La volpe e l'uva, in chiave moderna

Già nel sesto secolo avanti Cristo, il famoso scrittore greco conosciuto con il nome di Esopo si divertiva, attraverso le sue favole, a stigmatizzare alcuni comportamenti tipici degli esseri umani. Le storie della cicala e la formica, quella del ragazzo che gridava al lupo o del leone e il topo sono diventate talmente famose nel corso dei secoli da essere sopravvissute fino ai giorni nostri, tanto da diventare parte integrante della saggezza popolare.

Difficile, tra gli oltre trecentocinquanta componimenti scritti da Esopo, sceglierne uno, ma quello della volpa e l'uva è forse capace più degli altri di trovare, attraverso la sua morale, riscontro nella vita di tutti i giorni. In esso, nello spazio di appena cinque righe, vengono narrate le disavventure di una volpe che avendo notato dell'uva adagiata su di un alto ramo, nonostante gli sforzi, non riesce a raggiungerla.

Per auto-convincersi che la perdita non era poi così grande, l'animale tira fuori un'improbabile giustificazione, definendo l'uva come acerba e trasformando così l'accaduto da fallimento quasi in una fortuna. E di "volpi" simili, a decine di secoli di distanza, credetemi, ne girano ancora parecchie.

Si perde il telefono? Poco male, tanto lo si doveva cambiare. Non si riesce a partire per le vacanze? Meglio, dato che di sicuro non ci si sarebbe divertiti. Si ferma la macchina in autostrada? Finalmente si avrà il tempo per farla guardare da un meccanico. Nient'altro che scuse, di chi invece che prendere atto delle proprie "sconfitte" per provare a migliorare, preferisce girare la testa dall'altra parte.

Alla stessa maniera nella giornata di ieri, una volta ricevuta l'ufficialità dell'esclusione della Juventus dalla prossima Conference League, la maggior parte dei tifosi della Signora, noti e meno noti, si sono affrettati a bollare la vicenda come marginale. Non giocare l'Europa di terza categoria, questa è la tesi, permetterà alla squadra di concentrarsi esclusivamente sul campionato e di poter così tornare come minimo, tra dodici mesi, ad agguantare un posto nella coppa più prestigiosa.

Balle sesquipedali, ma innanzitutto è bene notare l'abnormità del provvedimento, che non ha precedenti. Nessun club ha ricevuto una simile squalifica prima per violazione del settlement agreement, e l'unica vicenda simile, riguardante il Manchester City nel 2020, finì con una riabilitatazione degli inglesi dopo aver vinto il ricorso presentato al TAS di Losanna. La Juventus in un modo o nell'altro, doveva essere punita, un po' come l'agnello di Fedro al cospetto del lupo (per rimanere in tema di favole) e qualsiasi risultato avesse ottenuto la scorsa stagione, avrebbe prodotto il medesimo finale.

Un anno fuori dalle competizioni UEFA, per quanto possano essere giudicate minori, come la Conference League, porterà un danno non indifferente al club, sia da un punto di vista economico che sportivo. Gli ammanchi alle casse della Signora, in caso di percorso simile a quello di Roma e Fiorentina, raggiungendo almeno la finale, saranno di oltre venti milioni (in tempi di magra, un tesoretto non indifferente) e l'assenza di un anno dalle coppe influirà in maniera negativa anche nel ranking.

La Juventus perderà l'anno prossimo parecchie posizioni e verrà verosimilmente esclusa dal prossimo mondiale FIFA per club, e anche qualora dovesse centrare la qualificazione alle coppe al termine del campionato che inizia tra venti giorni, si ritroverà verosimilmente inserita in un girone di ferro.

I giovani, sulla quale la società punta per ricostruire un ciclo vincente, avranno meno occasioni per essere impiegati in prima squadra ed è probabile che per molti di loro si aprano, in previsione di un ridimensionamento della rosa, le porte di futuri prestiti. E addio programma di crescita interno, con annesso monitoraggio diretto dei progressi.

L'arrendevolezza con la quale Madama si è piegata a punizioni esagerate, se non addirittura assurde, ha ricordato a molti quanto accaduto nel 2006. Il comun denominatore con quell'epoca è la presenza di John Elkann a capo della "baracca" e l'esclusione del ramo Agnelli (e dei loro uomini di fiducia) dai vertici societari.

Oggi come allora, sono in molti a sostenere che con il compianto Avvocato, o con suo fratello Umberto, nessuno avrebbe potuto utilizzare la società come un pungiball, o se preferite come un bancomat. Già, perché, guarda caso, a beneficiare del sacrificio del capro espiatorio, gira che ti rigira, saranno sempre gli stessi, con milanesi e romane in testa.

Senza dimenticarsi del povero Commisso, dalla cui onestà specchiata mi sarei aspettato una rinuncia alla partecipazione di una coppa non conquistata sul campo. Ma forse questa è una favola ancora più incredibile di quelle di Esopo e che pertanto nessuno racconterà.

Statemi bene, alla prossima!