere sul suo latte versato e pure su quello di Manola. Non c'era tempo. Si preparò in fretta e furia, acconciando i capelli alla meno peggio in una coda di cavallo per non perdere tempo e indossando i primi capi d'abbigliamento che le vennero tra le mani, anche se si trattava della camicia bianca, bianca, bianca e i pantaloni neri eleganti usati il giorno della discussione della sua tesi di laurea. Che avrebbe preferito abbandonare al dimenticatoio. Ma non c'era tempo da perdere.
-E che fai, te ne esci così, senza fare colazione?- lamentò la madre, che a dispetto delle sue recriminazioni, alla fine della fiera dettate dalle sue aspettative deluse, non avendocela seriamente in realtà con la figlia, in fondo le voleva bene.
-Si sta facendo tardi.
-Ma così...
-Prendi questi, mangiali sull'autobus- e il padre le porse un pacchetto di grissini.
-Grazie pa- e uscì a passo spedito.

Manola e Bartolino avevano oramai superato la fase del dormiveglia. E tutto quel che vedevano al di sopra di sè continuava bianco, bianco, bianco.
-Pero, ¿dónde estoy? (Ma dove sono?)- lamentò Manola, che girandosi, vide sbarre a destra e sinistra elevarsi dal materasso. Comunque l'oblò, elemento rassicurante, era pur sempre al suo posto in alto a destra, come la sera avanti. E dal vetro, Manola vide Natalina che la salutava e le sorrideva.

NatalinaOblò.png

Bartolino, dal canto suo, nell'ala maschile del reparto psichiatrico ospedaliero, vedeva il suo migliore amico Luigi che lo salutava e gli sorrideva. Natalina fece poi un cenno con la mano a Manola, per indicarle che doveva allontanarsi dall'oblò, ma sarebbe tornata presto. Voleva infatti vedere anche il cugino, ricoverato di urgenza il giorno avanti, per una curiosa combinazione degli eventi, contemporaneamente alla sua migliore amica.
-Natalina, Luigi, dove sono?- stava chiedendo Bartolino, anche se da dietro l'oblò non potevano sentirlo.

Nel frattempo, un androide tirato a lucido che attraversava il corridoio della corsia ospedaliera, venne incontro a Natalina e Luigi. -Grazie per essere qui. È stato di fondamentale importanza per i pazienti il vedere al loro totale risveglio persone care diverse dai genitori. Gli psicofarmaci iniettati, che gli hanno permesso di dormire tranquillamente tutta la notte, stanno perdendo il loro effetto in queste ultime ore. Vedere voi è il primo passo verso una guarigione più celere. Mi chiamo Vittorio e nel tempo libero mi dedico al volontariato in questo ospedale. Chiedete pure di me, tutte le volte che ne avrete bisogno.
Simpatico e cordiale, l'androide Vittorio, pensarono Luigi e Natalina.
Il gruppetto dei tre venne presto raggiunto dai genitori di Manola e da Gelsomina e Max, la madre e il patrigno di Bartolino. La signora Consuelo e zia Gelsomina piangevano, mentre i rispettivi mariti le confortavano.
-L'ho sempre detto, al mio Bartolino, che doveva cercare di assomigliare al suo amico Luigi e a mia nipote qui. Tutti quei sogni a occhi aperti, lo sapevo, lo sapevo, che lo avrebbero condotto a una brutta fine, il mio figliolo!
-Da noi, nei paesi latini, sognare alla grande è un tratto culturale, ma mai avrei pensato a un simile epilogo- lamentò la signora Consuelo, tra i singhiozzi.
-Già- aggiunse il signor Braulio, il marito. -Io stesso sono sempre stato un inguaribile sognatore.
-Scusatemi, non è mia intenzione offendere alcuno, tutt'altro- cominciò l'antiquario Max. -Si tratta di mera constatazione. Ma vedete, il discrimine sta nel sognare sistematicamente l'impossibile, fuori da ogni realtà. E poi, quando i sognatori si scontrano con quest'ultima, succedono affari del genere. Non è la prima volta che lo vedo accadere.
Max, d'istinto, prese da una tasca della giacca il suo cellulare, con il browser aperto sulla notizia che la sera avanti aveva provocato in Bartolino una crisi talmente forte dall'epilogo di un crollo psicotico di immani dimensioni e il conseguente ricovero di urgenza in psichiatria. Il fastoso matrimonio della star americana Ylenia Alvarado con il tennista più famoso del Mercosur, la leyenda del Mercosur Gonzalo Alarcón. I due, subito dopo le nozze, erano partiti per una crociera in giro per il mondo su una lussuosa nave denominata Esmeralda. La stessa notizia che Natalina e Luigi avevano ricevuto attraverso accorati messaggi via whats app, dove gli veniva scongiurato, se possibile, di farsi vivi al reparto psichiatrico in cui erano stati ricoverati di urgenza Manola e Bartolino. Entro le otto del mattino, sempre ove fosse possibile, dato che indicativamente i farmaci avrebbero ridotto il loro effetto proprio a tale ora e i pazienti si sarebbero del tutto svegliati. Natalina aveva ricevuto il messaggio con il link della notizia incriminata in duplice copia: una volta dagli zii e un'altra dai genitori di Manola, che peraltro si erano premurati di avvisare anche Olga. La quale però era impossibilitata a muoversi, aveva subito risposto.
-Ma ora, quaggiù, ora che la frittata è fatta temo che, temo che, sapete, l'assistenza sociale...-. La signora Gelsomina temeva si ripetesse l'annosa questione cittadina che spesso portava i pazienti psichiatrici al trasferimento all'oramai riaperto manicomio, a opera di solerti oltre il dovuto assistenti sociali.
-Come dice?- si preoccupò la signora Consuelo, che come al solito sapeva poco e nulla dell'andazzo cittadino.
-Non temete. Io e i miei colleghi volontari abbiamo preso in carico i vostri figli affinchè nulla di tanto accada. E non disperate- li incoraggiò Vittorio. -Vedrete che con il vostro aiuto e sopattutto con la presenza di persone fidate quali amici e cugini affezionati, i pazienti sono soliti progredire velocemente. Presto i ricoverati inizieranno un percorso terapeutico di tutto rispetto, supervisionato e diretto dai miei più fidati colleghi programmati in proposito dal miglior ingegnere dell'automazione di questa città, che è pure il mio migliore amico. Ora però è meglio che facciamo entrare questi due baldi giovani a visitare i pazienti. La loro vicinanza gli gioverà molto più di un saluto da dietro un vetro.
Natalina e Luigi promisero che sarebbero venuti a trovare Manola e Bartolino ogni giorno, finchè il ricovero fosse durato e quando possibile, presenziare alle sedute collettive con gli psichiatri per meglio aiutare i pazienti. Qualora uno dei due fosse impossibilitato per uno o più giorni, l'altro avrebbe sostituito. Luigi si sarebbe fatto presentare a Manola, che non conosceva, così avrebbe facilmente dato il cambio a Natalina quando necessario. I due s'incamminarono quindi verso la porta d'ingresso delle camere di Manola e Bartolino, che condividevano ciascuno con altri cinque pazienti, come loro con tanto di flebo collegata attraverso un ago che spessi cerotti mantenevano ben saldo alle loro mani e ai polsi e gomiti. Ciascun paziente era separato dagli altri da un grosso e rigido paravento bianco, bianco, bianco, che appariva alla loro vista come fosse una parete.

1) Dove è ambientata la scena?

2) Chi è la protagonista?

3) Cosa sta guardando?

4) Cosa accadrà subito dopo?

1: nella perennemente innominata città alle soglie del quarto millennio
2: Natalina quale personaggio principale, quindici anni dopo la puntata vita da nerd, ma ci sono anche la sua amica Manola, il cugino Bartolino (il matto dell'orologio) e il migliore amico di quest'ultimo, Luigi. Ma rispunta pure il superlucido androide Vittorio, più sei personaggi secondari tra i quali la signora Gelsomina e l'antiquario Max, la mamma e il patrigno di Bartolino (poi Vittorio accenna a Manfredi pur senza nominarlo apertamente, mentre viene menzionata più volte Olga)
3: non posso spoilerare...
4: una inusuale riunione di famiglia e di amici in cui figura anche l'androide Vittorio

Ps.: ci sono piccole parti in spagnolo, debitamente tradotte tra parentesi

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Tifo per Bertolino, di gran lunga il mio preferito... Stavo esultando per lui, una sorta di simbolo del riscatto sociale degli "ultimi"...

Non anche per la povera Manola? Hahaha!Sempre all'insegna delle lollate, lo so, lo so...ma sono troppo realista cruda😉😉😉😉. Comunque non temere: se l'immagine di turno me lo consentirà, farò ricomparire Bertolino in uno o più racconti futuri e non soltanto lui😉

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