The "Gold of Pisa" - L'oro di Pisa [ENG/ITA]

in #food6 years ago (edited)

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Picture CC BY-SA 2.0 Source - Farinata with another typical Genoa food, focaccia

ENGLISH

I can understand that this title let your imagination run toward big treasure chests full of precious golden coins.
It’s definitely not. It is true that we are about to plunge into the short story of a wonder discovery by chance, but it is also true that it is not a real gold fortune, but something undoubtedly even "tastier".
We have to go back to the thirteenth century after Christ, more precisely in the summer of 1284. The story I am going to tell did not originate on dry land, but in the middle of the Tyrrhenian Sea, around the shoals of Meloria, off “Porto Pisano”, landing of merchant vessels and military galleys of Pisa Maritime Republic fleet, located in Tuscany where today instead rises the northern outskirts of Livorno town.
There in that year an epic naval battle between two very powerful fleets of Mediterranean Sea occurred: the Republics of Genoa and Pisa, forever enemies.
The outcome of this battle was fatal to the Pisan fleet, which suffered a resounding defeat that started the inexorable and slow decline of the Tuscan maritime republic, counting among the ranks of the defeated navy thousands of dead and prisoners. They were all deported to Genoa where they were locked up by the winners in a prison camp that still today take the name of Campo Pisano (Pisan camp). A long imprisonment that lasted 13 long years, at the end of which only a small part of Pisan sailors were released, while all the others were abandoned right there and left to die of hunger and thirst. After almost eight centuries they still rest underground where the modern life of the Genoese old town continues.

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Picture CC BY-SA 4.0 Source - Campo Pisano

Let’s back to our "gold": on board of the Pisan galleys there wasn’t any precious metal to loot. The Meloria’s battle was a mere act of pride and a demonstration of power between two great rival sides in which military ardor and war tactics of the Genoese navy prevailed. Actually it was not a war to take any possession of the enemy, in fact, the only thing that Admiral Oberto Doria took away as a sign of victory was the multitude of Pisan prisoners stowed in the galleys and some barrels of chickpea flour. A large number of people (about 11,000) joined the number of Genoese sailors caused a rapid and drastic reduction of supplies available on board of the winning ships. The only food that remained in abundance was the chickpea flour stored in the large wooden barrels usurped, part of which opened, during a storm that surprised the fleet returning home, wetting the contents with salt water of the sea. It was panic on board. A further and unexpected loss of precious food... Or maybe not?
When the storm ended, the sailors realized that the wet flour had turned into a salted batter that was slowly drying under the warm rays of summer Sun. Victims of hunger pangs, they picked it up and tasted it: they fed themselves for the rest of the journey and found its taste quite good. When they arrived in Genoa, mindful of that new taste experienced by the palate, they had the great idea of improving the new "recipe" born by chance and necessity. The olive oil was added to the mixture of chickpea flour and water. And of course salt. They cooked the obtained liquid placed in large pans of copper in oven, sometimes aggregating some aromatic herbs. It was the apotheosis. The result was considered so good that in the city many new taverns opened where people went to eat the new delicacy baptized in Genoese language "a fainâ" (farinata in Italian), but which was immediately honored with the title of "gold of Pisa ", for the typical golden color but also to jeer the hated enemy resoundingly defeated in battle.

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Picture CC BY-SA 2.0 Source - Enjoy! Buon appetito!

ITALIANO

Immagino che leggendo questo titolo qualcuno stia già correndo un po’ troppo veloce con il pensiero, visualizzando grossi forzieri carichi di monete del prezioso minerale.
Vi anticipo già che non è così. È vero che stiamo per tuffarci nel breve racconto di un’altra meraviglia scoperta per caso, ma è altrattanto vero che non si tratta di una fortuna d’oro vero e proprio, ma di qualcosa indubbiamente ancora più “gustoso”.
Dobbiamo risalire ancora una volta al tredicesimo secolo dopo Cristo, più precisamente nell’estate dell’anno 1284. Dovremo armarci di un qualche mezzo natante perché la storia che sto per raccontare non ebbe origine sulla terra ferma, ma in mezzo al Mar Tirreno, nei pressi delle secche della Meloria al largo dell’allora Porto Pisano, l’attracco dei bastimenti mercantili e delle galee militari della flotta appartenente alla Repubblica marinara di Pisa, ubicato dove oggi invece sorge la periferia nord di Livorno.
Nei pressi dei bassifondi della Meloria, avvenne in quell’anno un’epica battaglia navale che vide contrapposte due flotte del Mediterraneo molto potenti, quella della Repubblica di Genova e appunto quella marinara di Pisa, da sempre in pessimi rapporti diplomatici.

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Immagine CC0 Creative Commons - Battaglia delle Meloria, quadro conservato al Metropolitan Museum of Art, New York City

L’esito di tale scontro fu fatale alla flotta pisana, la quale subì una clamorosa sconfitta che diede inizio all’inesorabile e lento declino della Repubblica marinara toscana, contando tra le fila dei vinti migliaia di morti e prigionieri, quest’ultimi tutti deportati a Genova dove vennero rinchiusi dai vincitori in un campo di prigionia che ancora oggi porta il nome di Campo Pisano. Una prigionia che durò 13 lunghi anni, alla fine dei quali solo una piccola parte di marinai pisani furono liberati, mentre tutti gli altri vennero abbandonati e lasciati morire sul posto di fame e sete, dove a distanza di quasi otto secoli continuano a riposare interrati i loro resti mortali e dove prosegue la vita odierna del centro storico genovese.

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Immagine CC BY-SA 4.0 Fonte - Edifici moderni sul vecchio "campo pisano"

Torniamo però al nostro “oro”: a bordo delle galee pisane non vi era sicuramente alcun metallo prezioso da saccheggiare. La battaglia della Meloria fu un mero atto di orgoglio e dimostrazione di potere fra due grandi potenze rivali in cui prevalsero l’ardore militare e le tattiche belliche dei genovesi. Non fu quella in particolare una guerra concepita allo scopo di mettere mano su di alcun possedimento o ricchezza dell’avversario, infatti, l’unica cosa che l’ammiraglio Oberto Doria si portò via in segno di vittoria fu la moltitudine di prigionieri pisani stivati nelle galee sotto il suo comando ed alcuni barili di farina di ceci. Un’ingente quantità di persone (circa 11000)che unita al numero degli stessi marinai genovesi, fra i quali era presente anche il celebre corpo dei balestrieri, creò una celere e drastica diminuzione delle vettovaglie disponibili a bordo delle navi vincitrici. L’unico alimento che rimaneva presente in abbondanza era la farina di ceci conservata nei grossi barili di legno usurpati al nemico, parte dei quali, durante una tempesta che colse di sorpresa la flotta di ritorno a casa, si aprì ribaltandosi bagnando il contenuto con l’acqua salata del mare. Fu il panico a bordo. Un’ulteriore e insperata perdita di prezioso cibo... Oppure no?
Quando la tormenta ebbe termine e le acquee si chetarono, i marinai si accorsero che la farina bagnata si era trasformata in una pastella salata che si stava lentamente essicando sotto i raggi caldi del ritrovato Sole estivo. Vittime dei morsi della fame la raccolsero e la assaggiarano: con essa si sfamarono per il resto della durata del viaggio e ne trovarono il sapore davvero niente male. Quando arrivarono a Genova, memori di quel nuovo gusto sperimentato dal palato, ebbero la grande idea di migliorare la nuova “ricetta” nata per caso e per necessità. Aggiunsero al composto di farina di ceci e acqua l’olio di oliva. Ed ovviamente il sale. Lasciavano che il liquido ottenuto, versato in grossi tegami (testi) di rame, si cucinasse nei forni talvolta aggregando al tutto qualche erba aromatica.

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Immagine CC BY-SA 3.0 Source - Composto pronto per essere cucinato nel testo di rame

Fu l’apoteosi. Il risultato venne ritenuto talmente buono che in città aprirono nuove taverne dove poter andare a mangiare la nuova prelibatezza battezzata nella lingua dei genovesi “a fainâ”, la farinata, ma che da subito venne insignita ad honorem del titolo de “L’oro di Pisa”, per il tipico colore dorato ma anche e soprattutto a scherno degli odiati avversari clamorosamente sconfitti in battaglia.

Sort:  

Ma quella è la Cecina! È davvero buonissima!

No, non farmi arrabbiare ;) La cecina è quella dolce che fanno in Toscana. Intendo quelli che la battaglia della Meloria l'hanno persa :)

Nono la Cecina è salata non dolce. Dall'aspetto è identica a quella della tua foto a pezzi sul vassoio.
Che l'abbiamo persa non lo metto in dubbio, ma qui la chiamiamo così 😉

Sì lo so che la chiamate così... Pentitevi perché non si può sentire "cecina", dolce o salata che sia! :D ;) Scherzo eh...

che fantastico racconto!

Mi fa piacere ti sia piaciuto! Se ti capita assaggia la farinata, ne fanno diverse versioni: la più caratteristica è con i bianchetti poi salsiccia, gorgonzola, stracchino...

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