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RE: Santi, Poeti e... Pantofolai

in #ita6 years ago

Come già scrive @mad-runner, questo articolo è una fotografia di un'Italia in paralisi. Posso portare l'esempio concreto della mia famiglia, a supporto: io sono emigrata, stanca delle condizioni di lavoro e di vita insopportabili, ho cambiato paese e ho scoperto che è difficile, fa paura, ma è anche un'esperienza con dei risvolti positivi (distanza a parte, mi mancano da morire amici e parenti e alle volte è straziante: immagina quando non è possibile prenotare in tempo un volo e non hai la possibilità di dire addio a una nonna, a una zia, a un amico; immagina quando vedi i tuoi genitori tre o quattro volte l'anno e ogni volta li vedi più vecchi e muori un po' dentro...). Dall'altra parte, mia sorella non ne vuole sapere di tentare la stessa strada e rimane intrappolata in quel circolo vizioso di dipendenza dalla famiglia, seppur meno in termini di "mammonismo" (niente paghetta, va'!), ma non vuole proprio andarsene da Palermo! Sarà per amore della propria città o per paura? Non lo so. So solo che la mancanza di prospettive a lungo termine può essere una causa di frustrazione enorme, secondo me sta alla base della rabbia enorme del popolo italiano (soprattutto dei giovani). A volte si pretende un cambiamento ma ci si aspetta che esso arrivi dall'alto, che ci cada addosso come un'ondata di pioggia; finché non cambiamo noi stessi, la nostra prospettiva, le nostre idee e il nostro atteggiamento, il cambiamento non può attuarsi.

Ho amici che sono partiti, hanno provato a cambiare il proprio destino fuori; dopo anni, sono rientrati a casa, non da mammoni ma da autori del cambiamento. E combattono, dimostrano ogni giorno che si può essere protagonisti attivi e non passivi eterni adolescenti che stanno fermi ad aspettare che qualcosa succeda.
Tempo fa', a volte invidiavo chi poteva permettersi di non lavorare, chi viveva supportato al massimo dalla famiglia (eccessivamente); io sono stata tirata su a pane e responsabilità e per questo sono grata ai miei, ma è anche vero che quando vedevo qualche compagno di scuola col motorino nuovo comprato dai genitori, col super cellulare modernissimo e costosissimo, a volte mi sentivo inferiore perché io non potevo permettermi tutte quelle cose. Alla lunga e col senno di poi, vedo quelle stesse persone, oggi, spesso incapaci di trovare un modo per rendersi indipendenti, vivono a casa dei genitori con la paghetta a trent'anni; io nel frattempo sono consapevole delle mie possibilità economiche al di fuori del mio nucleo famigliare e progetto la mia vita anche grazie ai miei genitori che hanno saputo farsi da parte e lasciarmi i miei spazi; mia sorella, nelle stesse condizioni, invece, è bloccata dalla paura e non riesce a vedere al di là del suo naso.

Hai ragione quando dici che il problema va analizzato su più fronti, è una cosa complessa; occorre un cambiamento radicale e massiccio per risolvere!

Scusami per il super commento, probabilmente avrei dovuto optare per un post a parte ahahaha! Grazie per la condivisione, questo tema mi tocca personalmente in modo profondo, è una riflessione che occorre promuovere e diffondere secondo me.

PS: Io sono pantofolaia, comunque, anche fuori da casa di mammà XD

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@nawamy grazie. La tua testimonianza vale 100 o 1000 articoli sull'argomento. Sono ammirato nel vedere la tua consapevolezza, di quello che eri stata, quella che sei e quella che mi auguro un giorno molto vicino, diventerai. Credo che tutti i discorsi sull'argomento siano validi ma che non esista comunque una soluzione che accontenti tutti. Ognuno di noi è padrone o meno di tagliare quel cordone ombelicale che ci tiene legati agli affetti familiari agli amici o alla nostra terra natale. Io ad es. sono figlio unico e come tale i miei genitori non mi hanno fatto davvero mancare nulla durante la mia adolescenza. Nonostante questo però mi sono sentito in dovere di creare i miei spazi, studiando fuori sede e facendo di tutto per non pesare sul'economia della famiglia. Capisco i tuoi sentimenti quando ti riferisci alla lontananza sono stati gli stessi a non farmi prendere la strada definitiva lontano da casa. E qui mi riallaccio all'articolo di @camomilla dove sottolinea appunto che in certi casi la sensibilità verso gli affetti familiari è un problema (o forse no) tutto italiano. In fin dei conti oggi sono felicemente residente dove sono nato, mi sforzo continuamente di costruire un qualcosa per il territorio e per i più giovani giusto per dare una chance a qualcuno a non andare via. Resto fermo cmq sull'idea che oggi da un punto di vista educativo ed esperenziale sia obbligatorio uscire fuori dalla gonnellina di mamma.

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