PIU' GIOVANI IN CAMPO

Il cosiddetto "Decreto Crescita" è stato introdotto nell'aprile del 2019 dall'allora governo presieduto da Giuseppe Conte, come misura volta a favorire la ripresa economica e per rispondere a particolari situazioni problematiche in materia di lavoro e sviluppo. In una delle sue norme, esso si occupava nello specifico del "rientro dei cervelli", concedendo ai lavoratori residenti all'estero che intendessero prestare la propria opera in Italia un regime fiscale agevolato, a partire dal 1 gennaio del 2020.

Questa opzione, riconosciuta sia ai lavoratori che alle aziende, è stata sfruttata non solo da alcuni italiani residenti all'estero, desiderosi di rientrare nel Belpaese, ma anche da tutte quelle realtà lavorative che hanno potuto beneficiare di sostanziosi sconti sulle tasse nel dotarsi di forza lavoro che provenisse al di fuori dai confini nazionali.

Il mondo del calcio nostrano, in particolar modo, ha sfruttato il decreto crescita per ingolosire una serie di grandi (?) nomi stranieri e convincerli a calcare i prati della Serie A anziché quelli solitamente più ricchi degli altri campionati. Gli arrivi in Italia, tra gli altri, di Lukaku, Osimhen, Leao, Thuram, Pulisic e il rinnovo con la Juventus di Adrien Rabiot sono in qualche modo figli degli sgravi fiscali concessi dal decreto, che ha permesso alle società di poter concedere qualcosa in più sul piano dello stipendio, e ai calciatori di goderne in maniera più sostanziosa.

Sembrava che la norma, vista la forte pressione del mondo del calcio, dovesse essere inserita all'interno dell'ormai tradizionale decreto "Milleproroghe" di fine anno, in modo da poter essere rinnovata ancora per il 2024, ma dopo una battaglia piuttosto accesa all'interno del Consiglio dei Ministri, la stessa è stata stralciata dal provvedimento ed è andata a naturale scadenza il 31 dicembre del 2023.

Niente più sgravi fiscali per i club, da qui in avanti, ma a chi, come la Lega Calcio Serie A, ha chiesto subito di ripensarci, ritenendo l'aiuto statale decisivo per la ritrovata competitività dei club tricolori in Europa (come dimostrerebbero le tre finali raggiunte nella passata stagione e la vittoria della Conference League della Roma nel 2022), si oppongono coloro i quali preferiscono snocciolare dati più concreti.

Come ogni medaglia luccicante che si rispetti infatti, anche questo aspetto ha portato con se una faccia oscura decisamente meno piacevole. I club hanno cominciato a puntare sempre di più sui calciatori stranieri, persino nei vivai, e il numero di calciatori provenienti dall'estero in Serie A è lievitato a dismisura, arrivando a toccare il 61% dei tesserati delle varie rose.

Questo aspetto tuttavia potrebbe anche non rappresentare un qualcosa di negativo, in nome di un innalzamento della qualità dello spettacolo, ma siamo sicuri che tutti i "legionari" siano risultati utili alla causa? Non proprio: un calciatore straniero su cinque in questa stagione ha calcato i campi del nostro campionato per meno di 340 minuti e, tra queste risorse utilizzate col contagocce, l'80% non ha mai visto i prati verdi dei nostri impianti, o lo ha fatto comunque per meno di 200 minuti complessivi.

_{Lo stadio Diego Armando Maradona di Napoli, Gaetano Capaldo, CC BY 4.0, da Wikimedia Commons}

Inoltre è bene considerare anche un aspetto affatto trascurabile, come la crisi di talento alla quale è andata in contro la nostra nazionale, per la seconda volta consecutiva non in grado di qualificarsi ai mondiali e abile ad acciuffare un biglietto per gli europei di Germania del 2024 soltanto all'ultima partita, grazie ad uno striminzito secondo posto nel girone di qualificazione a pari punti con l'Ucraina.

Mettendo sui due piatti della bilancia virtuale il peso specifico dei calciatori giunti nel nostro campionato in grado di alzare sensibilmente il livello delle squadre, e il possibile vantaggio derivante dal dover per forza di cose cominciare a puntare di più sulle giovani leve provenienti dai vivai, sembra possibile vedere una decisa pendenza dalla parte del secondo.

Non si tratta certo di un'equazione matematica, ma come in tutte le "arti" la pratica riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo delle abilità. Se d'ora in avanti dalla panchina della nostra squadra del cuore o, perché no, nell'undici iniziale di alcune partite più "leggere", vedremo calpestare il campo a ragazzi del vivaio anziché ad altisonanti nomi stranieri, proviamo a guardare al lungo periodo e sognare che nuove generazioni di Baresi, Maldini, Baggio e Giannini stiano finalmente crescendo.

Statemi bene, alla prossima!

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