Nelle precedenti esperienze lavorative, un po' come capita a tutti coloro i quali si trovano gomito a gomito con diversi colleghi o clienti, ho dovuto trascorrere un significativo numero di ore della giornata a contatto con persone di vario tipo. Come sempre accade in questi casi, talune risultavano al mio personale giudizio più gradevoli di altre, tanto da ricercarne a volte la compagnia anche oltre l'orario "imposto", mentre talaltre molto meno. E' la natura delle cose, non si può piacere a tutti e non con tutti si riesce a trovare il giusto feeling.

Spesso nei luoghi di lavoro si crea una naturale divisione tra chi tira le fila della baracca e chi presta la propria opera ai piani inferiori della piramide. Ogni "livello" della stessa tende a possedere il proprio grado di corporativismo, dato che la condivisione di gioie e dolori favorisce il formarsi di legami naturali, ma purtroppo anche a far proliferare i cosiddetti "cerchiobottisti", personaggi indecifrabili che strizzano l'occhio alla parte della forza con la quale, in quel determinato momento, possono trarre più vantaggio.

Questi ultimi spesso aizzano le folle alla ribellione contro i tiranni dei piani superiori, ma al momento di prendere posizione nella "lotta", si ritirano in buon ordine, preferendo non perdere la preziosa neutralità. E se glielo fai notare, si offendono e si arrabbiano, sostenendo di voler stare fuori dai quei conflitti capaci di turbare la serenità lavorativa, nonostante proprio ad essi sia riconducibile la scintilla che ha dato il via al tutto.

Non userò aggettivi (sarebbero per forza di cose volgari) per definire persone di questo tipo (specialmente quelle che devono il repentino cambio di umore a situazioni "particolari", che poco hanno a che vedere con questioni lavorative e molto con quelle relazionali), ma mi rifarò, come spesso mi capita, alla saggezza popolare: "Tirare il sasso e nascondere la mano" è uno splendido modo di dire, che riassume alla perfezione il comportamento di chi agita le acque, per divertimento o tornaconto personale, senza tuttavia avere il coraggio di assumersene le responsabilità.

Se spostiamo l'attenzione all'attualità calcistica, il più fulgido esempio di agitatore delle acque dell'ultimo periodo non può che coincidere con la figura del Pubblico Ministero della procura di Torino, il napoletano Ciro Santoriello, uno dei promotori dell'inchiesta penale denominata "Prisma" a carico della Juventus e dei suoi dirigenti.

Decine di migliaia di intercettazioni, telefoniche e ambientali, oltre ad un numero di fascicoli e pagine da far invidia alla Treccani, per mettere nero su bianco alcuni comportamenti abituali delle società calcistiche italiane, come quello delle plusvalenze a specchio (che peraltro nel bilancio della Juventus avrebbero inciso per una percentuale ridicola, intorno al 3%), oppure il sospetto slittamento di alcune passività (tre mensilità dovute ai calciatori), da un esercizio contabile ad un altro.

Insomma, nulla in grado di condizionare l'andamento sportivo dei vari tornei ai quali la società bianconera ha preso parte (si parla forse di qualche reato contabile, che se riconosciuto in giudizio verrà adeguatamente imputato ai responsabili), ma che si è trasformato sui giornali specializzati e nelle trasmissioni televisive a tema nella caccia a Jack lo squartatore, senza che nemmeno il processo vero e proprio fosse nemmeno ancora iniziato.

_{Foto di succo da Pixabay - Free to use}

Già, perché la sensazione piuttosto forte, ricavata dalla quasi totalità dei sostenitori della Vecchia Signora, è che il processo penale sia stato messo in piedi, prima ancora che per accertare reati da un punto di vista contabile, per colpire la società sul piano sportivo. Santoriello, che in un convegno pubblico tenuto qualche anno fa si era dichiarato un fiero "odiatore" della Juventus, ben conosce i meccanismi della giustizia sportiva, che per questioni di tempo, in casi del genere, utilizza come unico materiale su cui basare un giudizio quello proveniente dalle procure.

A questo punto della storia, fare due più due è apparso logico, o quantomeno sospetto per chiunque osservasse le cose in buona fede. Una memoria difensiva scritta in un tempo limitato, senza per forza di cose avere accesso a tutti gli atti utili per imbastire una strategia corretta (comprese possibili intercettazioni scagionanti) non potrà mai avere la stessa valenza di migliaia di pagine accusatorie e un Pubblico Ministero tifoso avrà sempre gioco facile per danneggiare dal punto di vista sportivo un'eventuale squadra odiata.

Ieri è tuttavia giunto il classico colpo di scena alla vicenda. Santoriello, per preservare la credibilità delle istituzioni, ha deciso di fare un passo indietro e di abbandonare l'inchiesta, lasciandola nelle mani dei due colleghi che lo hanno coadiuvato nelle indagini. Un po' troppo tardi per nascondere la mano, per chi ha ormai ricoperto la sua figura, e quella di un'intera procura, totalmente di ridicolo.

Statemi bene, alla prossima!

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