My Book Review: Religione Senza Dio

in Italy3 years ago

L’ultima lezione di Dworkin (come Salvatore Veca titola la sua presentazione del libro) è il risultato della sintesi delle Einstein Lectures del dicembre 2011, tenute dal filosofo americano presso ‘Università di Berna. Dworkin morirà poco dopo.
L’intento primario dell’analisi, così come proposta dal suo autore, è quello di partire dalle differenze tra atei religiosi e teisti e dai loro diversi modi di intendere o di non intendere Dio - conferendogli o meno un volto - per giungere ad un compromesso di convivenza civile e intellettuale evitando, in tal modo, se possibile i conflitti ideologici e quelli militari, che dei precedenti costituiscono la violenta esagerazione.


Dalle differenze alle analogie il percorso di approfondimento filosofico di Dworkin attraversa inevitabilmente quasi tutte le più grandi questioni morali dell’umanità, al fine di individuare lungo il tragitto, il maggior numero di punti di intersezione e di comunione probabili tra le due posizioni antitetiche, che, superando per qualità e quantità i contrasti, possano, infine, rendere fattibile un definitivo e vantaggioso superamento delle divergenze.

Ecco che Dworkin introduce le distinzioni tra religione e fede; tra Dio persona e Dio non-persona; tra Dio e natura. Affronta l’idea di Universo e della sua evoluzione secondo i naturalisti e secondo i religiosi. Analizza il significato della bellezza intrinseca nell’universo e di quella percepita da chi osserva, nonché della bellezza come parte integrante della verità e mette a confronto le teorie del determinismo con quelle del libero arbitrio.

A questo punto Dworkin cala le sue riflessioni da un piano prettamente teorico su un piano pratico, sociale e attuale che vede, perciò, la religione e i suoi principi fare i conti con la morale dei governi, dei sistemi legislativi, della scienza, del progresso e con l’idea della morte. L’intera analisi conduce ad una soluzione finale che lo stesso filosofo definisce “stupido sentimentalismo romantico”: fare della propria vita un’opera d’arte per poter considerare questo stesso risultato una sorta di immortalità. Fare qualcosa di buono perché è l’unica immortalità che dipende completamente dalla nostra volontà e che accomuna tutti gli schieramenti che siano essi con Dio o senza Dio. Insomma, se si scegliesse di focalizzare l’attenzione sui valori che renderebbero la vita degna di essere vissuta (e ricordata), nessun solco sarebbe incolmabile e ogni punto di vista differente diventerebbe (moralmente) accettabile.

Probabilmente questo però è ‘sperare troppo!’. Infatti, l’ipotesi risolutiva di Dworkin è così apparentemente semplice, da risultare tanto fattibile quanto utopistica. Ciò non toglie che resta comunque un interessante punto di vista oltre a costituire un altro punto di partenza per ulteriori riflessioni sul tema.

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 3 years ago 

Molto interessante. Io sono un'idealista e sognatrice, il mio mondo sarebbe esattamente così!

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