Le mani di Putin sulla blockchain

in #bitcoin6 years ago

Dalla finanza alla politica, le mani di Putin sulla blockchain
I grandi progetti della Russia per dominare la tecnologia della catena dei blocchi, alla base del bitcoin, stanno suscitando non pochi timori nella comunità internazionale
Mancano 9 giorni al Wired Next Fest. 491bd8dbce534d80b42972766089aca1.jpg

“Internet appartiene agli americani, ma la blockchain sarà nostra”, così – stando a quanto riportato dal New York Times – si sarebbe espresso uno dei quattro delegati russi presenti alla riunione internazionale dell’International Standards Organization (Iso, l’organizzazione svizzera il cui obiettivo è assicurarsi che le nuove tecnologie condividano gli stessi principi a livello globale), che si è tenuta nel novembre 2017 a Tokyo. Parole che evocano un clima da Guerra Fredda e da corsa agli armamenti. Non c’è da stupirsi, se si considera che a capo di quella delegazione era l’esponente del Fsb (l’agenzia di intelligence erede del Kgb) Grigory Marshalko.

La Russia, ovviamente, non è stata l’unica nazione a inviare figure di alto livello nel primo degli incontri che l’Iso sta organizzando per concordare gli standard tecnologici della blockchain. La Cina ha mandato rappresentanti del ministero delle Finanze, gli Stati Uniti delegati da Ibm e Microsoft e, in generale, 130 persone da 25 diversi paesi hanno partecipato alla riunione.

Ma il fatto che da Mosca siano giunti quattro uomini che lavorano, o hanno collaborato, con i servizi segreti è un chiaro segnale dell’interesse governativo nei confronti di questa tecnologia.

La blockchain è il registro virtuale, distribuito e crittografato la cui applicazione più nota è rappresentata dai bitcoin, ma le cui potenzialità si posso estendere oltre oltre. Dalla messa in sicurezza dei dati personali, alla possibilità di creare documenti d’identità digitali a prova di contraffazione, fino alla creazione di piattaforme sicure per il voto online (e molto altro ancora): la “catena dei blocchi” è considerata una delle innovazioni fondamentali dei nostri tempi, al pari dell’intelligenza artificiale o dell’internet of things.

“Si tratta di una tecnologia molto ricercata, perché è in grado di porre le fondamenta del futuro che verrà”, ha spiegato sempre al New York Times Gilbert Verdian, a capo della delegazione britannica e fondatore della società Quant Network, specializzata proprio in blockchain. “Essere in grado, oggi, di porne le basi fornirebbe un vantaggio importante, sia politicamente, sia economicamente”.

Se ci fosse bisogno di ulteriori conferme dell’interesse della Russia nei confronti della blockchain, basti pensare che Vladimir Putin ha voluto incontrare di persona Vitalik Buterin, fondatore russo-canadese di Ethereum (la seconda realtà nel mondo delle criptovalute e piattaforma dalle enormi potenzialità, grazie alla tecnologia degli smart contract). I due si sono visti di persona nel giugno 2017 a San Pietroburgo – in occasione dell’International Economic Forum – durante quella che lo stesso Buterin ha descritto su Reddit come una “breve conversazione privata”.

Il comunicato rilasciato in quell’occasione dal Cremlino chiarisce meglio il tenore dell’incontro: “Buterin ha descritto le opportunità per la Russia nell’utilizzo della tecnologia da lui sviluppata. Il presidente Putin ha supportato l’idea di stabilire legami con possibili partner russi”. Da quel giorno, Mosca non è stata con le mani in mano.

La Banca Centrale Russa sta lavorando per sviluppare una criptovaluta nazionale e alla stesura di una nuova legge incentrata sui bitcoin e le altre monete digitali. Mentre la Borsa di Mosca sta da tempo progettando una piattaforma che consenta agli azionisti delle società di votare utilizzando proprio la blockchain. Non solo: come riferisce Coindesk, lo stesso governo russo continua a esplorare le possibilità aperte dal registro distribuito, sotto la supervisione del primo ministro Dimitri Medvedev.

Vista la grande attenzione dei russi nei confronti della blockchain (e la delegazione inviata in quella che normalmente sarebbe stata considerata una noiosa sessione tecnica), il timore delle altre nazioni è che Mosca possa spingere per standard tecnologici di sua ideazione che, di conseguenza, le conferirebbero un enorme vantaggio sui rivali. Se non bastasse, l’implementazione di standard russi potrebbe rendere il registro digitale vulnerabile agli attacchi e alla sorveglianza del cyberspionaggio del Cremlino (che, come visto nel recente passato, non si fa scrupoli a usare le nuove tecnologie per provare a destabilizzare le democrazie occidentali).

Riuscire a imporre, per esempio, i propri algoritmi di crittografia renderebbe possibile la creazione di backdoor – strumenti che permettono di aggirare la sicurezza di un sistema informatico – da utilizzare per spiare le attività che si tengono sulla blockchain. Vista così, si intuisce perché la grande attenzione di Mosca abbia sollevato qualche inquietudine tra gli esperti degli altri paesi; tanto da spingere il presidente del comitato per la blockchain dell’Iso, Craig Dunn, a rassicurare tutti sui numerosi passaggi e votazioni necessari a impedire che “una sola nazione possa modellare tutto il processo”.

Ma se il dominio su internet ha garantito agli Stati Uniti (e al resto del mondo occidentale) un enorme vantaggio strategico negli ultimi decenni, non sarà facile impedire che lo stesso provino a fare nazioni rivali come la Russia, con la blockchain, o la Cina (con l’intelligenza artificiale). La nuova corsa agli armamenti (informatici) è appena cominciata.

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