Art - Rebecca Horn

in #ita6 years ago (edited)




Rebecca Horn nasce in una data funesta, nel 1944, all’acme dell’infuriare della seconda guerra mondiale in Germania, in un paese che proprio in quell’anno stava perdendo la guerra e sperimentando la devastazione dei bombardamenti.


Biografia

Nella sua biografia l’artista confida che negli anni della sua gioventù provò un grave isolamento, sia per ragioni di salute che per un vero e proprio timore ad esprimersi nella sua lingua. Sentiva di essere odiata per il fatto di essere tedesca, o almeno la sua sensibilità le faceva avvertire di essere rifiutata. Spinta anche da queste motivazioni personali si affidò a un altro tipo di comunicazione, all’arte e al corpo. Era la fine degli anni ‘60, gli anni delle arti performative e l’artista provò una grande identificazione nei linguaggi performativi, ma con una sua interpretazione.
Ovvero creando comunque opere, oggetti indossabili, una sorta di body-extension, dei prolungamenti del proprio corpo, molto simili alle maschere sciamaniche e animistiche, o almeno vicine a quel senso di metamorfosi magica del proprio corpo, tipica prassi degli stregoni del vecchio mondo.

Opere

Naturalmente queste opere indossabili diventano anche delle performance, come nelle opere di Atsuko Tanaka e di Kazuo Shiraga nel Gutai sul palcoscenico. Particolarmente la prima opera di questo ciclo della Horn sembra proprio richiamarle: Einhorn ( Unicorno1970-72), una delle figure mitologiche più visionarie della cultura occidentale e non solo, realizzata con una lunga estensione conica allacciata sulla testa, e il corpo stesso della performer stretto in molteplici strisce bianche, che ricordavano quelle dei busti dipinti di Frida Khalo, un’altra protagonista con un forte carisma e al di fuori della ristretta area eurocentrica.

Sempre di questo ciclo è Bleistiftmaske, del 1972, anche questa body estension di matite colorate è assimilabile a una maschera che estende i poteri del corpo nell’immaginario e nello spazio. Sei strisce verticali, incrociate con tre verticali che coprono il viso, e in ogni punto di incrocio con le strisce orizzontali è fissata una matita. Un mondo di meridiani e paralleli concreti e non semplicemente virtuali, che segna
e traccia i propri movimenti su una superficie verticale, sperimentando tutti quelli che è possibile fare con la testa

L’artista continua nel suo particolare linguaggio performativo, affidandosi anche al dinamismo artificiale delle macchine che potevano sostituire il performer, e con il suo immaginario mitologico fino agli anni ‘90 e ancora oggi, e realizzando anche la regia di film d’avanguardia. Ad esempio nella mostra Les Magiciens de la terre, l’artista realizza Le baiser du rhinocéros, due corni di rinoceronte che azionati da un motore elettrico cozzano l’uno contro l’altro, emanando una forte energia.

Ma l’artista realizza anche delle grandi opere ambientali, come Spiriti di Madreperla, allestita durante le feste natalizie del 2002 a piazza Plebiscito a Napoli, dove l’autrice dispone 333 capuzzelle di ghisa. La singola “capuzzella” è tratta e ispirata al famoso seicentesco Memento Mori di Spaccanapoli, ovvero una metà teschio con tibie incrociate in bronzo, posto sopra un pilastro di granito di Via dei Tribunali a Napoli, in prossimità di quella che viene popolarmente chiamata la Chiesa delle Capuzzelle. Icona e tradizione tipica dell’iconografia barocca napoletana del 1600, serviva a ricordare che la vita era effimera e la fine era purtroppo più vicina di quanto si pensasse.


I teschi della Horn, invece sembravano emergere dal selciato di piazza Plebiscito o forse sprofondare come in un girone dantesco, ma sopra di essi, in cielo, vibravano delle ellissi di neon, come aureole sante; segnali di una vita comunque sempre presente e sempre santa, anche nel momento della morte.
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Come nasce questo tuo amore per quarta artista?

non saprei, sarà per il fatto del suo isolamento.. e come alla fine abbia riuscito a superalo

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