Quando persino i tifosi più aziendalisti gettano la spugna, significa che gli indizi raccolti al momento appaiono sufficienti, in numero e sostanza, a formare le prove. Tranquilli, oggi non aggiungeremo un ulteriore capitolo alla storia del pubblico ministero odiatore, né parleremo della violazione di regole che non esistono o di intercettazioni grottesche, ma ci concentreremo esclusivamente sul campo.

Ho provato una sorta di profonda tenerezza per i miei colleghi di tifo che dopo Salerno avevano, per l'ennesima volta, invocato la fantomatica "svolta" della stagione. Seppur vero che in terra campana la Signora era riuscita, per la prima volta nell'ultimo anno e mezzo, a vincere dominando l'avversario, chi ormai ha compreso fino in fondo le (in)capacità di Massimiliano Allegri non ha tardato a mettere tra i denti la classica foglia della diffidenza, immaginando come già dalla gara con la Fiorentina le cose sarebbero tornate al loro posto.

Diciamolo pure: se acciughina non è stato capace di capirci nulla in un campionato e mezzo, svilendo continuamente le qualità della propria rosa per ridurla a pungiball persino di Monza e Maccabi Haifa, sperare che trovasse la chiave dorata ora, in una situazione psicologica ancora più complicata, rappresentava davvero un'utopia.

_{Massimiliano Allegri, Foto da All-Pro Reels from District of Columbia, USA, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons}

La verità è che la Juve andrà avanti così, sfangandola il più delle volte contro le medio-piccole, grazie ai colpi di qualche giocatore o alla fortuna, venendo tuttavia ripassata, come successo a Napoli, quando il livello di difficoltà aumenterà. Soldi per un cambio di guida tecnica, nemmeno a dirlo, non ce ne sono, e del resto se non lo si è fatto quando la situazione lo imponeva, procedere proprio mentre la barca affronta la tempesta non avrebbe alcun senso.

A difesa di Allegri va comunque riconosciuto l'aver avuto il coraggio di osare, e di affrontare la gara con la Fiorentina finalmente con il piglio giusto, anche se il 3-4-3 disegnato sulla carta è finito sempre più spesso per assomigliare al classico 3-5-2, con Di Maria, nelle idee iniziali largo a destra, portato sempre più spesso ad arretrare in mezzo per provare ad inventare qualcosa.

Dopo un discreto primo tempo, concluso meritatamente in vantaggio senza mai rischiare, il tecnico bianconero si è tuttavia fatto assalire dalla sua solita natura da novello Don Abbondio. Temendo di non portare a casa il risultato, Allegri si è arrovellato in una paio di cambi difensivi scriteriati (fuori le due punte esterne, sostituite da altrettanti centrocampisti), abbassando così il baricentro della squadra in maniera pericolosa.

Ed infatti, dal settantesimo in poi, complice anche un preoccupante calo fisico, la Juventus non ha più messo piede nella metà campo viola, badando unicamente a difendere il risultato. Che il calcio sia una cosa semplice è un mantra ripetuto spesso dallo stesso tecnico toscano, che tuttavia mostra di non comprendere ancora una volta come il rischio di prendere goal sia il più delle volte direttamente proporzionale alla vicinanza del gioco alla propria porta.

_{Don Abbondio, personaggio de "I promessi sposi", di Alessandro Manzoni. Foto da Francesco Gonin, Public domain, via Wikimedia Commons}

Dai e ridai, tra un cross, un colpo di testa e un tiro, rischiando dieci volte è facile che all'ultima si verifichi il fattaccio. E la Fiorentina infatti, in una delle azioni conclusive, aveva trovato il goal del pareggio grazie ad un grande tiro da fuori di Castrovilli, vanificato solo da un precedente fuorigioco millimetrico di Ranieri.

E qui apriamo il capitolo VAR, perché senza l'annullamento delle due reti di Vlahovic e Castrovilli, entrambi per un fuorigioco largo un paio di millimetri, a quest'ora staremmo parlando (soprattutto nel caso del primo) di una partita diversa. Ha senso ritenere una ciocca di capelli o il tacco di uno scarpino al di là del penultimo difendente un vantaggio di posizione tale da inficiare sulla regolarità del goal?

La risposta, anche in questo caso pare evidente, ma allo stesso tempo il problema di difficile risoluzione. Qualcuno chiede di impostare una soglia di tolleranza (10 centimetri?) o di tornare addirittura al concetto di "luce" tra difensore e attaccante, ma temo che le diatribe non verrebbero risolte. Come ci si comporterebbe infatti nel caso di un fuorigioco di 10,2 centimetri? O di un millimetro di luce?

Ormai si è arrivati al punto che i goal non si festeggiano, fino alla convalida del VAR. La soluzione sarebbe semplicemente quella di tornare indietro, come proposto stranamente da qualche grande sostenitore dello strumento anti-ladrocinio per eccellenza, che tuttavia così come lo aveva invocato, ora lo rinnega. Il bello del calcio è proprio questo: memoria da elefante quando conviene, cortissima in altri casi.

Statemi bene, alla prossima!

_{Photo by John Hain, free to use (Pixabay)}

• Szczesny 5.5 - In realtà mai davvero impegnato, se non nell'occasione del goal (annullato) di Castrovilli, sul quale regala la sensazione di tuffarsi in ritardo.
• Danilo 7 - L'unico membro della difesa che con la palla tra i piedi non procura brividi. Sempre attento e sicuro nelle giocate.
• Bremer 6,5 - In miglioramento, combatte a sportellate con gli attaccanti viola senza perdere quasi mai il duello.
• Alex Sandro 5,5 - Grossi disastri non ne ha combinati, ma quando la sfera transita dalle sue parti è meglio cominciare a pregare.
• De Sciglio 6 - Il più delle volte si smarca bene, anche se con la palla tra i piedi preferisce giocare indietro. Non è di certo Garrincha, utile più in fase difensiva che avanzata.
• Locatelli 5,5 - Spesso in confusione, gioca da fermo, sbagliando una miriade di passaggi.
• Rabiot 7 - Presenza costante a centrocampo, soprattutto in fase di interdizione. Quando la partita lo richiede non si estranea dalla lotta e marchia il risultato con il quarto goal personale in campionato.
• Kostic 7 - Si divora un goal nel primo tempo, però cresce alla distanza ed è di gran lunga il più lucido tra i suoi nella fase calda, quando la squadra è chiamata a ripartire e tenere palla nella metà campo avversaria.
• Di Maria 6,5 - Arretra, si allarga, inventa e serve l'assist per il goal di Rabiot. Chissà cosa avrebbe potuto combinare qualche anno fa, se si fossero investiti su di lui i soldi finiti all'Ajax per lo scaldabagno olandese.
• Vlahovic 6 - La buona volontà ce la mette, ma come sempre soffre la marcatura ad uomo di un centrale fisicamente potente, come Milenkovic.
• Chiesa 6 - Lontano dalla migliore forma, si intestardisce spesso in soluzioni personali, ignorando compagni meglio piazzati, per la gran voglia di tornare a segnare.

Fagioli 6,5 - Lucido e mai in affanno nella giocata.
Kean 4,5 - Appena entrato si divora un paio di goal che avrebbero chiuso la partita, per poi vagare, inutile come una macchina del ghiaccio al Polo Nord, per la restante mezz'ora.
Paredes 4 - Probabilmente già con la testa di nuovo a Parigi, tocca a mala pena due palloni, rischiando in entrambi i casi di mandare in porta gli attaccanti avversari.