Terzani, l'America, Cuba 🇮🇹🇬🇧🇨🇺🇪🇦
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🇮🇹
In questi tempi, in cui la stragrande maggioranza dei cubani si venderebbe la strada di casa per un biglietto d'aereo, e' possibile fare alcune considerazioni.
La meta piu' gettonata ovviamente sono gli Stati Uniti, un po' perche' sono soltanto 90 miglia a nord, poi quasi sempre ci sono gia' parenti ed amici che hanno fatto la traversia e possono dare una mano nei primi tempi in cui si affronta l'avventura in un nuovo paese, non ultimo il fatto che solo in Florida ci siano piu' di un milione di cubani.
E' ineluttabile il fatto che, come mi ha detto recentemente un'amica, quando la gente vede lo scemo del barrio, quello a cui mancavano 99 cent per fare un dollaro, uscire dal paese e dopo pochi mesi iniziare a mandare un aiuto economico al fratello ingegnere rimasto, e' chiaro che qualche domanda se la ponga.
C'e' poi la solita storia del “Ya se compro' un auto” riferita al tipo uscito dal paese da poco che si e' gia' comperato un auto, poi vedi l'auto e capisci che ha speso, a stare larghi 500/1000 dollari per un
carcassone.
Pero' loro giustamente dicono che a Cuba un auto mai se la sarebbe potuta
comprare.
E' tutto oro cio' che luccica?
Sto leggendo in questi giorni “Un altro giro di giostra” di Tiziano Terzani, l'ultimo libro che scrisse l'autore prima di morire.
Racconta della sua battaglia contro cancro diagnosticatogli nel 1997, che nel 2004 lo uccise.
Racconta dei vari pellegrinaggi per cercare una cura, dal costosissimo e all'avanguardia centro oncologico di New York fino a tutta una serie di cure alternative fatte nei piu' sperduti angoli dell'Asia che conosceva bene per averci vissuto e lavorato per oltre 30 anni.
Racconta di un taxista di cui si era servito piu' volte per raggiungere l'ospedale dalla sua casa in Central Park.
Un taxista ebreo moldavo che aveva lasciato il proprio paese dopo il crollo dell'Urss, crollo che aveva creato non pochi problemi nelle nuove repubbliche agli ebrei che infatti emigrarono a frotte in Israele e negli Stati Uniti.
Cito testuale uno stralcio della conversazione.
“Come si trova qui'? Le piace l'America?”
“L'America? E' un gulag, un campo di lavoro con del buon cibo.
Qui' mi dicono che sono libero ma nessuno e' libero in America, nemmeno il Presidente. Dicono che sono libero finanziariamente.
Non e' vero. Questo taxi dicono che e' mio, ma in verita' e' delle banche. Siamo tutti schiavi dei manager che a loro volta sono schiavi di qualcun altro”.
“Nella ex Unione Sovietica una donna faceva un figlio e stava a casa dei mesi. Qui' mia moglie due settimane dopo il parto e' stata chiamata dal suo capo ed e' dovuta tornare al lavoro. Dopo due
settimane!”
“Quella che faccio qui' non e' vita. Ieri sono partito di casa alle sei del mattino e sono tornato alle nove e mezza di sera per ripartire stamane alle sei. Avrei fatto meglio a dormire in macchina”
“Nell'ex Unione Sovietica avevamo il tempo di stare con la famiglia, di fare lunghe passeggiate, di chiacchierare con gli amici. Qui' riesco a prendere al massimo 10 giorni di ferie all'anno, ma anche allora non mi riposo perche' so che, mentre sono via la cassetta della posta continua a riempirsi di conti da pagare.”
“Qui' tutti vivono cosi'! Anche i ricchi, lo so perche' sono io a portarli in ufficio. Chiamano il taxi e quando salgono non riescono neanche ad aprire la portiera perche' in una mano hanno un bicchiere di carta e nell'altra un bagel. Quando mi dicono dove li devo portare non li capisco perche' mi parlano con la bocca piena.”
Da questo punto di vista in Europa siamo messi appena un po' meglio ma le cose stanno drasticamente peggiorando anche da noi.
Capisco in pieno la loro voglia di un futuro migliore ma c'e' un prezzo da pagare, un prezzo che ti cambia la vita”.
Per questo dico ai cubani che conosco che se decidono di andare resettino buona parte della loro cubania.
Le feste, l'uscire sempre, la gozadera, la farandula.
Lavoro, lavoro, lavoro.
🇬🇧
In these times, when the vast majority of Cubans would sell their way home for a plane ticket, it is possible to make some considerations.
The most popular destination is obviously the United States, partly because it is only 90 miles to the north, then there are almost always already relatives and friends who have been through the ordeal and can lend a hand in the initial stages of facing it. the adventure in a new country, not least the fact that in Florida alone there are more than a million Cubans.
It is inevitable that, as a friend recently told me, when people see the idiot from the barrio, the one who was 99 cents away from making a dollar, leave the country and after a few months start sending financial aid to the remaining engineer brother, it is clear that he asks himself some questions.
Then there is the usual story of "Ya if I bought a car" referring to the guy who recently left the country who has already bought a car, then you see the car and understand that he spent, to be careful, 500 /1000 dollars for a
carcass.
But they rightly say that a car would never have been possible in Cuba
buy.
Is all that glitters gold?
These days I'm reading "Another tour of the carousel" by Tiziano Terzani, the last book the author wrote before his death.
He talks about his battle with cancer, diagnosed in 1997, which killed him in 2004.
He talks about the various pilgrimages to look for a cure, from the very expensive and cutting-edge cancer center in New York to a whole series of alternative treatments carried out in the most remote corners of Asia which he knew well having lived and worked there for over 30 years .
He tells of a taxi driver he used several times to reach the hospital from his house in Central Park.
A Moldovan Jewish taxi driver who had left his country after the collapse of the USSR, a collapse which had created many problems in the new republics for the Jews who in fact emigrated in droves to Israel and the United States.
I quote an excerpt of the conversation verbatim.
“How is it here? Do you like America?”
“America? It's a gulag, a labor camp with good food.
Here they tell me I'm free but no one is free in America, not even the President. They say I'm financially free.
It is not true. They say this taxi is mine, but in reality it belongs to the banks. We are all slaves to managers who in turn are slaves to someone else."
“In the former Soviet Union a woman had a child and she stayed at home for months. Here my wife was called by her boss two weeks after giving birth and had to go back to work. After two
weeks!”
“What I do here is not life. Yesterday I left home at six in the morning and returned at half past nine in the evening to leave again this morning at six. I would have done better to sleep in the car."
“In the former Soviet Union we had time to spend with family, to take long walks, to chat with friends. Here I can take a maximum of 10 days off a year, but even then I don't rest because I know that while I'm away the mailbox continues to fill up with bills to pay.”
“Everyone lives like this here! Even the rich, I know because I'm the one who brings them to the office. They call a taxi and when they get in they can't even open the door because they have a paper cup in one hand and a bagel in the other. When they tell me where I have to take them I don't understand them because they talk to me with their mouths full."
From this point of view, in Europe we are in a slightly better situation but things are drastically worsening here too.
I fully understand their desire for a better future but there is a price to pay, a price that changes your life."
This is why I tell the Cubans I know that if they decide to go they will reset a large part of their Cuba.
The parties, always going out, the gozadera, the farandula.
Work work work.
🇪🇦🇨🇺
En estos tiempos, en los que la gran mayoría de los cubanos vendería su regreso a casa por un billete de avión, es posible hacer algunas consideraciones.
El destino más popular es obviamente Estados Unidos, en parte porque está a sólo 90 millas al norte, pero casi siempre ya hay familiares y amigos que han pasado por esta terrible experiencia y pueden echarle una mano en las primeras etapas para afrontarla. aventura en un nuevo país, sobre todo por el hecho de que sólo en Florida hay más de un millón de cubanos.
Es inevitable que, como me dijo hace poco un amigo, cuando la gente vea al idiota del barrio, el que estaba a 99 centavos de ganar un dólar, se vaya del país y al cabo de unos meses empiece a enviarle ayuda económica al hermano ingeniero que le queda. , está claro que se hace algunas preguntas.
Luego está la historia habitual de "Ya, si me comprara un auto", refiriéndose al tipo que recientemente salió del país que ya compró un auto, entonces ves el auto y entiendes que gastó, con cuidado, 500/1000 dólares. para
cuerpo.
Pero dicen con razón que en Cuba nunca hubiera sido posible un automóvil
comprar.
¿Es oro todo lo que brilla?
Estos días estoy leyendo "Otro recorrido por el carrusel" de Tiziano Terzani, el último libro que escribió el autor antes de morir.
Habla de su batalla contra el cáncer, diagnosticado en 1997, que lo mató en 2004.
Habla de las diversas peregrinaciones en busca de una cura, desde el carísimo y vanguardista centro oncológico de Nueva York hasta toda una serie de tratamientos alternativos llevados a cabo en los rincones más remotos de Asia que conocía bien por haber vivido y trabajado allí. durante más de 30 años.
Habla de un taxista al que había utilizado varias veces para llegar al hospital desde su casa en Central Park.
Un taxista judío moldavo que había abandonado su país tras el colapso de la URSS, colapso que había creado muchos problemas en las nuevas repúblicas para los judíos que, de hecho, emigraron en masa a Israel y a los Estados Unidos.
Cito textualmente un extracto de la conversación.
“¿Cómo es esto aquí? ¿Te gusta América?"
"¿America? Es un gulag, un campo de trabajo con buena comida.
Aquí me dicen que soy libre pero nadie es libre en Estados Unidos, ni siquiera el presidente. Dicen que soy financieramente libre.
No es cierto. Dicen que este taxi es mío, pero en realidad es de los bancos. Todos somos esclavos de gerentes que a su vez son esclavos de alguien más".
“En la antigua Unión Soviética una mujer tenía un hijo y se quedaba en casa durante meses. Aquí mi esposa fue llamada por su jefe dos semanas después de dar a luz y tuvo que regresar a trabajar. despues de dos
¡semanas!"
“Lo que hago aquí no es vida. Ayer salí de casa a las seis de la mañana y volví a las nueve y media de la tarde para volver a salir esta mañana a las seis. Habría sido mejor dormir en el coche".
“En la ex Unión Soviética teníamos tiempo para estar con la familia, dar largos paseos y charlar con amigos. Aquí puedo tomarme un máximo de 10 días libres al año, pero aun así no descanso porque sé que mientras estoy fuera el buzón se sigue llenando de cuentas por pagar”.
“¡Aquí todo el mundo vive así! Incluso los ricos lo sé porque soy yo quien los trae a la oficina. Llaman a un taxi y cuando suben no pueden ni abrir la puerta porque tienen un vaso de papel en una mano y un panecillo en la otra. Cuando me dicen a dónde tengo que llevarlos no les entiendo porque me hablan con la boca llena".
Desde este punto de vista, en Europa estamos en una situación ligeramente mejor, pero aquí también las cosas están empeorando drásticamente.
Entiendo perfectamente su deseo de un futuro mejor, pero hay un precio que pagar, un precio que cambia tu vida".
Por eso les digo a los cubanos que sé que si deciden irse restablecerán gran parte de su Cuba.
Las fiestas, siempre salir, la gozadera, la farándula.
Trabajo Trabajo trabajo.
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