Pianti e rimpianti [#steemexclusive]
Miniatura realizzata sul sito www.canva.com
José Mourinho, photo by Steffen Prößdorf, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons
Simone Inzaghi, photo by Football.ua, CC BY-SA 3.0 GFDL, attraverso Wikimedia Commons
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Cari amici appassionati del campionato italiano,
abbandonate pure le dirette sul calciomercato, con insulti a sport poco graditi annessi, del buon Michele Criscitiello, e strappate le pagine relative alle compravendite del vostro quotidiano preferito, per riporle nel cassetto almeno fino a giugno: la Serie A è ripartita alla grande e l'unica cosa che conta torna ad essere, finalmente, il verdetto del campo.
Risultati che, nelle prime tre partite della ventiquattresima giornata, non hanno lesinato sorprese, né le solite lamentele da parte di chi non è riuscito, per un motivo o per un altro, a superare l'esame. All'Olimpico, vestito a festa per la Roma di José Mourinho (dieci e lode ai tifosi giallorossi per il coraggio e per l'attaccamento alla maglia), i beniamini di casa non sono riusciti ad andare oltre lo zero a zero contro un coriaceo Genoa, quanto meno pungolato nell'orgoglio e nella voglia di combattere dalla cura Blessin.
Novanta minuti, o quasi, trascorsi nella metà campo dell'avversario, a fronte tuttavia di poche nitide occasioni da rete. La Roma ha dominato la partita, ma è riuscita a sbloccarla per pochi secondi di gioia solo al novantesimo, grazie ad un'invenzione di Zaniolo, cancellata tuttavia dal VAR per un precedente fallo di Abraham. Proprio le proteste colorite rivolte all'arbitro Abisso dal giovane attaccante azzurro nell'occasione, hanno fatto in modo che la felicità per una vittoria sofferta si trasformasse in sconforto, dopo che lo stesso Zaniolo si è visto sventolare davanti al volto il cartellino rosso.
Ma il peggio per la Roma è arrivato, come di consuetudine, nelle conferenze stampa del dopo partita. Mourinho, invece di spiegare alla stampa e ai tifosi i motivi tecnici che hanno impedito alla sua squadra di superare la penultima in classifica, ha spostato come da copione l'attenzione sull'espulsione di Zaniolo, avvenuta peraltro a partita praticamente conclusa. E così un episodio marginale è diventato spunto per ribadire la storiella della squadra invisa ai "poteri forti", che per un'altra settimana terrà buoni e ipnotizzati i sostenitori giallorossi, evitando che comincino a domandarsi come mai la squadra renda, sotto la guida del presunto special one, addirittura meno che negli anni precedenti.
I "pianti" della giornata tuttavia non sono terminati. A San Siro è andato in scena il derby della Madunina numero 176 in Serie A, vinto dal Milan in rimonta per 2-1. Il risultato che tutti (tranne i tifosi dell'Inter) si auguravano, per veder riaperto un campionato altrimenti fortemente indirizzato verso un bis nerazzurro, è apparso agli occhi degli appassionati tutto sommato corretto, con l'Inter, in pesante calo fisico, surclassata dai cugini nella ripresa.
Anche in questa occasione il tecnico nerazzurro, Simone Inzaghi, ha preferito come da piatto forte della casa, ricorrere agli alibi, invece che soffermarsi sull'evidente debito d'ossigeno dei suoi o sulle papere di Handanovic, che hanno favorito la seconda rete di Giroud. Per il fratello di Super Pippo un fallo non fischiato a metà campo, nell'azione del goal del pareggio, e la stanchezza dei nazionali (tre, di cui solo uno ha giocato titolare) avrebbero condizionato pesantemente il risultato della gara.
In realtà sembra che ai campioni d'Italia stiano insorgendo tutti i sintomi dell'Inzaghite, quella "malattia" più volta vista alla Lazio nelle stagioni precedenti e che permetteva alla squadra di volare oltre ogni aspettativa fino all'inizio della primavera, per poi cedere di schianto proprio sul più bello: Empoli in Coppa Italia, Juventus in Supercoppa e Venezia in campionato, sono tutte partite portate a casa dai nerazzurri nell'ultimo mese solo nei secondi finali, spesso senza meritarlo e senza che le difficoltà incontrate facessero scattare un campanello d'allarme nella testa di Inzaghi.
Ora per l'Inter si prospetta all'orizzonte il mese più difficile dela stagione, con le sfide alla Roma in Coppa Italia, al Napoli in campionato e al Liverpool, per gli ottavi di finale della Champions League. Passare dalle stelle alle stalle per Inzaghi e i suoi potrebbe rivelarsi affare rapidissimo, tanto quanto il ritorno delle lamentele dei vari tifosi interisti VIP, riapparse all'improvviso a riempire le colonne dei giornali dalla chiusura del calciomercato in poi.
Evidentemente alcuni colpi di quegli avversari sui quali si basa ogni mossa, uniti al dubbio che la festa stia piano piano volgendo al termine, devono aver inferto un duro colpo ai tanti Paolo Bonolis sparsi nel mondo dell'intrattenimento, così come l'assenza di Dusan Vlahovic all'interno della linea d'attacco della Fiorentina. I tifosi viola si sono chiesti ironicamente, tramite uno striscione esposto prima dell'inizio della partita con la Lazio, chi avesse bisogno dell'ariete serbo, e a giudicare dalla prestazione della squadra e da quella del sostituto, Cabral, la risposta sembra piuttosto evidente.
La banda di Vincenzo Italiano è apparsa come frastornata, demotivata dalla consapevolezza di aver subito l'ennesimo ridimensionamento della propria storia, sconclusionata in campo come poche altre volte e capace persino di rianimare una polveriera incandescente come la Lazio di Maurizio Sarri. Dalle parti di Formello, luogo in cui dopo il mercato inesistente fatto dalla società si era scatenata l'ira dei tifosi e dello stesso tecnico, in un clima da tutti contro tutti, sentitamente ringraziano.
Così come probabilmente, in cuor suo, starà facendo lo stesso Vlahovic, che ora potrà sentirsi meno in colpa per aver abbandonato una squadra che, "frecciatina" alla mano, non ha più bisogno di lui.
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Ottima sintesi amico mio.
Grazie fratello 😉👍
Great job!
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