Come diventare un musicista di successo (CDUMDS). Capitolo 3 - Il primo Live

in #ita7 years ago

Negli anni delle medie, non ero più un pericolo per me e per chi mi stava affianco. Maturando pian piano, mi stavo avviando all’adolescenza, il vero dramma di tutte le famiglie.
Musicalmente ero bravino, ma non mi esibivo in pubblico.
Iniziava però a piacermi suonare dentro casa a porta chiusa e volume esagerato, perché in fondo volevo che i miei miglioramenti e la mia bravura fosse certificata dalle orecchie di chi ascoltava. Riuscivo ormai ad eseguire senza problemi qualche pezzo classico non molto difficile, e il mio interesse verso la musica stava crescendo grazie ad una nuova tecnologia che si stava diffondendo nei primi anni 90: le basi MIDI su floppy disk.


Praticamente funzionava così: qualcuno nel mondo aveva registrato tutti i singoli strumenti di una canzone con la tastiera, e aveva fatto una copia fedele all’originale, versatile e senza voce (l’unico strumento che non era possibile suonare con una tastiera elettronica). In questo modo si avevano a disposizione i più grandi successi di tutti i tempi, o i successoni del momento con cui esercitarsi a suonare, a cantare o ad improvvisare.
Personalmente ringrazio molto l’inventore di questa tecnologia.
E quelli che ancora oggi fanno le serate di Karaoke lo dovrebbero ringraziare ancora di più.
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Su un singolo dischetto si potevano mettere dai 5-6 brani ai 10-12, si caricavano nella tastiera (che doveva essere modernissima), e lei suonava da sola.
Fabio, aveva iniziato ad ampliare il giro delle sue serate: matrimoni, comunioni, feste private. Era un modo per arrotondare, lo faceva spesso nel fine settimana, e si guadagnava bene.
Un po’ per vanità, un po’ per avere una strumentazione più versatile e adatta a queste cose, diede via la Korg Ds-8 per comperare una “Solton Ms-5”, di cui andava fierissimo ed era gelosissimo.
La Ms-5 rispetto alla Ds-8 era un altro mondo. Millemila pulsanti in più, suoni realistici, tutto a portata di click.
Avendo solo quella, i miei studi si trasferirono li. Aveva il lettore floppy, e suonava da sola molto meglio di quanto facesse con me.
Quell’aiutino mi permetteva di far credere ai miei genitori che stessi suonando, quando non ne avevo una gran voglia, e di divertirmi a improvvisare su canzoni che mi piacevano e che non erano noiose come i classici da pianoforte, quando invece la voglia di suonare c’era.
Diventai così un tastierista da spiaggia.
Uno di quelli che non è soggetto al rigore di Bach o di Rachmaninov, ma capace di improvvisarsi menestrello in una serata in cui i presenti vogliano cantare, suonicchiando delle note in libertà su una canzone.
Se un amico di mio padre voleva sentire quanto fossi bravo, ora se mi avesse chiesto “La conosci quella….?”, avrei risposto “No, non la conosco, ma dovrebbe fare pressappoco così”, e bene o male riuscivo a suonarne la trama. Passi da gigante.
Oltre a questo divenni un profondo conoscitore di tutta la musica Pop degli anni 80. Suonare forse non era ancora la mia cosa preferita, ma ascoltare musica era un passatempo che adoravo.
I Pooh, gruppo preferito da mio fratello Fabio, non avevano nessun segreto. Conoscevo benissimo tutte le loro canzoni, anche quelle che avevano suonato solo alle cene di Natale con le loro famiglie.
Nel circuito delle amicizie di Fabio, e dei loro ascolti, i Pooh erano delle semidivinità, quello che per me sono oggi i Guns ‘n’ Roses.

Bizzarro il fatto che proprio nel periodo in cui i Guns erano al loro massimo splendore, non li avessi mai sentiti nominare, e li ho scoperti solo dopo che si sono sciolti (e che ho trovato la mia strada, cercando i miei ascolti e non parassitando quelli di mio fratello). Parassitando si dice? Non divaghiamo.

Ascoltare quotidianamente Fabio che si esercitava per le serate, i dischi floppy che riproducevano prevalentemente quel tipo di musica, mi rese fan della musica popolare, il liscio, e la musica italiana.
Era più familiare un brano di “Raoul Casadei” eseguito da mio fratello che un “Frank Sinatra”. Per quanto glieli sentissi suonare entrambi, mio fratello si esercitava molto di più sul liscio con la sua fisarmonica, piuttosto che sugli evergreen di musica leggera. Questo perché i brani di liscio erano decisamente più difficili da suonare e necessitavano di molte più prove. Le mie giovani orecchie, intanto, assorbivano come spugne.
Il maestro Graziano, non aiutava di certo. Ricordiamoci che era il leader della “fisorchestra”, e la maggior parte dei compiti che mi dava da studiare, erano brani di liscio o di musica popolare.
Non si può definire certo un maestro progressista, cultore delle sonorità emergenti.
Per lui, nei suoi discorsi, e nelle sue aspettative da maestro verso l’allievo, “Romagna mia” era un must.
Morale della favola, io studiavo prevalentemente il liscio.
E’ dunque ovvio che quando iniziai a sentire le canzoni di musica leggera dai dischi floppy, divenni più interessato. Finalmente potevo suonare non solo quello che dovevo, ma anche quello che volevo. Ed è stata un’enorme boccata d’aria dopo tutti quegli anni di Emilia Romagna.

“Suono il pianoforte” e “faccio karate”, divennero risposte sempre uguali. Sterili.
In nessuno dei due casi venivo preso troppo sul serio. Continuavo a non esibirmi in pubblico come pianista, e nessuno aveva mai visto in palestra quanto fossi bravo. Ma non mi interessava, ormai avevo imparato a sentirmi superiore, perché sapevo fare delle cose che non tutti sapevano o potevano fare. E quando un altro bambino mi diceva “io studio chitarra”, con il mio “da quanto tempo?” lo mettevo a tacere, perché di sicuro io da di più.
Un giorno qualunque, poi, qualcosa accadde. Dovevo dare una lezione alla mia professoressa di musica.

La donna in questione era un’anziana signora che aveva insegnato già ai miei fratelli, che aveva un’età non precisata, compresa tra 80 e 130 anni, e che dal Paleozoico si vantava di riuscire ad eseguire la “Marcia Turca” di Mozart.

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Il modo in cui diceva che per riuscire a suonare quel brano si era dovuta esercitare sei lunghissimi anni, è stato il primissimo atteggiamento da musicista sbruffone che abbia mai visto.
Il suo sguardo sulla classe, quando seduta all’organo sgangherato dell’aula musica, eseguiva quell’allegretto, era insopportabile.
Lo sguardo del musicista, che avrei visto milioni di volte, e imparato anni dopo.
No, non lo poteva fare. Non a me.

Presi lo spartito, e iniziai studiare sul serio per la prima volta. A dire la verità, non lo trovai troppo complicato, e mi stupii: passivamente avevo imparato più di quanto pensassi. Del resto erano passati otto anni dal mio primo approccio con la musica, ormai facevo la terza media, erano tre anni che quella donna ci faceva suonare flauti di plastica e claviette come dei poveri deficienti, nessuno andava a tempo con nessun altro, e poi si sedeva all’organo e faceva la superiore? No.
Per essere sicuro, per prendere confidenza con il pezzo, memorizzare lo spartito e sentirmi pronto ad eseguirlo impiegai sei giorni.

Il mio primo Live è avvenuto in terza media, a scuola, durante l’ora di musica.

Ho chiesto timidamente alla prof. se potessi farle ascoltare una cosa che avevo imparato da poco. Con sguardo di sufficienza acconsentì, perché tanto cosa poteva saper fare un moccioso…
Mi sedetti all’organo (doppia tastiera, un pochino mi disorientò), appoggiai la mano sinistra sulla tastiera di sotto, la destra su quella di sopra, un lungo respiro, e iniziai il mio allegretto “alla Turca”.
Credo la feci al triplo della velocità, trattenendo il fiato per quanto l’emozione era grande.
Tutti ascoltarono in silenzio, per pochi ma lunghissimi secondi, perché la feci davvero di corsa.
Alla fine, il boato di tutta la classe, e i famosi 92 minuti di applausi, diedero il benservito allo sguardo della prof.
Non avevano applaudito solo me, avevano applaudito lo smacco ricevuto dall’anziana signora, e la velocità con cui questo si era concretizzato.
Il mio sguardo verso la prof, per quanto timido e timoroso dello scontro appena avvenuto (e del voto che avrei potuto prendere in pagella dopo un affronto del genere) fu soddisfatto, e rosso in volto tornai al mio posto.
Era il 1994, ed io ero appena diventato un musicista professionista.

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[immagini di libero utilizzo pixabay]

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I tuoi post mi fanno sempre sorridere, divertenti e piacevoli scorrono fin troppo velocemente!
I percorsi non sono mai facili e non sempre è chiaro chi saremo, chi diventeremo ( a volte non lo sappiamo mai, ci lasciamo trasportare!)
Ma in fondo va bene così.. al prossimo post 😊

Grazie mille del tuo commento. Io leggo spesso i tuoi ma in questi giorni la bandwith mi sta dando noie e devo stare fermo ai box :(
Ai prossimi post allora. Cin cin

In questi giorni ho avuto problemi anch’io ma stasera andava un pochino meglio e ne ho approfittato volentieri!
Alla prossima 🥂

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Finalmente sono riuscito a leggere tutta la tua opera biografica fino ad oggi... Ci ho messo un po' che il tempo manca sempre. Che dire? Bello. Mi piace tantissimo come scrivi, mi stimola l'argomento (sono un pessimo chitarrista a cui piace ascoltare quelli più bravi) e non mi piace la Francia (anzi, i francesi).

Continua così 😉

Grazie @Gianluccio!!!! Farò finta di ignorare che sei di parte :)

Se intendi dalla parte delle tette, ti dico fin da subito che è una battuta facile, un po' becera ma comunque azzeccata, nonostante sia un uomo sposato :P

Sposato non cieco :p

E poi c'ero io, che alle elementari ero l'addetta al triangolo. Una vita di soddisfazioni, proprio! Ahahahahah!!!

Il triangolo??? No! Non l'avevo considerato... :)

Ahahaha! Lo sapevo che avresti risposto così ;)

Dimmi, mi stai dando dello scontato?? Mi hai messo in saldo???? 😤😤

Lungi da me!
Non lo farei mai, ma ti salvi solo perché usavi i floppy, sappilo! Ahahah

Bene bene. Ti segno sul mio Death note. E ti userò per imparare a modellare 3d (che non ci ho mai capito niente)

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