Il primo amore non si scorda mai

in #ita6 years ago (edited)

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Lei era bella.
Bellissima.
Alta 1,75 metri. Capelli neri lunghi. Fisico 89-58-88. Strutturata come Megan Gale.
Era bella, troppo bella per me. Almeno così pensavo.
Le labbra erano carnose. Di quel carnoso non esagerato come Angelina Jolie, ma che quando le guardi ti immagini il tenero incontro tra le tue e le sue labbra, e rimani per un quarto d'ora a fissare nel vuoto, come feci io quel giorno.

Era il 1999, avevo 17 anni ed una esperienza con le ragazze pari a zero, o quasi.
Ciò era dovuto a due fattori: il primo era il fatto che ero troppo impegnato a giocare a pallone. Il secondo era che la mia acne giovanile teneva a distanza ogni ragazza nel giro di una decina di metri.
Ma gli ormoni si sa, ad un certo punto emergono, e con essi il loro istinto primordiale di sopravvivenza.

Quel giorno io e i miei amici, ed amiche, avevamo deciso di andare a Villa Ada, noto parco di Roma.
Ci eravamo dati appuntamento a Piazza Bologna, per poi prendere un autobus fino alla Villa.
Eravamo tutti lì, quando Irene (nome fittizio) disse che stavamo aspettando una sua amica, che chiamerò Bianca per via del suo candore (non essendo più in contatto non posso avere la loro autorizzazione a pubblicare su di loro).

"Ragazzi aspettiamo altri dieci minuti che dovrebbe venire anche Bianca".
Ok Irene, aspettiamo Bianca, penso io. Vediamo che Buzzicozza hai invitato.
Buzzicozza a Roma è un termine usato per definire un mix tra la Buzzicona (donna poco cordiale, di solito incivile e ignorante, di enorme stazza) e la Cozza (ragazza brutta, ma di quel brutto che urta, perchè di solito se la tira).
Questa mia idea che lei avesse invitato una Buzzicozza risiedeva nel fatto che Irene, ragazza potenzialmente bellissima, era antipatica da morire e gli piaceva mangiare senza fondo. Inoltre non amava invitare amiche più belle di lei, per cui avevo tratto le mie conclusioni.

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Ed invece vidi arrivare da lontano una ragazza bellissima.
In rigoroso slow motion, in controluce.
Con sotto "Always" di Bon Jovi.
Che però non me la stavo inventando, ma era nel mio walkman che avevo acceso per ammazzare l'attesa.

"Ragazzi scusate il ritardo" disse lei.
"Cazzo è l'amica di Irene!" pensai un secondo dopo, ritornando alla realtà. "Fai il brillante, di una cosa intelligente, fica, che la colpisca, dai Mattè dai!!!!".
Tutto quello che mi uscì fu:
"Si vabbè, comunque non è che possiamo aspettare le persone così...".
"Cretino!!!!! Cosa diavolo diciiii!!!!!" pensai subito dopo, ma non feci in tempo a finire la frase che Bianca rispose.
"Oddio vi chiedo scusa, davvero perdonatemi".
La ragazza, così bella, era anche estremamente dolce ed educata.
"No dai scherzavo, non è un problema" risposi poco dopo, mentre ci avviavamo verso la villa.

Arrivati al parco, ci sedemmo in cerchio a parlare, ma onestamente non riuscii a capire se lei potesse essere interessata a me.
A dire la verità lei era dannatamente bella, ed io dannatamente diventato un cignetto da troppo poco tempo per credere nelle mie potenzialità, che erano ancora anatroccolesche.
Per cui cercavo di fare quello che so fare meglio: far ridere.
E lei rideva. Dio quanto rideva alle mie battute.
Quando lo faceva portava spesso la mano alla bocca, per nascondere l'apparecchio, unico difetto in un viso cosi perfettamente disegnato. Era incredibile come Dio avesse assemblato degli occhi con un taglio così sensuale, un naso di quelli piccolini lievemente all'insù, e una bocca carnosa sullo stesso volto.
Altrettanto incredibile era aver accoppiato a quel volto un corpo da urlo, con un sedere di granito. Si di granito.

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Ma io ero fermo sugli occhi. Occhi come quelli che fissate ora. Diamine che occhi. Mi guardava e sentivo la sua anima entrarmi nel cervello, scendere per l'esofago ed entrarmi nello stomaco. E li fare a pugni con la mia di anima per prendersi il posto che meritava.

"Mattè stai calmo, sta solo ridendo! Le persone ridono!" pensavo tra me e me mentre lei era così divertita.
"Sei troppo forte" mi diceva lei, sempre attenta a non mostrare la ferramenta che aveva in bocca.

"Guarda che puoi ridere anche senza portare la mano alla bocca, hai una bocca bellissima" le feci io.
Lei non disse nulla, sorrise soltanto, stavolta portando la mano a minor distanza dal viso. I miei amici non intervennero, e forse fu quello il primo momento in cui io e lei ci trovavamo soli tra di noi.
Fu in quel momento che notai la leggera curva a cuore delle sue labbra.

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Quella curva che si fa sul labbro superiore, e che da il via a tutto il disegno generale delle labbra. E' il momento più delicato per il creatore. Un errore soltanto e le labbra non prenderanno la giusta forma. Ma non in questo caso. Stavolta il creatore si era svegliato sul lato giusto, aveva dormito più ore del dovuto, e si era bevuto il miglior caffè Lavazza che San pietro poteva portargli.
Lei continuava a guardarmi, ma stavolta seria, e le labbra avevano preso la sua forma reale, sensuale. Un sensuale naturale, non di quelli basati su mosse o sguardi. Le sue labbra erano sensuali di loro, dotate di un fascino divino.
Non so bene quanto sensuale fosse il mio di sguardo. O le mie labbra.
In quel momento il tempo aveva preso a scorrere in maniera indefinita, e il colore delle foglie, del cielo e dell'erba non era più così a fuoco come era prima. O mi stava prendendo un ictus oppure qualcosa di strano stava accadendo. Qualcosa di nuovo.

"Mattè che cosa ti sta succedendo?" mi dissi. "Calmo, stai calmo, magari è una poco di buono, o una scemotta, come tante" dissi tra me e me. In fondo di ragazze bellissime il mondo ne è pieno, di principesse e di principi un pò meno. E io quello cercavo, i princìpi più che i principi. Così le chiesi cosa facesse nella vita.

"Studio al classico, al Tasso, però in questo momento sono stata impegnata con miss Italia" rispose lei.
"Miss Italia? Eccola là, la tipa che vuole fare concorsi di bellezza..." pensai io, ma lei continuò.
"Me lo hanno proposto, ho fatto un casting, ma poi quando mi hanno spiegato bene il tutto ho detto di no, non è da me stare in piedi a fare la marionetta" concluse. E poco dopo partirono le campane.

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Concluse questa frase e mi guardò così. Ero fregato. Totalmente.
Penso che ogni uomo fugge dalla relazione seria fin quando non trova una donna che lo incastra.
E io mi ero incastrato da solo.
Era candida. Era sveglia. Era bella. Era troppo per un piccolo anatroccolo appena cresciuto. Almeno credo.

"Ragazzi andiamo che è tardi?" fece Irene. E ci alzammo per tornare a piazza Bologna e poi ognuno per la sua strada.
Nel percorso del ritorno, l'autobus era pieno, ed eravamo tutti sparpagliati, così mi rimisi il walkman per ammazzare un pò la tristezza che mi era salita. "Non la rivedrai più... Forse dovresti parlarci? Non lo so... Che faccio"...
Mentre pensavo tra me e me qualcuno bussò alla mia spalla. Era lei.
"Che ascolti?"
"Un mix di canzoni... Ora c'è Private Emotion di Ricky Martin".
"Oddio la amo!!! Mi passi una cuffia?"
"Certo..." risposi con gli occhi sgranati.
Le passai la cuffietta ed eravamo testa a testa. Uno accanto all'altro. Poi una buca la fece allontanare da me, ma la strinsi immediatamente, d'istinto. E lei mi sorrise. Volevo togliere quel braccio per non esagerare, ma qualcosa mi bloccò. Rimase lì. Così come lei.
Poco dopo arrivammo a piazza Bologna, e mi restituì la cuffietta, ringraziandomi.

"Ciao ragazzi è stato un piacere conoscervi" ci disse. "Ciao Matteo" poi disse sottovoce sorridendo. E se ne andò via con Irene.

Tornai a casa quella sera con la mia migliore amica, ma prima di tornare andammo a casa di un altra amica, Alessia, per fare un saluto. Poco dopo però mi chiamò Irene.
"Matteo, ti ricordi Bianca?"
"Si certo..." erano passate due ore. Non l'avrei dimenticata neanche dopo 2 secoli, figurati 2 ore.
"Ti piace?"
La domanda più stupida del mondo. "Ti piace?" Ma che domanda era? Certo che mi piaceva! Ma non volevo rimanere scottato quindi risposi più freddamente.
"Uhm, Irene vai al sodo, cosa vuoi dirmi?"
"Niente, sono qui con Bianca e vorrebbe che ti dessi il suo numero".
"Il suo numero???" pensai tra me e me. "Cazzo il numero mi vuole dare!!! Oddio ma che le scrivo? Non lo so... Oddio.." e lì dissi una cosa che poteva trasformarsi nella più grande cazzata della mia vita.
"Ti do il mio, se vuole mi scrive".

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"Ma sei scemo!" disse Irene.
"Dille così" risposi io.
"Ok, ma non sei normale. Bianca senti dice di darti il suo di numero e quando vuoi gli scrivi."
Sentii un ok in lontananza. Poi Irene mi rispose "Non so perchè, ma ha detto ok".
Io ero al settimo cielo, ma non ci credevo ancora.
"Non mi scriverà. Sicuro".
Ed invece mi scrisse la sera. Impacciata. Timorosa. Ancora più bella.
"Ciao, sono Bianca, e niente, mi piacerebbe conoscerci se ti va..."
Quel "se ti va" era stato messo lì per farmi impazzire ancora di più della sua delicatezza. Perchè non c'è cosa che tuttora amo di più di una donna delicata, ma al tempo stesso decisa e solare.

Qualche giorno dopo uscimmo.
E quella uscita confermò tante impressioni che avevo avuto su di lei. Poi ce ne fu un altra, e lì il primo bacio.
Rimanemmo insieme per tre anni.

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Ma non furono tre anni facili.
All'inizio il problema fu proprio la sua bellezza. E la mia insicurezza. Ma come potevo non esserlo di fronte ad una ragazza così?
Poi presi fiducia. Ma scoprii che era stata adottata in età adolescenziale, e che la madre adottiva lasciò il padre perchè convinta che se la facesse con lei.
Scoprii poi che aveva subito degli abusi da un medico. E che i ragazzi le promettevano amore, ma dopo poco tempo la gettavano via come uno straccio.
Alcuni di loro rischiarono di prenderle dal sottoscritto, perchè quando andavo a trovarla a scuola ridacchiavano di lei, etichettandola in maniera poco gentile.
Per lei feci di tutto. Anche segare le sbarre dei bagni del Tasso per portarle il regalo di San Valentino. Ormai posso dirlo, è prescritto. E comunque non me ne pento, il segretario di scuola non voleva farmi entrare, ed era l'unica soluzione per entrare. Che poi per uscire non usai i bagni, ma proprio l'entrata principale, e la faccia del tipo che non capiva da dove fossi entrato fu impagabile.
Dopo tre anni lei decise di lasciarmi, ma il rapporto era da tempo logoro.
Poi scoprii che si era logorato perchè lei stessa veniva logorata da una malattia che ancora si porta dietro: l'anoressia.
In realtà questo disturbo era nato poco prima dell'adozione, ma il mio amore lo aveva in qualche modo placato. La sua insicurezza veniva placata dalle mie attenzioni.
Ma nonostante ciò era stato un miracolo che avesse tenuto nascosto per tutto quel tempo il dolore che portava.
Il padre originario era alcolizzato. Più di una volta lo andammo a recuperare per strada per portarlo in cura.
Con i primi soldi che lei tirò su prese in affitto una casa ad Artena per allontanarlo dalla strada. Ma la cirrosi epatica era dietro l'angolo e non lo risparmiò.
Provai anche dopo la fine del nostro rapporto a starle vicino, ma si chiuse in se stessa in modo radicale.
Amici in comune mi raccontarono che iniziò a frequentare uomini adulti di 15/20 anni più di lei. Ormai la bomba era esplosa, e di quella ragazza così delicata e piena di vita che avevo conosciuto erano rimasti i frammenti di una infanzia mai avuta.

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Soffrii molto per lei. Per cosa le stava accadendo. Perchè sapevo chi realmente fosse, e avevo paura di cosa potesse essere diventata.
Fino a che decisi di rivederla. Per aiutarla.
Mi trovai di fronte una ragazza che faceva finta di essere donna. E che pesava almeno venti chili in meno.
Truccata pesantemente. Vestita da quarantenne.
Raggiante, ma di quel raggiante usato per nascondere il dolore che si porta dentro.
"Vado a vivere a Londra, sai? Il mio fidanzato è di lì".
"Ah ottimo!" pensai sinceramente.
"Guarda, questa è una sua foto".
Mi mostrò la foto di un sessantenne. Lei trentenne stava con un inglese sessantenne.
Ma pensai forse è meglio così, almeno ha qualcuno che penserà a lei.
"Ci sposiamo il prossimo anno" concluse.
Feci un sorriso. Poi la salutai. Senza dire altro. La strinsi forte, e pregai che la vita le potesse sorridere. Per poi lasciarla andare, sempre sorridente, per i suoi passi da donna.

Passarono altri due anni prima del nostro successivo incontro, ma continuammo a sentirci nel frattempo. E le cose sembravano andarle alla grande.
Ci rivedemmo a Londra, per un caffè.
Ma non aveva alcuna fede al dito.
E non le chiesi nulla. Parlammo del più e del meno. Poi ci salutammo. Ma fu diverso stavolta.
Perchè fu l'ultima volta in cui ci vedemmo.
Nulla seppi più di lei dopo quell'incontro. Non perchè lei non si fece più sentire, ma perchè fui io a interrompere ogni rapporto con lei. Soffrivo troppo a sentire le sue storie.
Le storie di una bambina privata della sua infanzia. Alla ricerca di un padre perso tanti anni prima. Ma che non si rendeva conto di ciò, e che rifiutava ogni mio aiuto.
Non fu facile tagliare i ponti. E non lo feci del tutto in realtà, continuando ogni tanto a chiedere agli amici in comune se sapevano come stava.

Ma nel mio cuore avevo ancora il ricordo di una ragazza bellissima, dentro e fuori. E non ero intenzionato a cancellare quel ricordo di lei. Di dimenticarmi chi fosse stata.
In fondo era stato il mio primo grande amore. Ed il primo amore non si può scordare mai.
Non così almeno.

ps: a quanto ho capito è diventata da poco mamma. Spero che la maternità le dia quello che non ha potuto avere fino ad oggi.

Tutte le foto sono Creative COO da pixabay.com

Sort:  

Bel post molto delicato. E anche una esperienza forte, di quelle che non dimentichi piu', anche se eri poco piu' che adolescente.

Già... Vabbè che non è stata manco l'ultima... Faccio il crocerossino... :-D

Ah ah ah... bella attivita'!

Bel post.

grazie antonia

È difficile affrontare situazioni così pesanti quando si è ragazzini, ma allo stesso tempo si fa con una leggerezza che non sarebbe possibile da “più grandi”.
È bello e importante conservare ricordi e emozioni come queste, aiutano ad affrontare il resto della vita.
Sarà stato lo stesso anche per lei 😊😉

Lo spero. Diciamo che quando ami qualcuno, hai una forza che non ti da niente altro.

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