Ungheria 1985/Parte prima 🇮🇹🇬🇧

Scrissi questo racconto di viaggio 12/13 anni fa su un forum che avevo creato ed amministravo.
Letto oggi è un po' sgrammaticato e l'italiano alquanto "avventuroso" ma lo lascio cosi.
Parla di un viaggio che feci da solo nel 1985 nella Ungheria al di là della cortina di ferro.
Avevo 23 anni e, vedendomi oggi, piuttosto in carne.

Maggio 1985, su un giornale di annunci torinese, il vecchio BUSINESSS avevo trovato annunci di ragazze straniere che volevano corrispondere con italiani, non
esistevano internet, telefonini o altre cose simili, si viaggiava per lettera.
Iniziai a corrispondere con una svedese e una ungherese, mi mandarono le foto ed erano carine, andammo avanti un po', fino a quando l'ungherese mi invitò ad andarla a trovare.
Ungheria nel 1985, al di là della cortina di ferro.
Avevo messo via qualche soldo l'estate precedente lavorando nelle colonie coi bambini, i villaggi turistici sarebbero venuti poco dopo.
Frequentavo l'ISEF e mi mantenevo lavorando in una palestra, tutti i pomeriggi dalle 14 alla chiusura.
L'istinto già era quello dello zingaro, avevo girato un po' in Europa e lavorato per un paio di mesi a Londra, come
facevano molti ragazzi, per perfezionare l'inglese.
Tramite conoscenze di famiglia, ottenni in tempi molto brevi il prezioso visto dall'ambasciata ungherese di
Roma.
Telefonai alla ragazza per avvisarla che sarei arrivato e partii....solo e...in macchina.
Avevo all'epoca una fiammante Fiat Ritmo diesel, di un granata (ovviamente) intenso.
Partire solo per l'Ungheria a 23 anni, in quel periodo storico non era proprio uno scherzo.
Mio padre mi disse solo che se avevo bisogno potevo contare sui suoi agganci, mi disse di non fare cazzate, d'altronde ero mentalmente e economicamente indipendente e più di tanto non poteva dirmi.
Cosi' una mattina presto imboccai l’autostrada Torino-Venezia poi, ovviamente, mi perdetti in Carnia...
Non ricordo bene perché passai di là, so solo che attraversai il confine con l'Austria, per poi scendere verso l'allora Jugoslavia.
Entrai in quella che oggi si chiama Slovenia, scendendo verso l'attuale Croazia mi accorsi subito che
nel socialismo qualcosa non quadrava.

Nessuno faceva un cazzo, attraversavo cantieri e nessuno lavorava, andavo a fare gasolio e il benzinaio mi faceva aspettare un quarto d'ora per arrivare anche
se non c'era nessuno.
Attraversai quella terra triste e desolata, arrivai in una alba rosso fuoco, proprio di quelle da film, al confine ungherese.
La cortina di ferro.
Mi venne incontro un soldato con un copricapo tipo colbacco, sulla fronte in bella vista, la falce e martello.
Io parlicchiavo inglese, lui più o meno.
Mi fecero fermare e accomodare in una saletta, all'epoca una macchina come la mia era laggiù era quasi
come una Ferrari.
Iniziarono a perquisire dappertutto, aprirono il cofano, credo più per guardare il motore che per
ispezionare, dopo un ora buona mi fecero entrare nella Repubblica
Socialista Popolare d’ Ungheria.
L'Ungheria era la Svizzera dei paesi dell'est, in effetti il paesaggio rispetto alla disastrata Jugoslavia era senza
dubbio migliore.
Avevo cambiato i soldi locali già in Italia mi pare, si usasse il fiorino, la loro lingua era qualche cosa di
incomprensibile.
La ragazza, si chiamava Judit, viveva a Szeged, una città universitaria nella parte bassa del paese vicina ai confini
romeno e jugoslavo.

Dovetti girare un po' e perdermi più volte, non c'era un cazzo di cartello e io dovevo passare da Pecs.
Meno male che trovai un ragazzo che parlava inglese e mi indicò la strada.
Szeged era una bella città
universitaria, piena di gioventù, la chiamai e lei mi diede appuntamento vicino all'università.
La mia macchina attirava l'attenzione di tutti, giravano vecchie Fiat 126, Lada e quelle terrificanti Trabant a due tempi della DDR.
Arrivò con 2 amiche, carine pure loro, io ero impacciato.
In fondo ero un ragazzino che viveva dall'altra parte del loro mondo, almeno cosi' pensavamo noi di qua del
muro.
Era carina, solare, sembrava un po' una nostra ragazza del sud.
Parlava inglese, studiava lingue, da un paio d'anni avevano inserito l'inglese a scuola, insieme al russo ovviamente.
Andammo a casa sua, una piccola casa in un palazzone da socialismo reale.
Mi avevano preparato un lettino, io ero pronto ad andare a dormire pure altrove, fra l'altro ero convinto
che non si potesse, lei mi disse che era tutto posto, che il letto era di suo fratello mandato a dormire da degli zii.

I wrote this travel story 12/13 years ago on a forum that I had created and administered.
Read today is a bit 'ungrammatical and the Italian somewhat "adventurous" but I'll leave it like that.
It's about a trip I took alone in 1985 to Hungary beyond the Iron Curtain.
I was 23 and, seeing myself today, quite chubby.

May 1985, in a Turin classifieds newspaper, the old BUSINESSS had found advertisements of foreign girls who wanted to correspond with Italians, not
there were internet, cell phones or other similar things, we traveled by letter.
I started to correspond with a Swede and a Hungarian, they sent me pictures and they were cute,
we went on for a while, until the Hungarian invited me to visit her.
Hungary in 1985, beyond the Iron Curtain.
I had put away some money the previous summer working in the colonies with the children, the tourist villages would come soon after.
I attended ISEF and supported myself by working in a gym, every afternoon from 2pm to closing.

The instinct was already that of the gypsy, I had traveled a bit in Europe and worked for a couple of months in London, as
they did a lot of boys, to improve their English.
Through family acquaintances, I obtained in a very short time the precious visa from the Hungarian embassy in
Rome.
I telephoned the girl to inform her that I would arrive and I left .... alone and ... in the car.
At the time I had a flaming Fiat Ritmo diesel, of an (obviously) intense grenade.
Leaving only for Hungary at the age of 23 was not exactly a joke in that historical period.
My father only told me that if I needed I could count on him hooking him, he told me not to bullshit, on the other hand I was mentally and economically independent and more than that he could not tell me.
So one early morning I took the Turin-Venice motorway then, obviously, I got lost in Carnia ...
I don't remember exactly why I passed there, I only know that I crossed the border with Austria, and then descended towards the then Yugoslavia.
I entered what is now called Slovenia, going down to the current Croatia I immediately realized that
in socialism something was wrong.

Nobody did a shit, I went through construction sites and nobody worked, I went to make diesel and the gas station attendant made me wait a quarter of an hour to arrive even
if there was no one.
I crossed that sad and desolate land, I arrived in a fiery red dawn, just like a movie, on the Hungarian border.
The Iron Curtain.
A soldier came to meet me with a hat like a ushanka, on his forehead in plain sight, the hammer and sickle.
I spoke English, he more or less.
They made me stop and sit in a small room, at the time a car like mine was almost there
like a Ferrari.
They started searching everywhere, they opened the hood, I think more to look at the engine than for
inspect, after a good hour they let me enter the Republic
People’s Socialist of Hungary.
Hungary was the Switzerland of the eastern countries, in fact the landscape compared to the disastrous Yugoslavia was without
better doubt.
I had already changed the local money in Italy, it seems to me, the florin was used, their language was something of
incomprehensible.
The girl, her name was Judit, lived in Szeged, a university town in the lower part of the country near the border.
Romanian and Yugoslavian.

I had to turn around a bit and get lost several times, there wasn't a fucking sign and I had to go to Pecs.
Luckily I found a guy who spoke English and he showed me the way.
Szeged was a beautiful city
university student, full of youth, I called her and she gave me an appointment nearby
at the University.
My car attracted everyone's attention, driving old Fiat 126s, Lada's and those terrifying two-stroke Trabants from the GDR.
She arrived with 2 friends, cute too, I was embarrassed.
After all I was a kid who lived on the other side of their world, at least so we thought on this side of the
wall.
She was cute, sunny, she looked a bit like our southern girl.
She spoke English, she studied languages, for a couple of years they had introduced English into school, along with Russian of course.
We went to her house, a small house in a royal socialist block.
They had prepared a bed for me, I was ready to go to sleep elsewhere as well, among other things I was convinced
that it could not be, she told me that it was all right, that her bed belonged to her brother sent to sleep by some uncles.