CONTEST - UNA STORIA ITALIANA

in Italy10 months ago (edited)

QUEL CURIOSO ECCENTRICO APRILE E ALTRE DISCUTIBILI STORIE atto quarto: storie dal trentesimo secolo (racconto per la partecipazione al contest una storia italiana)
Il signor Anselmo non lavorava il sabato pomeriggio e il lunedì, quando la calzoleria era chiusa. Approfittava del primo giorno della settimana per sbrigare la comune burocrazia del comune cittadino, compreso il pagamento di bollette e tasse. E ultimamente, pure la burocrazia necessaria per sbarazzarsi della sua vecchia e sgangherata FIAT Panda che tra bollo, assicurazione, revisione, benzina e manutenzione, costava oltre un quarto dello stipendio di sua figlia. Il signor Anselmo avrebbe pure voluto affittare il suo posto auto per ricavarci qualcosa, ma sembrava che la maggior parte dei condomini dello stabile in cui viveva avevano avuto la stessa idea sua e chi più, chi meno, si stava accingendo a liberarsi della propria automobile. E dato che per regolamento condominiale si faceva d'obbligo affittare, ma pure vendere, posti auto soltanto a condomini abitanti lo stesso stabile, ben presto il povero Anselmo dovette abbandonare l'idea. Si capiva, d'altra parte, il perchè di un regolamento condominiale di tal fatta: dato l'esponenziale aumento in città dei furti in appartamento, il condominio non gradiva affatto la consegna a un estraneo delle chiavi del cancello, da oltrepassare per forza di cose per poter parcheggiare negli appositi posti auto. Pazienza: l'anziano si sarebbe contentato di risparmiare un bel po' di denari sbarazzandosi del suo macinino. L'abbonamento annuale degli autobus gli costava molto, molto meno. Per dimenticare tali e tanti guai della sua vita e nel contempo coltivare un'antica passione che a guardar caso costituiva la disperazione di Fiorina, il signor Anselmo era uso recarsi a giocare a bocce il sabato pomeriggio. Per fortuna che il sabato pomeriggio l'aveva libero proprio del tutto: uffici chiusi, banche chiuse, Poste Italiane chiuse, a differenza del lunedì. Quando ancora aveva la macchina, preferiva comunque recarsi a piedi a raggiungere il suo passatempo preferito, pur di risparmiare benzina, anche se per arrivare al pubblico giardino che ospitava il gioco delle bocce gli ci voleva una buona mezz'ora di camminata. Ma una volta liberatosi del vecchio macinino, utilizzava tranquillamente il suo nuovo di zecca abbonamento autobus.
-Vedi di non farti venire un infarto, con quei pesi- lo esortava aspramente la moglie, che non era mai riuscita a farlo smettere di giocare. -Se diventi disabile o tiri le cuoia, me lo dici come facciamo poi senza il tuo stipendio?
Al gioco delle bocce, Anselmo risultava a tutti i compagni un anziano simpatico. Aveva in particolare stretto amicizia con un certo Alboino, che certe domeniche pomeriggio portava a casa a prendere un caffè, mentre lui prendeva la solita camomilla...


Una misteriosa anziana ben conservata di età imprecisata, dai grandi occhiali dal tocco moderno e un taglio di capelli tipo Chanel che gli uni avrebbero definito neri e gli altri castani, ma in realtà grigio antracite, varcò la soglia principale della ditta di Vittorio. Come fosse a casa sua, si diresse verso le scale. Una delle addette alla reception le corse dietro. Quella donna le risultava una perfetta sconosciuta. Non era una dirigente scolastica che partecipava agli eventi di quella settimana. Le dirigenti scolastiche dell'evento le aveva viste tutte. Ogni sconosciuto avrebbe dovuto presentarsi al bancone. Per la verità, tutte le reception di tutti i piani dell'edificio erano state informate che qualora si fosse presentata una donna di età che corrispondeva alla descrizione, indossando al collo una targhetta con l'indicazione Monna Lisa, avrebbero dovuto farla entrare e non ostacolarla perchè doveva avere carta bianca in tutto lo stabile. Cervello compreso. Ma la solerte receptionist s'era persa l'annuncio e aveva fatto caso omiso. Le era sfuggito, perennemente distratta e intenta a fare gli occhi dolci al capo ingegnere della divisione androidi ogni qualvolta se ne presentasse l'occasione, a dispetto del fatto che quest'ultimo, a parte l'estrema cortesia che usava verso chiunque in ditta, non aveva mai mostrato il benchè minimo interesse per nessuna di chiunque vi lavorasse.
-Scusi, dove crede di andare?- la fermò con mal garbo. L'anziana la guardò senza minimamente scomporsi.
-Le sale dei salotti letterari.
-Non è permesso l'ingresso ai non addetti ai lavori. Fuori di qui.
-A me è permesso di tutto. Cervello compreso. Non l'hanno avvisata?
Letizia, il nome della ragazza. Bel nome e bell'aspetto, alta, bionda e dagli occhi azzurri. Più che una receptionist, sembrava una movie star del cinema americano. Ma mancava del tutto di buone maniere, specie davanti alle persone d'età.
Ho capito. Una di quelle futili e frivole a zero carattere sempre a caccia di un buon partito. E poco professionali. Si vede lontano un miglio.
-Lei è completamente matta. Ora ci pensa la sicurezza.
Poichè l'anziana non accennava a smuoversi di un millimetro, Letizia chiamò un addetto al suo cercapersone.
-Alfredo, c'è una perfetta sconosciuta che crede di essere a casa sua. Vieni subito a sbatterla fuori.
-D'accordo, come preferisce. Avrei voluto evitarlo, ma...pazienza.
L'anziana si toccò una tempia, in corrispondenza di quel che sembrava un piccolo neo. A Letizia sfuggì di mano il cercapersone dallo sbalordimento, quando vide la fronte della donna, sia pure coperta da una corta frangetta tonda, aprirsi su un lato. I circuiti cerebrali positronici riportavano una scritta luminosa in caratteri blu cobalto: DEPOSITARIA E PRIMA CONSIGLIERA DEL CAPO SUPREMO DEGLI ANDROIDI VITTORIO.
La fronte si richiuse e Monna Lisa, senza un filo di emozione, disse chiaro e tondo: - Al suo posto preferirei di gran lunga evitare un'ammonizione. E niente scandali. Al proprietario di questa industria non piacerebbe affatto il trattamento che mi sta riservando. E neppure troppe chiacchiere. Si indisporrebbe non poco. Adiós.
La donna proseguì per la sua strada, mentre Letizia, di stucco, rimase immobile. Arrivò un ragazzo sulla trentina, dai corti baffetti in ordine e i capelli scuri impomatati.
-Allora?
-Alfredo, non t'immagini cosa mi è appena toccato di vedere!


Quel lunedì, i Granata avevano un ospite a pranzo. Anselmo, mentre si trovava in coda agli uffici postali, aveva incontrato Alboino, che s'era preso una giornata di ferie dal lavoro per sbrigare qualche burocrazia. E l'aveva invitato. L'ospite se n'era venuto con una lavagnetta che replicava quelle molto più grandi da parete che si usavano nelle scuole e sei gessetti.

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E pure con un bel fiasco di vino.

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(immagine Pixabay gratis, autore OpenClipart-Vectors, link https://pixabay.com/it/vectors/birra-damigiana-contenitore-2027237/)

Questa e questi- disse ad Anselmo indicando lavagnetta e gessetti e appoggiando i suoi averi sul tavolo della cucina dell'amico, dov'era posta una tovaglia di carta curiosamente dello stesso colore della lavagna, -li portiamo ai giardini dove giochiamo a bocce.
-E a che fare?
-Per segnare il punteggio di ciascuno e vedere chi vince. Finora non s'è mai fatto.
-E meglio vale che si continui a non fare, no? Te lo immagini quante litigate, caro amico mio, no? Le bocce non saranno più un bel gioco, no, no, sarà la fine, la tomba del nostro divertimento.
-Uhm, non ci avevo pensato- disse l'anziano, che poteva avere tutti i difetti del mondo, ma il pregio impagabile di risultare grandemente accomodante come il suo amico Anselmo, se non di più. -Ma adesso che li ho comprati? Che ci faccio, se non si useranno al gioco delle bocce?
-Te li compro io. Mio padre aveva una lavagnetta identica che tenevo per ricordo assieme ad alcuni gessetti, ma Fiorina me li ha buttati nell'immondizia.
-E certo, certo, fosse per te, casa nostra diventerebbe tranquillamente una discarica di cianfrusaglie- brontolò la moglie.
-Ma quale discarica! E non erano affatto cianfrusaglie. Erano un caro ricordo di mio padre e tu me ne hai privato! Ma ora che il mio amico Alboino ne ha di identici, glieli compro.
-E con che soldi?- e Fiorina incrociò le braccia, con sguardo tagliente.
-Non preoccuparti, li compro io per papà quando prendo il prossimo stipendio- disse Natalina.
-E già, voi due, d'accordo come sempre- disse la madre, senza cambiare espressione.
-Signorina, per lei è gratis, guardi, non voglio niente- disse Alboino, che da quando aveva messo piede in casa dell'amico non aveva smesso di mangiarsi con gli occhi la figlia.
-Ma no, signor Alboino, non s'incomodi. Quanto ha speso?
-No, no, niente. Non voglio niente. Assomigliano ai cari ricordi di suo nonno, quindi mi fa molto piacere lasciarglieli. Davvero davvero.
Natalina pensò ai nonni paterni con una stretta al cuore. Spesso le mancavano. Li aveva purtroppo persi quando aveva soltanto cinque anni, ma a dispetto dei decenni trascorsi e della tenera età in cui li aveva visti per l'ultima volta, li ricordava. Erano stati nonni molto affettuosi, che preferivano la sua compagnia a quella dei nipoti snob, allora già adulti. Erano morti entrambi di covid. Si era trattato di uno di quei covid che non facevano più paura, ma nonno Alex e nonna Gi erano in età parecchio avanzata, un'età nella quale perfino un banale raffreddore poteva rivelarsi pericoloso, in caso di salute malferma. Ed entrambi i nonni paterni non avevano mai goduto di gran salute nemmeno da giovani, soprattutto nonna, le raccontava il papà.
-Praticamente due rottami, soprattutto mia suocera- affermava di sovente la sempre amabile Fiorina. -Chissà come avranno fatto due pezzi da catasta quali furono a mettere al mondo figli robusti come querce, anzichè marci, secondo la loro genetica.
Fiorina, per la verità, non aveva mai nutrito una grande opinione dei suoceri. Nonno Alex? Un programmatore mancato, che a causa dell'estrema ristrettezza economica della sua famiglia di origine non aveva mai potuto coronare il suo sogno di iscriversi all'università e aveva allora lavorato per gran parte della sua vita come influencer online, unico impiego reperito, guadagnando una miseria e spesso costretto a fare affidamento sulle risorse della moglie. Nonna Gi? Una prof. fallita di lingue straniere e pure musicista fallita, la cui salute perennemente malferma le aveva impedito un regolare impiego nelle scuole, costretta quindi a mettersi in proprio con partita IVA forfettaria per dare ripetizioni che quando andava male, neppure le pagavano. E pure scema, a detta della nuora. Era stata, ai bei tempi, una ragazza di classe media caduta in basso per aver preferito sposarsi con il classico povero ma bello, anzichè un attempato abbiente che le faceva la corte in contemporanea ad Alessandro. Fiorina finiva spesso per litigare con Anselmo, quando cascava il discorso sui suoceri.
-Ma possibile che non ti rendi minimamente conto? Sempre con i miei genitori te la prendi. Mio padre s'era preso cura dei miei nonni materni anziani e con un piede nella fossa. Per fargli da caregiver 24h aveva perso gli anni migliori della sua vita e con essi, qualsiasi opportunità di un impiego anche soltanto mediocre. Dove avrebbe trovato mia madre un altro uomo altrettanto ben disposto? Lo sai che era figlia unica. Lo sai qual era, fino a poco fa, il destino dei figli unici con genitori in età avanzata. I coniugi, sempre che ne abbiano, sono soliti dargli il benservito. Lo sai come la butta in città nel trentesimo secolo. Su quale pianeta vivi?
-Ma se avesse sposato quell'altro, avrebbe potuto permettersi tutte le badanti necessarie. Era ricco, quel pretendente. Ma te la immagini la vita da sorci che i tuoi genitori e pure tu e i tuoi fratelli avreste fatto, se tua madre non ereditava? O se i tuoi nonni materni, anzichè la garbatezza di tirare le cuoia dopo essersi mangiati soltanto un terzo dei loro averi, avessero avuto la sfrontatezza di campare vent'anni da disabili? Ora i tuoi fratelli messi meglio di te, non lavorerebbero tra banche, finanziarie e uffici postali.
-Si, si, tutte scuse per criticare mio padre e mia madre. La tua è solo invidia.
-Invidia? Di due falliti? Che non hanno nemmeno saputo educare i figli a dovere? A cominciare da quegli snobboni dei tuoi fratelli.
-L'educazione ce l'hanno impartita, uguale a tutti e pure con tutta l'insistenza immaginabile, ma che potevano farci, se i miei fratelli non ne hanno voluto sapere? Potevano ammazzarli? Se tornassero in vita, morirebbero nuovamente all'istante dal dispiacere, per non parlare poi se vedessero e sentissero te.
E via peggio di cane e gatto, come al solito.
Amabilità di Fiorina a parte, era pur vero che nessun covid aveva mai potuto nulla contro Anselmo e i suoi fratelli. Ma nemmeno contro di lei. I braccianti agricoli come i suoi genitori e i loro pargoli, come chiunque cresceva in campagna, soleva mantenersi forte e vigoroso anche vicino ai cento anni, quando non perfino oltre. E a proposito dei nonni materni di Natalina, che però ai cento anni non erano neppure arrivati vicini, se n'erano andati che la bimba non aveva ancora terminato la primaria, senza essere mai stati toccati da alcun covid. Erano di quei campagnoli che non prendevano mai nemmeno un raffreddore, essendosi vissuti una settantina d'anni e poco più nel pieno delle loro forze e facoltà mentali. Erano deceduti d'improvviso da un momento all'altro, infarto secco lui e colpo apoplettico lei. Pensare che avevano lavorato duramente la terra fino al giorno avanti il loro decesso. Natalina aveva voluto bene anche ai nonni materni, ma erano di tutt'altro livello rispetto a nonno Alex e nonna Gi. Erano di un'ignoranza stellare, comparati ai consuoceri e raramente vedevano al di là del loro naso. Per la verità, somigliavano parecchio a mamma Fiorina, anche quanto a indole e attitudine. O meglio, era mamma Fiorina che somigliava parecchio ai genitori. Chissà com'era possibile che zia Gelsomina risultasse così diversa. Doveva somigliare ad altri parenti che non le erano noti.
Nel frattempo, il fiasco di vino era stato aperto e non era trascorso un minuto che Alboino alzava ben volentieri il gomito, oltre a sbadigliare largamente come al suo solito, cosa che fece durante tutto il pranzo. L'eccesso di alcol, si sa, scioglie la lingua. Più del dovuto. E Alboino, senza la minima remora, non fece mistero del suo conto corrente. Con l'intenzione di fare colpo sulla figlia del suo amico Anselmo, non si fece scrupoli e non s'intimorì di accedere alla sua app bancaria, sbandierando l'ammontare del suo conto. Non che si trattasse di chissà quale cifra esorbitante, peraltro abbondantemente corrosa dalle spese di manutenzione e i bolli statali, dato che nel dizionario dell'anziano non aveva mai figurato la differenza tra investimenti e conto corrente. Ma avendo lavorato sin dai suoi diciott'anni, in pratica da mezzo secolo, all'inizio da manovale e in seguito da uomo delle pulizie, aveva vissuto la parvenza di boom economico dei decenni a cavallo della metà del trentesimo secolo e a forza di vivere in modalità downshifting, essendosi poi sempre ben guardato dal mettere su famiglia, era riuscito per parecchi anni a mettere da parte una bella fetta di stipendio. Ultimamente, specie dopo l'ultimo covid, arrivava giusto a fine mese, considerate tra l'altro le spese in alcolici, ma presto avrebbe ricevuto un aumento. Forse era proprio giunta l'ora di godersi i suoi risparmi iniziando una vita di coppia, una relazione a lungo termine, meglio se con una donna ben più giovane di lui che avrebbe reso più allegra la sua terza età. I suoi trentamila dovevano, a quei tempi poi, risultare particolarmente allettanti per una ragazza vicino alla quarantina, anche se forse non altrettanto per una trentenne o peggio, una ventenne. Anche se Alboino si sarebbe volentieri pigliato pure una giovanissima. Comunque, la figlia del suo amico Anselmo era proprio carina, anche se aveva ben più di vent'anni, gentile e inoltre lavorava. Un lavoro intellettuale e fino rispetto al suo, pur vero, ma un uomo delle pulizie che non aveva mai smesso di sgobbare da mezzo secolo risultava per forza di cose più ricco di una piccola docente precaria che insegnava da poco. C'era poi il vantaggio che non gli avrebbe squagliato il conto corrente in men che non si dica, dato che non era disoccupata. Specie poi se fosse stata economa come suo padre. Certo, una donna di mezz'età o giovane anziana senz'arte nè parte e zeppa di debiti, senza un soldo per pagare il dentista, se lo sarebbe pigliato al volo, uno come Alboino. Accadeva da un millennio, ma l'eccentrico amico di Anselmo preferiva dimenticarsene. L'aumento di stipendio gli veniva proprio a proposito, aveva affermato a tavola, mentre tracannava l'ennesimo bicchiere di vino, senza però, quantomeno al momento che non era ancora del tutto brillo, fare menzione del perchè.


Monna Lisa ignorò completamente gli ascensori e prese decisa le scale. Ricevette una chiamata.
-Tutto a posto, mia bella signora?
-Si, caro Edgar. Qualche giovane receptionist dovrebbe però prima imparare le buone maniere, ma tant'è.
-Che ti hanno fatto? Se qualcuno si merita una risciacquata, non esitare a informarmi.
-Tranquillo, Edgar. Ho risolto. A modo mio. Soltanto riferite a Letizia della reception del piano terra di stare più attenta agli annunci anzichè tenere il naso per aria. Senza spaventarla, comunque. E ditele di non fare scandali per quanto mi ha costretta a mostrarle.
-Sarà fatto tutto come dici, mia bella signora.
Nella sala più bella del primo piano, dedicata a scrittori e poeti, Monna Lisa si fermò davanti alla scheda di Giacomo Leopardi. Sorrise, la sfilò dalla bacheca appositamente riservata e la conservò nella sua borsa. Al suo posto, inserì un'indicazione che recitava: NON PRENDETEVELA CON NESSUN IMPIEGATO PER QUEST'ASSENZA. MI SERVIVA. CON AFFETTO, MONNA LISA.


-Ti trattano bene in ditta- disse Anselmo.
-Uh, si, davvero. E oramai sono anni che finalmente lavoro soltanto di giorno. Da quella nottata strana, sapete, no? Un viavai di robot...
A Natalina quasi andò di traverso un boccone. Dunque il signor Alboino, l'amico del papà, non sia mai lavorava proprio lì?
-L'indomani, lo stabilimento fu per magia di proprietà di un uomo di latta, boh...
Si, il signor Alboino lavorava proprio lì. Ovviamente non c'era di mezzo nessuna magia, soltanto che l'amico di suo padre non ci arrivava proprio.
-Beato te- gli disse Anselmo.
-Eh, beato me- e nuovamente a tracannare.
-Ma dovete sapere che laddentro perfino gli operai si credono più fighi di me- e già si poteva constatare come il signor Alboino si fosse già ridotto mezzo brillo. -Uno soprattutto, che ora...che ora, se ne sta sempre lì...
-Lì dove?
-Lì, lì...
-Ma dove?
-Ah, si...all'ultimo piano...il piano nobile...cosa stavo dicendo?
-Stavi dicendo che un operaio se ne sta sempre all'ultimo piano. E a che fare?
-Mah...boh...non si veste mica più da operaio. E le donne che lavorano nella ditta guardano solo lui. Per la verità, hanno sempre guardato lui più di chiunque altro, perfino quando indossava la tuta da operaio- e di nuovo ad alzare il gomito.
-Dalle donne delle pulizie alle operaie, alle receptionist, le segretarie e impiegate e pure certe dirigenti...che invidia...quello lì può avere tutte le donne che vuole...tutte pensano che è più figo di me...
Accidenti. Porca miseria. Natalina guardò il fiasco. Era di marca buona, quindi non sarebbe risultato indigesto.
-Ne prendo un po'.
-Sicuro, sicuro, signorina. Questo è vino buono, di marca- rispose Alboino con voce strascicata.
No, Natalina non intendeva affatto ubriacarsi come l'amico di suo padre, ci mancava solo, ma era necessario farsi animo. Un bicchiere o due sarebbero bastati allo scopo, fino alla seduta di quel pomeriggio con il dottor Neri. Tanto non doveva guidarlo lei l'autobus che avrebbe preso. Forse però meglio solo un bicchiere, dato che Prozac e alcolici non rappresentavano esattamente l'accoppiata ideale.
-Che invidia- ripetè Alboino. -Ma loro non sanno...non sanno...che stavo dicendo?
-Che loro non sanno- rispose Anselmo, curiosissimo di ascoltare le strampalate storie aziendali dell'amico.
-Si, ecco, loro non sanno...non sanno che io in banca ho parecchio più di lui. Io lavoro da mezzo secolo e lui no. Altrimenti preferirebbero me...me...a...quel...Manfredi Palladini...
Si, certo. Come no. Accidenti, accidenti, accidenti. Comunque, povero Alboino. Se non altro, il vino gli permette di vivere su Nettuno. E se oggi l'appuntamento con il dottor Neri dovesse saltare, mi sa che lo raggiungo proprio su Nettuno. A smarrirmi tra i boschi sperduti e immaginari dei sogni del piccolo Lillo...bei tempi, quando avevo insegnato in quella scuola media e non ero nemmeno del tutto consapevole di amare Vittorio...che non è Vittorio...insomma...si stava meglio quando si stava peggio...
-Io ho...trentamila...tondi...tondi! Guardate qua, guardate- e Alboino mostrò la app bancaria bene aperta nel suo cellulare.
-Signor Alboino, queste cose vanno tenute ben nascoste. Se mostra il suo conto a destra e manca, finiranno con il venirle i ladri in casa. Si ricordi che abita al pian terreno, per giunta. E al prossimo bollo e alle prossime spese di manutenzione, non saranno più trentamila tondi tondi. I denari vanno investiti- disse Fiorina spassionatamente, dato che male o bene, la donna non mancava certo di pragmatismo.
Per la verità, anche Natalina gliel'avrebbe fatto notare, ma era troppo sopraffatta da crepuscolari emozioni e in quel momento la debolezza aveva avuto la meglio su di lei. Per fortuna ci aveva pensato sua madre, ma comunque, un consiglio dato a un ubriaco non è che solitamente sortisse chissà quale effetto. Alboino infatti parve non capire un'acca di quanto espresso da sua madre. Fiorina però non si limitò ai buoni consigli. Il suo carattere acido le conferiva l'impagabile dote di spiattellare verità brutali davanti a chiunque le si trovasse sotto tiro.
-Per non parlare del fatto che sicuramente l'amico suo non è affatto un operaio- proseguì Fiorina -e cifre come queste le vede in sei mesi, se non meno. Altro che lavorare mezzo secolo per mettere via trentamila.
-Mah, mah...però...stava sempre in tuta blu...era un...come si dice...non mi ricordo...non...mi...ricordo...
-Blue collar- lo aiutò Anselmo.
-Ecco! Si, bravo...
-Ah, ho capito, ho capito!- esclamò il calzolaio, felice come un bambino per avere azzeccato il garbuglio. -Ho capito com'è andata. Il tuo amico dev'essere laureato in ingegneria, ma sapete come la butta da circa un millennio. Oramai, gli ingegneri che non vantano nobili natali finiscono tutti a fare gli operai. Anzi, non assumono mica più nessun operaio che prima non sia laureato in ingegneria, come minimo alla triennale. Quello lì deve aver preso anche una o più specializzazioni e sicuramente trattandosi di un alfa, come si dice da oltre un millennio, è riuscito a farsi valere in ditta. E ora sicuro che fa il dirigente, ma un tempo era un operaio.
-Che, non mangi? Guarda che ti si fredda- disse Fiorina alla figlia, che vedeva piluccare come una bambina.
Mi è passata la fame, era tentata di rispondere Natalina, sentendosi addosso le occhiate indagatrici di sua madre, ma si dominò e cercò di buttar giù qualche altro boccone. A dire il vero, era assolutamente impossibile che Fiorina sospettasse delle sue eccentriche e strambe circostanze di quell'aprile che pareva un gigantesco pesce d'aprile in tutte le salse e le misure. Anzi, per meglio dire, l'intera vita di Natalina era di per sè diventata oramai un autentico pesce d'aprile.

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(immagine Pixabay gratis, autore photo-graphe, link https://pixabay.com/it/photos/pesce-daprile-sorpresa-ripieno-2196203/)

Ma conoscendo la mamma, sapeva che certi discorsi avevano il potere di stuzzicare i suoi più lugubri e grigi pensieri. Non che Fiorina avesse sempre tutti i torti. Dopotutto, la città alle soglie del quarto millennio era quella che era, ma mai le esternazioni di sua madre le erano parse altrettanto inopportune.
-Signor Alboino, è dunque come le dicevo. L'amico suo, trentamila li vede in meno di sei mesi. E già, si capisce, è un partito desiderabile, ma sa cosa le dico?
Mamma, ti prego. L'aria in casa si faceva nuovamente irrespirabile. I pensieri di Fiorina erano ovviamente andati al suo medico di campagna, che di campagna o no, era pur sempre un dottore, che nella sua giovinezza le aveva preferito la maestra laureata, molto più istruita e carina di lei, che dunque aveva dovuto contentarsi di un calzolaio di mala morte da ultraquarantenne perchè non c'era altri.
-Le dico che per una relazione seria, quello lì non vorrà niente di meno di una dirigente che somiglia a una Barbie e dallo stipendio pari al suo. Le donne delle pulizie non le guarderà nemmeno. Troppo in basso per essere minimamente considerate. Al massimo si porterà a letto le operaie, le receptionist, le segretarie e le impiegate, per dimenticarsi chi siano all'indomani, glielo dico io.
Mamma! Fiorina non aveva limiti. In realtà, più che rivolgersi ad Alboino, faceva risuonare alto il malumore derivante dalle sue frustrazioni personali. Ma era il colmo, oramai. Impossibile restarsene seduta. Mancava ancora un pezzo all'appuntamento con il dottor Neri, ma era preferibile ammuffire nella sala d'attesa di un consultorio psichiatrico a respirare grigio fumo. O c'era il rischio di trasformarsi in venditrice di fumo come Nina Ferraro.
Natalina si alzò di scatto.
-Che fai?- alzò i toni Fiorina, avvezza com'era a pesare e misurare al millimetro ogni minimo gesto e ogni parola dei suoi familiari conviventi.
-Devo andare, mi si fa tardi.
-Tardi per che cosa? Oggi non hai scuola, avevi detto- ricordò Anselmo.
-No, ma ho certi preparativi che non si possono trascurare.
-Tipo vedere il tuo preside?- e gli occhi di Fiorina brillarono di una luce sarcastica.
-No, mamma. Tipo adoperarmi affinchè i miei alunni abbiano successo nei salotti letterari e le successive presentazioni. E gli serve un'insegnante ben preparata, non una sprovveduta mentecatta.
Porca miseria. Ma perchè le era sfuggito quel termine? I genitori non ne sapevano nulla, delle visite psichiatriche e psicanalitiche e dovevano restare nell'ignoranza. Sperò non vi ponessero mente, specie data la distrazione che doveva rappresentare il loro eccentrico ospite...
-Quanto al dottor Grassini, è parecchio occupato con l'organizzazione degli eventi, non a far salotto con i docenti. E lo sai che non lo vedo al di là degli impegni didattici. Libera di non credermi come al solito, comunque.
-E te ne vai così, senza terminare il pranzo?- cambiando tono.
-Non ho più tempo.
-Dai, almeno portati dietro la frutta.
-Lo sai che a pranzo e cena non la digerisco.
Dopo tale malaugurato pranzo, impossibile digerire alcunchè, pensò la ragazza.
-Ma quantomeno portatela dietro.
A Natalina si era chiuso lo stomaco, ma per far piacere alla mamma, prese una mela e la cacciò in borsa.
-Dai, almeno un'altra. Adesso no, ma più tardi ti verrà fame.
-E va bene.
Natalina prese una seconda mela, che finì dritta sul depliant degli eventi che la bidella le aveva dato la settimana precedente. Che conteneva la descrizione del programma e indicava a chiare lettere tonde la collaborazione tra il dottor Grassini e altri dirigenti di tutto il complesso scolastico con il capo ingegnere della divisione robotica della ditta di Vittorio, Manfredi Palladini. Nessun dubbio che Vittorio era stato programmato da lui e la sua personalità doveva essere una replica di se stesso. Meravigliosamente programmato e soltanto un genio fuori del comune poteva riuscire a tanto. Ovviamente, la personalità di un androide non poteva certo apparire innata, dato che L'uomo bicentenario* non era affatto reale. Quand'anche le avrebbe fatto molto comodo lo fosse stato. Il pomeriggio dell'escursione al piccolo museo di campagna le aveva chiarito le idee. Non che avesse mai creduto che il caso di Andrew Martin** potesse diventare oro colato, sia pure alle soglie del quarto millennio, ma inconsciamente era davvero preferibile credere di amare un androide, anzichè amare sul serio un perfetto sconosciuto che per giunta si trovava in cima alla scala sociale. Immaginava quale potesse essere il filo di pensieri che stava seguendo sua madre in quel momento. Che un ingegnere di successo giovane e bello non poteva che starsene bene alla larga da una prof. fallita che insegna una lingua morta quando ha la fortuna che la chiamano. Figlia di un calzolaio di mala morte, per giunta. Specie ora che l'ultimo covid aveva finito di rovinare la classe media e a maggior ragione i piccolo-borghesi. Diventati i nuovi poveri, sia pure poveri relativi. Ma che brutta parola...o forse erano i poveri, sia pure poveri relativi, a essere i nuovi piccolo-borghesi. Dipendeva dal punto di vista del giornalista di turno, ma vabbè, meglio non pensare e correre a chiedere aiuto al dottor Neri. Sistemò la lavagnetta e i gessetti in una scatola di scarpe grigio antracite che non conteneva scarpe, ma i ricordi dei nonni paterni. Suo padre la conservava nel terzo ripiano dello sgabuzzino, evitando oramai come la peste di tenere quei cari vecchi ricordi in camera da letto, da quando Fiorina gli aveva gettato nell'immondizia l'originale della lavagnetta appartenuta a nonno Alex. Le venne tra le mani un diario elettronico, ricordo di nonna Gi. Che sorpresa! Quasi lo aveva dimenticato. Il papà glielo aveva fatto leggere quando ancora frequentava le scuole medie. Lo sistemò in borsa assieme alle mele e tutto il resto. Le avrebbe fatto compagnia in una giornata così pesante.
-Non aspettatemi per cena, che vado da zia Mina e ci resto per dormire. Casa sua è a posto, oramai. Papà, ho preso il diario della nonna, da leggere prima di nanna.
-Ma è possibile che tu debba rompere le scatole a mia sorella in continuazione?- sbuffò Fiorina. -Manco fossi una senzatetto. Non ce l'hai una casa dove dormire? Che scapestrata!
-Voglio stare un po' con gli zii e con Bartolino, che non si può?
-Ma si, dai, lasciala in pace- intervenne Anselmo. Non hai sentito che gli hanno ultimato i lavori?
-E certo, il solito accomodante.
Nel frattempo il signor Alboino aveva terminato mezzo fiasco di vino tutto da solo e dopo una serie di sbadigli neanche non dormisse da una quindicina di anni, s'era appoggiato con i gomiti e il mento sul tavolo dell'amico Anselmo. Oramai russava peggio di una locomotiva e nemmeno gli alterchi dei suoi amici erano in grado di svegliarlo.
Fiorina divenne improvvisamente, stranamente e curiosamente taciturna. In circostanze normali, specie approfittando del gran russare di Alboino, avrebbe come al suo solito inveito contro Anselmo.
La prossima volta che decidi di portarmi a casa a pranzo un amico beone, abbi quantomeno la garbatezza di organizzarti con adeguato anticipo per potermi avvisare, anzichè farmi di queste quanto mai gradite improvvisate. Dato che marito e moglie condividevano lo stesso cellulare, non potendosene permettere uno per ciascuno, ad Anselmo non sempre era possibile chiamare a casa per avvertire Fiorina di qualche cambio di programma. Vero era che proprio quell'asfissiante lunedì poteva invece chiamare la figlia, in casa per pura combinazione, dato che l'organizzazione degli eventi scolastici della settimana avrebbe tenuto fuori tutto il giorno il dottor Grassini, il quale aveva preferito sospendere le lezioni fino all'indomani. Ma Anselmo non ci aveva proprio pensato, a farsi vivo con la figlia.
Fiorina però si stava facendo i due conti del ragioniere e tacque. Alboino aveva trentamila in banca e di lì a poco avrebbe ricevuto un aumento di stipendio. Se ben guidato, avrebbe potuto investire quel denaro anzichè lasciarlo morto sul conto corrente a farselo corrodere dalle spese amministrative e dai bolli statali. E pure metter via qualcosa dal suo nuovo stipendio ogni santo mese. Seguendo le indicazioni del commercialista di sua sorella e suo cognato, Anselmo e Fiorina avevano già effettuato il passaggio di proprietà dei loro trentottomila alla figlia, affinchè non se li mangiasse il condominio a causa dei condomini insolventi, le cui spese arretrate i solventi prima o poi potevano essere chiamati a ripianare. E ora le veniva mente l'unione dei due patrimoni. S'era bene accorta di come Alboino guardava sua figlia e sebbene la parola patrimonio risultasse troppo grossa per una cifra che ai bei tempi di Felicino Bistolfi quest'ultimo avrebbe definito ridicola, sessantottomila potevano costituire una mezza garanzia. Le risultava poi che l'amico di suo marito fosse proprietario del monolocale dove viveva, le cui spese condominiali risultavano bassissime. Piano terra di un condominio privo di ascensore, dove i condomini se la sbrigavano da soli per la pulizia delle parti comuni. Certo, non poteva paragonarsi alle un tempo ricchezze di Felicino Bistolfi, ma qualcosa era pur sempre qualcosa. Fiorina dunque si tenne per sè i suoi malumori, stavolta. L'unico cruccio, che molto probabilmente sua figlia avrebbe fatto la schizzinosa nuovamente, ma sperava che il passare del tempo le avrebbe fatto acquisire abbastanza giudizio da cominciare a organizzarsi per il futuro.
Natalina corse via di casa. L'ascensore era occupato, ma poco male. Abitando al primo piano, non lo prendeva quasi mai, tranne che quando cercava di sfuggire a qualche quisquilia sollevata dai genitori, per avere modo di non dovergli rispondere. Spesso infatti aprivano la porta mentre si trovava fuori nel pianerottolo, perchè c'era spesso qualcosa da ridire su qualcos'altro. Provò a rimediare precipitandosi giù per le scale più in fretta che potè, facendo pur sempre attenzione a non rompersi il collo e infilando il portone ancor più alla svelta.
Il dottor Neri deve aiutarmi. Deve aiutarmi a dimenticare un uomo che non posso avere. Che non ho mai visto in vita mia...per mia somma fortuna. E spero neppure in seguito, anche se da mercoledì gli starò praticamente sotto casa. Ma sono fiduciosa che non scenda mai...mai...come dice Alboino...dopotutto, in vino veritas...

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(immagine Pixabay gratis, autore ponce_photography, link https://pixabay.com/it/photos/vino-schizzi-vetro-rosso-alcol-1543170/)


Dall'ascensore uscì un'anziana dall'età imprecisata, dai grandi occhiali alla moda e i capelli grigio antracite portati in un taglio Chanel. Si fermò davanti alla porta dei Granata, scuotendo la testa con un'espressione disincantata o forse di paziente rassegnazione. Ma non del tutto. Mai del tutto, come nella vita di un tempo che fu.
La discutibile storia continua.

*L'uomo bicentenario: 1999, regia di Chris Columbus, tratto dall'omonima opera di Isaac Asimov e il suo sequel a quattro mani con Robert Silverberg Robot NDR-113

**Il nome dell'androide protagonista dell'opera di cui sopra

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