L'ultima Macedonia di fine estate: storia di un viaggio a Skopje (episodio 3)

_{La fortezza di Skopje. Foto di proprietà dell'autore}

Una delle differenze più grandi tra la Macedonia e la maggior parte dei Paesi dell'Europa dell'Est (ad eccezione di Serbia, Bosnia, Montenegro e Bulgaria) è l'uso dell'alfabeto cirillico al posto di quello latino. In pieno lockdown, ognuno passava il tempo a suo modo e invece che contribuire alla scomparsa del lievito dagli scaffali sfornando pizze (in realtà come tutti, ho fatto anche quello) mi ero messo in testa di studiare il russo.

Naturalmente non ho ottenuto grossi risultati, al di là di qualche frase di circostanza non so dire o scrivere praticamente nulla, ma mi è rimasta la capacità quanto meno di leggere questo affascinante tipo di scrittura, che può spesso "salvarti la vita" nei Paesi come la Macedonia in cui ancora scarseggiano le corrispondenti traslitterazioni latine.

Secondo il nostro host, il cirillico fu inventato proprio nella zona di Ocridia, città nella quale è nato (a circa due ore di macchina da Skopje), e non avendo avuto troppo tempo a disposizione per approfondire per il momento prenderò l'informazione per buona. Tenete a mente di impararlo se avete bisogno di venire da queste parti non è nulla di particolarmente difficile.

L'obiettivo della mattinata è quello di visitare la fortezza di Skopje, ingente struttura militare, risalente addirittura al sesto secolo, che sorge proprio al centro della città. Costruita con materiali di recupero, in seguito al terremoto che distrusse la vicina città romana di Scupi, la fortezza ha subito alcune modifiche in era ottomana, quando divenne zona anche residenziale.

Oggi è possibile salire sui sui gradini e sulle torri gratuitamente, per scattare anche bellissime foto panoramiche e immaginare un po' quanti personaggi e quante storie si soni succedute tra quelle mura nel corso dei secoli. E' probabilmente il luogo più iconico della capitale macedone, tappa fondamentale per chi viene a visitare la città.

_{Vista dalla fortezza, foto di proprietà dell'autore}

Scendendo ci si ritrova immediatamente nell'old bazar e siccome si è fatta ora di pranzo decidiamo di fermarci in un piccolo ma caratteristico bar turco, sul cui menu, esposto in bella vista sui tavoli, sono riportate una decina di stuzzicanti specialità. Ci sembra l'ideale, dato che non avendo camminato molto nessuno di noi si ritrova con un appetito da cenone di Natale, ma i piatti ordinabili, una volta all'interno, si riducono drasticamente.

Ci vengono bocciate due o tre scelte consecutive, più un paio di ripieni all'unico piatto ordinabile, e alla fine la scelta si rivela pressoché obbligata: Gosleme (una specie di piadina sottile) al formaggio o, se volete proprio una botta di vita, optare per quello alle patate, come fatto dal sottoscritto. Ci sarebbe stato da alzarsi e andarsene, ma abbiamo preferito adattarci senza troppe storie e in fondo il cibo non era cattivo.

_{Gosleme alle patate, foto di proprietà dell'autore}

Per il pomeriggio il programma prevede la visita al museo memoriale dedicato a Madre Teresa, la fondatrice dell'associazione cattolica delle Missionarie della Carità, nata proprio a Skopje nel 1910. L'ingresso è gratuito e sui due piani della struttura è possibile ammirare numerose fotografie o oggetti significativi relativi alla missionaria, beatizzata da Papa Wojtyla e resa santa da Papa Francesco il 4 settembre del 2016.

La sua opera in favore dei più bisognosi le è valsa anche l'assegnazione del premio Nobel per la pace, e la sala al piano di sopra ospita, accanto ad una cappella per le funzioni religiose, tutta una serie di foto con i "grandi della Terra", come Reagan, Chirac, Shinzo Abe e naturalmente i pontefici che si sono susseguiti nel corso degli anni.

_{La sala per le celebrazioni religiose. Foto di proprietà dell'autore}

Tornando a casa decidiamo di ripassare alla stazione dei pullman per comprare i biglietti dell'autobus numero 60, che nei prossimi giorni ci dovrà portare alla scoperta del Canyon Matka. La biglietteria è praticamente invisibile perché posta sopra un vecchio bus, senza una scritta particolare che da fuori possa farne sospettare il reale scopo.

Chiedendo informazioni qua e là riusciamo ad orientarci, ma l'addetta non spiccica nemmeno una parola d'inglese (trovare chi lo parla peggio di me è davvero un'impresa). Fortunatamente una gentilissima signora locale, spazientita con la sua concittadina dall'inconcludenza del discorso, ci fa da interprete e in quattro e quattr'otto ci permette di comprare i preziosi biglietti, che utilizzeremo in uno dei prossimi giorni.

Ci si può stupire che in un luogo frequentato anche da turisti non ci sia nessuno che parla inglese, ma per come la vedo io in fondo siamo noi ad essere ospiti, non viceversa, quindi va bene così.

A domani.

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