CDUMDS (come diventare un musicista di successo). Capitolo 5 - Il mulo

in #ita7 years ago (edited)

Giugno passò.
Avrei dovuto fare il corso di recupero di matematica, e scoprii che si sarebbe tenuto le due settimane antecedenti l’inizio canonico della scuola.
La Red Rose non mi era stata concessa, e in radio passavano le canzoni “Scatman’s World” e “Boombastic”. La Levi’s stava rilanciando il suo marchio nel mondo, dopo qualche anno di assopimento. Continuavo a suonare il Sax, note lunghe che iniziavano a diventare lunghissime e routine quotidiana.
Gli allenamenti di atletica leggera erano per me ormai pane quotidiano. Erano pochissimi mesi che avevo intrapreso quel percorso, ma essendo in una squadra di pochi atleti, subito dopo la scuola non era raro che ci incontrassimo al campo sportivo. Una corsetta, un po’ di tecnica, due chiacchiere. Un periodo meraviglioso, non c’è che dire.

L’incertezza, però, aveva fatto il suo ingresso nella mia vita. La mia famiglia vedeva un quattordicenne troppo preso dai suoi impegni ludici e per niente applicato ai suoi doveri. Quella cosa del corso di recupero di matematica, aveva marchiato a fuoco il volto preoccupato di mia madre.


Il circolo anziani adiacente a casa mia, d’estate, era molto più frequentato del solito. E’ vero che gli anziani avevano lo stesso tempo libero a Dicembre e a Giugno, ma è pur vero che uscire a Dicembre è molto più soggetto a ripensamenti rispetto a Giugno.
Oltre agli anziani, quelli proprio anziani, orbitavano li intorno anche persone di mezza età, per un bicchiere o una partita a bocce.
Un grande frequentatore del posto, tra i più dinamici e attivi, era Beniamino.

Beniamino, insieme al fratello gemello (visivamente l’esatto opposto di lui), erano titolari di una ditta di trasporti e traslochi, ed avevano principalmente l’appalto con un noto mobilificio di zona. Il loro lavoro, consisteva nel recarsi al magazzino di mattina presto, caricare le consegne della giornata, e recarsi presso le case dei clienti per montare i mobili acquistati.
Praticamente facevano per lavoro quello che ognuno di noi fa nei fine settimana, quando va da Ikea.

Mia madre, (e poi vi domandate perché la definisca il sommo comandante?) si trovò a chiacchierare con Beniamino davanti al circolo, e gli espose la preoccupazione per cui il suo figlio più piccolo sfuggisse al loro controllo, e avesse bisogno di avere un dovere, poiché con quelli che mi avevano assegnato non stavano avendo grandi risultati.

Per un favore personale? Per necessità? Perché la pensava così? Per sfruttamento minorile? Chi può dirlo.
Beniamino mi sarebbe passato a prendere il giorno successivo, alle otto del mattino, e sarei stato il suo aiutante, per 20.000 lire al giorno, cinque giorni a settimana.

-“E gli allenamenti di atletica leggera?-“ chiesi a mia madre.

-“E’ più importante che ti vai a guadagnare qualcosa, e che impari qualcosa”- rispose lei.

Dovevo usare qualcosa di più convincente.

-“E con Franco come facciamo”?- provai l’asso nella manica.

-“Lo faremo tornare a Settembre, tanto tu non fai niente, ci risparmiamo questi soldi”-

Avevo un lavoro. E poi in Italia ci si lamenta che il lavoro manca, quando mia madre riesce a trovarlo per me, senza che io neppure lo sappia!


La mattina successiva alle otto, Beniamino diede due colpi di clacson dalla strada principale, e io uscii. Come quando mi venne a prendere per la gara di atletica.
Stavolta però, non aveva la sua Ford Escort color cappuccino e impianto a gas, ma il furgone. Un relitto di una quindicina d’anni, tutto rumore e pezzi tenuti insieme per miracolo.

Arrivati al magazzino, ci indicarono la merce da caricare e la destinazione: Napoli.

-“Napoli?”- chiesi a Beniamino.

-“Si, così c’è scritto”- mi rispose.

-“Ma sono 300 km! Quando arriviamo e soprattutto quando torniamo?”- gli chiesi preoccupato, anzi preoccupatissimo!

-“Quando avremo finito. Anzi sbrigati a darmi una mano, così facciamo prima”-

Caricammo degli scatoloni pesantissimi sul furgone, e ci avviammo alla volta di Napoli.
Una volta arrivati, lui si portò a casa dell’acquirente uno scatolone, la cassetta degli attrezzi, e il trapano avvitatore.
Io avrei dovuto portargli dentro tutto il resto.

Professione? mulo.

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immagine CC0 creative commons

Ho lavorato con lui tutte e cinque le estati delle superiori. Uscivo la mattina alle 8, per rientrare la sera a orari assurdi, anche alle 23.
Durante la giornata portavo pacchi lungo vialetti, rampe di scale, ascensori minuscoli, o attici panoramici senza ascensore. Su e giù innumerevoli volte.
Per quanto possa sembrare una cosa crudele e orrenda, Beniamino era una persona simpaticissima, e quelle 20.000 Lire al giorno, a fine settimana erano ben 100.000 Lire. A volte le persone di buon cuore ci lasciavano anche delle mance, perciò potevano diventare anche 150.000, se ero fortunato. Non era poi tanto male.

Con Beniamino ho imparato a montare scaffali, armadi, cucine, e a bere enormi quantità di birra.

Perchè un lavoro fisico, di fatica, si appaga solo con una Peroni ghiacciata. Poco importa se sono le otto e mezza del mattino, e tu sei sveglio da mezz’ora.
La Peroni ghiacciata, Beniamino, non me la faceva mancare mai!

Lavorare mi portava via dall’atletica leggera, dagli amici, e dalle lezioni di Sax. Due/tre mesi l’anno in cui facevo queste tre cose in ordine casuale.
Cercavo di non saltare i sabati e domenica di allenamento (per quanto il potenziamento muscolare era garantito dal lavoro), se non tornavo troppo tardi uscivo con gli amici, almeno per un gelato.
Il Sax non l’avrei contemplato in questo quadro ricco di attività, perciò ogni sabato e domenica interveniva mia madre.

Aveva una frase adatta per ogni occasione. Se fosse esistito il ruolo di wedding planner, e mia madre avesse intrapreso quella carriera all’epoca, ora avremmo i miliardi.

“Approfitta che stai a casa per suonare, che quando torna Franco che gli racconti?”.
Non lo leggete come un consiglio. Era una preoccupazione travestita da ordine.

E così tra una parolaccia detta a denti stretti, e un litigio aperto, il sabato e la domenica mi trastullavo anche con quel maledetto affare. Cercando un lato positivo: nel salotto, almeno, era fresco.

Al ritorno in classe, in secondo superiore, avevo già fatto due settimane di corso di matematica.
La prima occhiata che mi lanciò il professore, sembrava volesse dire: -“tanto non ci hai capito niente ugualmente”-

I corsi di recupero non avevano esami, o compiti finali, nulla. Erano solo un corso, come quello di uncinetto.

Affrontai perciò l’anno scolastico scoraggiato, ma senza troppe paranoie. Si riiniziava e non avrei perso altro tempo: qualcosa mi sarei inventato.
E così fu. Il secondo anno di liceo, presi un soddisfacente 6 a matematica, e nessun altro corso di recupero.

Sul versante atletica, iniziai le prime gare, niente di troppo ufficiale, eravamo giovani di categoria, servivamo più a fare numero che risultato. Era emozionante però prenderne parte.
Preparare una gara, gli allenamenti specifici, e poi partire tutti insieme alla volta del luogo dove si sarebbe tenuta la gara. Di solito nel raggio di poche decine di chilometri. Mi piaceva.

Io e il Sax, invece, iniziammo ad avere un rapporto altalenante.
Da una parte, il "tu non piaci a me e io non piaccio a te”, dall’altra l’impossibilità di sottrarsi al supplizio, diedero qualche timido risultato.
Le note lunghe, la respirazione, gli esercizi di tecnica e di teoria. Tutta roba noiosa, ma entrata a far parte della routine.Iniziavo a intravedere i primi spartiti di canzoncine, e a digerire la lettura trasportata degli stessi.

Ridendo e scherzando, tra una cosa e l’altra, un altro anno passò velocemente.
Il 1996, non portò solo Killing me softly dei Fugees, o Children di Robert Miles, ma anche un lampo di genio al maestro Franco.

Era primavera, quando in una lezione qualsiasi, suonicchiando qualche semplice brano, il maestro disse:

-“Secondo me è il caso che inizi a suonare anche con qualcun altro”-

-“Ma non mi sembra che ne sia ancora in grado”- dissi io, pensando si riferisse a mio fratello.

-“Già, ma posso parlare con Sandro, e farti fare qualche turno con la banda. Come secondo sax, di riserva, giusto per iniziare”-

-“Mah. Come vuoi”- risposi, non riflettendoci su molto.

Agonismo. Il mio dannato agonismo.
Lui lo sapeva.
Sapeva che ero stimolato dalle situazioni in cui avrei dovuto competere, o mettermi in mostra, e sapeva che trovandomi in mezzo ad altri musicisti, come non era mai accaduto, sarebbe dovuto per forza di cose scattare qualcosa.

-“Ma ne sei sicuro?”- continuai “Io non sono così bravo per suonare in una banda”

-“Vedrai che ti divertirai”-


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Si comincia a vedere la luce insomma. Nel prossimo post suonerai in una band, ohhh!
E boombastic era troppo figa, anche adesso!!!!

Ps quindi possiamo chiamare te quando si tratta di montare librerie a scaffali si??😅

In una band??? Band??? 😂😂 convinta tu.... Vedremo se hai ragione o no. La mia seguace ad honorem, saprà anche prevedere il futuro???
Boombastic, con la pubblicità col pupazzo che guidava la macchina. Fighissima!!

Per scaffali, librerie e arredamenti in genere rivolgersi in segreteria ed effettuare formale richiesta.

Mi sono persa una a per strada che sarà mai suuu 😂😂

La pubblicità era fantastica😍!!!

Va beneeee parlerò con la segretaria sempre ai soliti orari che mi avevi già comunicato precedentemente 🤓

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