ALTERNATIVE IMPOSSIBILI

in Italy3 years ago

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foto di mia proprietà

Ti illudi sempre.
O meglio spesso, forse sempre più spesso.
Che sia la volta buona, quella della svolta, quella che passi da volere smodatamente a temere con la stessa identica mancanza di misura.
Non perché non stai bene dove sei, anzi: proprio perché ci stai ancora bene e sai com’è importante uscire di scena quando ancora il pubblico applaude, lasciare che ti ricordino così, oggetto di complimenti ritmati dal battito delle mani.
Ma qui non si tratta di tornare dietro le quinte dopo una serata provata e riprovata sudandone ogni dettaglio, nessuna magia da palcoscenico, nessuna effimera gloria di una notte.
Questa è la realtà, ti hanno detto.
Ti sei detto.
Tu, entrato al liceo carico di aspettative pompate in vena da anni di chi studia si costruisce un futuro e poi non deve spaccarsi la schiena a fare un lavoro di merda sottopagato e sfruttato da qualche padrone solo tu sarai padrone di te stesso.
Ci hai creduto, eccome se ci hai creduto.
E sì, per certi versi era anche vero, peccato che il mondo è cambiato proprio mentre camminavi per i corridoi di quel liceo per andare a prendere il caffè alla macchinetta.
Bastardo.
Non te ne sei nemmeno accorto mentre cambiava, visto che non eri solo, l’adolescenza ti teneva compagnia rarefacendo l’aria insieme alla tua lucidità.
Se, nell’anno della tua nascita, invece di venire al mondo ti fossi laureato quel pezzo di carta avrebbe avuto un valore che adesso ti sogni, sotto tutti i punti di vista: economico, sociale, personale, finanche previdenziale.
E invece la tua laurea non fa invidia a un diploma da elettricista, con tutto il rispetto.
L’hai presa quasi per inerzia sì, perché comunque non ci si scrollano di dosso anni di retorica nell’estate della maturità.
E se poi il mondo cambia di nuovo? Se è solo un momento di passaggio?
Forse dovevi emigrare, come quel tuo amico.
Meglio, dovevi prenderla altrove quella laurea, o un’altra, quando avevi il tempo per farlo, l’età giusta, quel senso vertiginoso di scelta davanti all’assortimento delle possibilità, tutte in fila, vuole favorire?
Sei ingiusto, sai di essere ingiusto.
Lavori grazie a quel titolo così inflazionato, in fondo.
Lo stipendio arriva puntuale tutti i mesi, anche se basta per un soffio e al massimo lo può accrescere, con moderazione s’intende, qualche scatto d’anzianità.
Hai praticamente fatto tutta la carriera possibile nel tuo settore… perché la fantasia ha un potere enorme, ma il sarcasmo della realtà è pressoché imbattibile.
C’è gente che non ha potuto studiare, lavora per miracolo, guadagna meno di te, ingoia frustrazione tutte le mattine.
A proposito di retorica.
Tu, di cosa ti lamenti esattamente?
Di niente, vorresti rispondere al tuo interlocutore immaginario.
Vorresti spiegargli la differenza tra lamentarsi e constatare una realtà, riconoscerle i punti di forza e, nonostante tutto, avere il diritto di sperare di meglio.
Ma siamo tutti figli della morale cattolica, anche quando la rinneghiamo, accidenti.
Ci hai provato mille volte a spiegarlo, il concetto per intero comprensivo di eredità cristiana.
Non ti è mai riuscito benissimo il tentativo, inutile nascondersi.
Hai smesso, se non altro perché poi di fronte alle riduzioni semplicistiche sei incapace di non scadere in atteggiamenti supponenti.
Già non sei il miglior fan di te stesso, non ti sembra opportuno peggiorare la situazione.
A ridestarti dai pensieri è una sottile ma invadente vampata di calore, ti guardi la manica della giacca.
Velluto a coste.
Le coste sono fini, ti sembravano più eleganti.
Ottobre è agli sgoccioli, ma oggi c’è il sole.
Se non fossi qui per un colloquio te la saresti già tolta, questa giacca che parla di te forse più del tuo curriculum.
Hai sempre provato un’invidia benevola verso chi con naturalezza sa scegliere esattamente cosa mettersi in ogni occasione, non ci deve nemmeno pensare.
Tu ci pensi, ti ci applichi pure, e fai casino.
In giacca e cravatta è troppo, in jeans e polo è troppo poco, hai cercato affannosamente la via di mezzo.
Adesso ti guardi e registri il fiasco dell’impresa.
Vabbè.
Nessuno sa dove sei stamattina, ricominci a pensare guardandoti intorno, oscillando quasi impercettibilmente sulla sedia.
Il senso di colpa, ancora.
Questo è il tempio dei nemici.
Il loro luogo sacro, e tu ci sei dentro per tentare di restarci.
Chi ti foraggia ogni mese in cambio del lavoro per cui ti riconosce capacità e merito qui non resterebbe un minuto, tu lo sai e sempre hai sostenuto la stessa causa, perché noi non siamo come loro, facciamo lo stesso mestiere ma non vogliamo farlo come loro, non ci riconosciamo nel loro vuoto di principi, i soldi non possono vincere su tutto.
In quella causa ci hai creduto anche tu, ci credi ancora, eppure sei qui.
Contradditorio, o forse sarebbe più onesto dire ipocrita.
Un’altra vampata di calore, questa volta non è il sole autunnale ad aver alzato la temperatura nella stanza.
Chissà se chi sa scegliere i vestiti abbinandoli tra loro con disinvoltura sa anche come si conciliano i desideri con la coscienza.
Puoi ancora andartene, puoi farlo ora, ti alzi e te ne vai, magari facendo un inchino prima di uscire.
Ma la porta dell’ufficio di fronte si apre, adesso tocca a te, non sei forse qui per giocarti l’ennesima carta?

con questo racconto partecipo a theneverendingcontest n°134 S4-P7-I3- Contest

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bel racconto! fotografa molto bene la realtà attuale. Non è il più forte a restare in piedi, ma quello che si adatta al cambiamento... ed in 20 anni la nostra realtà è cambiata tantissimo

Grazie, mi fa piacere!
Sì, un cambiamento a volte spiazzante direi...

Stupendo, un flusso di pensieri in cui molti, ahimè, si riconosceranno. Benvenuta nel contest!

Grazie mille!

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