Ritorno a Kasiha - Seconda Parte Capitolo Secondo (by @kork75)

in #ita5 years ago

Ritorno a Kasiha - Seconda Parte

Capitolo Secondo

Destinazione Oriente

George Edison afferrò il suo quotidiano preferito e si sedette sul divanetto di fianco alla moglie. Senza pronunciare una sola parola, lo posò bruscamente sul tavolino difronte a loro: sbuffò e inforcò gli occhiali. Con la mano sinistra cominciò a sfogliare distrattamente il Sydney Herald, mentre con il piede destro cercò di tenere il ritmo di un motivetto dei Platters che si udiva in sottofondo.

“George, vuoi smetterla con quel piede?”,reclamò innervosita Charlotte, immersa nella lettura di un voluminoso romanzo.
“Perché? Ti do fastidio? Sai invece cosa dà fastidio a me? I ritardatari come Albert. Lui è il re dei ritardatari, ma lo sistemo io questa volta. Gli ho già prenotato un volo per dopodomani con destinazione Tokyo!”, rispose Edison guardando per l’ennesima volta l’orologio da parete che segnava le 21:30.
Charlotte, visibilmente sorpresa, chiuse il libro e alzando gli occhi sul marito nervoso rispose:
“Il Giappone? Sarà contento il buon Gerison. Un giorno ci dobbiamo andare anche noi. Sai, dicono che è un Paese bellissimo… Magari con i ragazzi. Cosa ne pensi?”, lo provocò la donna, accarezzandogli divertita la mano, conoscendo già la risposta del marito.
Edison si voltò con sguardo severo e sentenziò: “Cosa ne penso? No, grazie! Con i ragazzi poi, lasciamo stare, manca solo che gli pago le vacanze a quei nullafacenti di figli che mi ritrovo. Comunque, Albert non va in gita di piacere, a mangiare sushi o che altro so io e a fotografare il monte Fuji... Va in missione. Dubito che al suo ritoeno ci dirà che è stata un’esperienza fantastica in un paese bellissimo!”
Charlotte Berkshire non fece tempo a rispondere al marito, che le porte della sala lettura si aprirono e la tranquilla stanza fu invasa dal sorriso radioso e dalla strabordante carica vitale di Giada:
“Charlotte, tesoro, non sapevo che ci saresti stata anche tu stasera! Sono euforica, sai, ho tante di quelle cose da raccontarti in merito al progetto che non so da dove cominciare. Ti ricordi del progetto, vero? La scuola degli aborigeni!”,espose la donna a pieni polmoni senza prendere fiato, provocando un certo imbarazzo al marito che, ancora frastornato dall’ingresso chiassoso della sua signora, accennò un saluto a Edison. Charlotte, abituata all’esuberanza dell’amica, non si scompose più del dovuto e la salutò affettuosamente. Stessa cosa fece Edison chiudendo il giornale; tolse gli occhiali, si alzò di scatto dal divanetto e si rivolse in tono burbero all’amico: “Albert, santo cielo, mai una volta in orario! Che figura ci facciamo con il nostro nuovo socio?”. Successivamente allungò una stretta di mano a Jo e gli diede il benvenuto al Royal Navy Club.
Fatte le dovute presentazioni, Charlotte, incuriosita, spostò l’attenzione su Jo: “Signor Thompson da Darwin; lo sa che è una settimana che il mio George non parla altro che di lei? Mi ha raccontato un bel po’ di cose sul suo conto... Lei è un tipo veramente interessante”.
“Charlotte, giusto? Spero tutte cose positive”, rispose Jo ironizzando e squadrando la sua interlocutrice, che indossava un abito da sera nero impreziosito “soltanto” da una semplice collana di perle.
“Sì, certo, positive, ci mancherebbe. Sono solo curiosa. Mi domando: che cosa avete di tanto speciale voi di Groote Eylandt? Un’isola stupenda di sicuro, almeno così dicono. Un paradiso in terra. Mi sembra di aver letto che le perle più rare vengono da lì, giusto?”, ribatté Charlotte, cercando uno sguardo di complicità con la bionda amica e mostrando con un sorriso la preziosa collana che portava al collo. Ella era l’opposto dell’esplosiva Giada: occhi scuri, mora, sguardo intrigante e ammaliante, poco trucco ma di un fascino indiscutibile; fascino che colpì subito anche il vecchio John Thompson.
Jo cercò le parole giuste per rispondere alla donna, ma venne anticipato dall’intervento ruvido dell’ammiraglio Edison: “Cara, avremo tutta la sera per conversare con John. Ora, se volete tutti quanti seguirmi, andiamo a cena. Ho prenotato un tavolo nell’attico, da lì la vista è stupenda. Non so voi, ma a me questa attesa ha messo un certo appetito”, disse lanciando ancora un’occhiataccia all’amico collega ritardatario. A quel punto John ne approfittò: “Ammiraglio, mi scusi. Dovrei fare una telefonata urgente a Taylor, penso che sia di rilevante importanza per la riunione di domani”.
“Sono d’accordo, meglio risolverle subito le questioni lavorative. Durante la cena preferirei dialogare d’altro con lei. John, faccia pure la sua telefonata e poi ci raggiunga al ristorante, noi l’attenderemo lì”, acconsentì Edison.
“La ringrazio ammiraglio”...
“Mi chiami George”, sottolineò Edison di rimando.
“OK George, vedrà che sarò velocissimo!”, ribatté Jo.
John si scusò con il gruppo e, su indicazione di Gerison, scese rapidamente le scale in cerca dell’ufficio dell’esuberante direttore Edmond, che trovò quasi subito.


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Immagine CC0 creative commons

Bussò energicamente alla porta, ma non ottenne alcuna risposta dall’interno della stanza. Proprio mentre decise di entrare, si sentì chiamare:
“Signor Thompson, ha bisogno?” .
Jo si voltò e riconobbe il giovane maggiordomo, al quale pochi minuti prima aveva consegnato il soprabito.
“Sì giovanotto, aiutami per piacere. Il tuo boss mi ha detto che se avessi avuto la necessità di fare una telefonata, avrei potuto usufruire del suo ufficio. Eccomi qua!”, dichiarò sorridendo.
“Prego allora, si accomodi pure. Il telefono naturalmente si trova sulla scrivania”, disse il giovane spalancando la porta.
Il ragazzo si congedò in modo cortese richiudendo dietro di sé la porta. Jo, una volta rimasto solo, tirò fuori dal portafoglio il biglietto da visita di Taylor, mentre dalla tasca dei pantaloni estrasse il foglio di quaderno con le coordinate geografiche, o almeno ciò che quei numeri sembravano rappresentare. Raggiunse la scrivania di Edmond e compose il numero del funzionario. Non avendo ricevuto risposta alcuna al primo tentativo, ripetè l’operazione quattro volte, tanto che imparò velocemente a memoria il numero. Nonostante ad ogni chiamata il segnale telefonico risultava sempre “libero”, non rispose mai nessuno. La cornetta cominciò a scaldargli l’orecchio e quel suono a innervosirlo. Tra uno squillo e l’altro Jo si guardò intorno. Edmond doveva essere sicuramente un uomo stimato e influente: a dimostrarlo erano i premi, le targhe e i diplomi appesi in bella mostra alle pareti dell’ufficio. Sulle mensole, fra trofei e oggetti vari, vi erano appoggiate alcune fotografie incorniciate che ritraevano il direttore insieme a importanti personalità, sia politiche che del mondo dello spettacolo. L’attenzione di Jo venne catturata da una foto in particolare: Edmond abbracciato a una famosissima attrice americana. La visione dell’anziano con la subrette, gli strappò un sorriso e lo portò a lasciarsi andare a un commento ad alta voce:
“Capito il vecchio!? È uno che si gode la vita !”.
Anche la scrivania incuriosì non poco Jo: piena zeppa di cianfrusaglie utilizzate come ferma carte e ricolma di documenti accatastati in pile disordinate ai bordi. Vicine al telefono, una sgualcita rubrica aperta alla lettera F e un’agenda uguale a quella ricevuta in omaggio poco prima. Nel mezzo del piano da lavoro, sopra un logoro scrittoio in pelle, c’era in bella vista un biglietto aereo valido per un volo in partenza nella sera del prossimo sabato: destinazione Tokyo.
Finalmente, all’ennesimo tentativo telefonico di Jo, Taylor rispose: “Ufficio del dipartimento di sicurezza nazionale, agente Taylor Samuel”.
“Taylor sono Thompson, è da dieci minuti che ti sto chiamando. Pensavo che questo fosse il tuo numero privato. Ancora un minuto passato inutilmente in questo ufficio e ti mandavo dritto a fanculo, giuro”.
“No John, non è il mio numero privato, è quello di servizio dell’ufficio, stasera sono di turno. Ci sono novità, vero? Dimmi di sì... Se mi stai chiamando è perché mi devi dire qualcosa di estremamente importante, vero? Sono tutto orecchie”.
“Prendi subito carta e penna; segnati questi numeri e controlla se corrispondono a delle coordinate geografiche. Sei pronto a scrivere?”
“Aspetta che cerco di avvicinarmi il più possibile alla mappa. Più o meno sai dove devo guardare? Il mondo è grande”...
“Avevo pensato al Mar di Tasmania o al Giappone, ma rivalutandole mi sono convinto che si tratti proprio di quest’ultimo. Scrivi: S43122534E1471536664”, disse Jo, prima di rimanere in attesa delle ricerche di Taylor.
Passò meno di un minuto e Taylor con tono derisorio domandò:
“Sud 43°12’25.34”, Est 147°15.36’66.64”. Avevi ragionato su queste?”
“Sì, perché?”, domandò secco Jo.
“Siamo a diverse miglia al largo di Sapporo, Giappone, nel bel mezzo dell’oceano. Ascolta Jo, conosco molto bene il tuo fascicolo. Sono ormai quasi due anni che mi occupo dei Kasika, e da un paio di mesi di tutto quello che riguarda te. Dimmi la verità, tutto questo ha che fare con Zunika?”, lo interrogò serio l’agente del governo.
Jo fece un profondo respiro e raccontò a Taylor della visione avuta in macchina poche ore prima e dell’incontro con il potente stregone avuto durante l’ultimo svenimento in hotel, poi descrisse quella frase -“Portale a casa”- che gli martellava la testa da diverse ore. Gli spiegò che quei numeri e quelle due lettere dovevano sicuramente significare qualcosa e che l’unico in possesso dei mezzi per aiutarlo a decifrare l’arcano mistero era proprio lui. Il funzionario prese nota di tutto e lo rassicurò sul fatto che avrebbe svolto quanto prima un controllo accurato sull’area marina corrispondente alle coordinate geografiche fornitegli da Jo. Fortunatamente, un’unità navale si trovava nei pressi della zona: in meno di due giorni avrebbe potuto spostarsi sul punto indicato dalla visione di Jo. Inoltre, per anticipare i tempi, ordinò per il mattino successivo il decollo di un paio di caccia per perlustrare l’area.
“Cavolo Taylor, sei proprio potente. Un pazzo visionario come me ti butta lì due numeri e tu smuovi l’aviazione e la marina come se niente fosse. Devono essere proprio importanti questi due pesci!”
“Lascia stare Jo, è una lunga storia che purtroppo conosci bene. Stammi a sentire, ci dobbiamo vedere presto domani.La riunione è fissata per le 10.00, ma bisogna anticiparla alle 07.00. Avverti gli ammiragli. Ora devo andare, la notte è lunga per me”. Senza dire altro, Taylor riagganciò.
Jo rimase per un paio di secondi con il telefono in mano e sempre ad alta voce blaterò: “Taylor? Brutto stronzo, mi hai riattaccato il telefono in faccia?! Che giornata di merda... E non è ancora finita! Menomale che almeno fra un po’ si cena, per giunta in piacevole compagnia”. Con un sorriso beffardo, pensando alle grazie di Giada e Charlotte, lasciò l’ufficio di Edmond e si diresse verso il ristorante.


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Continua...


PRIMA PARTE
Capitolo Primo - L'uomo giusto
Capitolo Secondo - Groote Eylandt
Capitolo Terzo - Il tempo non cancella il dolore
Capitolo Quarto - Secret
Capitolo Quinto - I Kasika
Capitolo Sesto - Chi era Jo Thompson?
Capitolo Settimo - Il martello
Capitolo Ottavo – Gente di mare
Capitolo Nono - Swans
Capitolo Decimo – Portale a casa
SECONDA PARTE
Capitolo Primo – Il club


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