I dialetti italiani: un modo per esprimere la nostra identità (by @kork75)

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I dialetti italiani: un patrimonio da preservare

Questo post è rivolto ai numerosi amici stranieri iscritti alla comunità Italy che amano il nostro Paese, la sua cultura e la sua straordinaria storia millenaria. Forse non tutti loro sanno che l'italiano è sì la lingua ufficiale dell'Italia, ma non è l'unica varietà linguistica parlata. Accanto all'italiano, infatti, esistono i dialetti, ovvero le forme di espressione locale che derivano dal latino volgare e che si sono sviluppate in modo diverso nelle varie regioni. Quindi, molti italiani che parlano e scrivono in italiano parlano anche un loro dialetto. La scelta tra le varie varietà linguistiche presenti in Italia è dettata dalla provenienza geografica di nascita, dal contesto comunicativo, dal grado di formalità, dal tipo di rapporto con gli interlocutori, nonché dallo stato d'animo, dall'argomento e dalla volontà di comunicare con un numero più o meno ampio di persone della propria zona di origine. L'uso del vernacolo viene quindi usato soprattutto nelle interazioni segnate da componenti informali e affettive, dove noi italiani usiamo il dialetto per esprimere emozioni e sentimenti più intensi oppure sono usati con intenzioni artistiche e culturali nella letteratura, nel teatro, nel cinema e nella canzone. La caratteristica più evidente dell'italiano parlato con caratteri locali è costituita dall'intonazione, cioè dal cosiddetto accento o dal lessico che presenta molte variazioni di parole e termini d'uso comune.

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Ma quali sono le origini dei dialetti italiani? Quali sono le loro caratteristiche e le loro funzioni? E come si rapportano con l'italiano standard?

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I dialetti italiani sono le varietà linguistiche parlate da una parte significativa della popolazione italiana e come abbiamo detto soprattutto nelle situazioni informali e familiari. Secondo il censimento ISTAT del 2011, il 59,8% degli italiani parla almeno un dialetto. I dialetti più diffusi sono il napoletano, il milanese, il romano, il siciliano e il veneto. Alcuni dialetti hanno anche una propria tradizione letteraria e artistica, come il siciliano di Giovanni Verga o il veneto di Carlo Goldoni . Gli idiomi italiani sono delle lingue derivate dal latino volgare, cioè la forma di latino parlata dal popolo durante l'epoca romana.

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Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476 d.C. e le successive invasioni barbariche, il latino volgare si frammentò in diverse varianti regionali, che subirono anche l'influenza delle lingue dei popoli conquistatori. Queste varianti regionali sono alla base dei dialetti italiani moderni. I dialetti italiani si possono classificare in cinque gruppi principali:

  • Dialetti settentrionali (gallo-italici e veneti);
  • Dialetti toscani (tra cui il fiorentino, che ha dato origine all'italiano standard);
  • Dialetti centrali (tra cui il romano);
  • Dialetti meridionali (tra cui il napoletano e il siciliano);
  • Dialetti isolani (sardo, corso e albanese).

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La lingua italiana, così come la si parla, scrive e studia oggi, ha una storia lunga e complessa. Inizia con la diffusione del latino volgare nell'Italia antica e prosegue con le trasformazioni linguistiche dovute alle vicende storiche, politiche e culturali del nostro paese. I dialetti italiani hanno raggiunto la loro forma attuale tra il XVIII e il XIX secolo. In questo periodo si sviluppò anche il dibattito sulla lingua, cioè quale lingua nazionale scegliere tra l'italiano standard (basato sul fiorentino letterario di Dante, Petrarca e Boccaccio) e i vari dialetti regionali. L'italiano standard si insediò definitivamente come lingua ufficiale dell'Italia unita nel 1861, ma i dialetti hanno continuato a essere usati nella vita quotidiana e nella cultura popolare fino ai nostri giorni. Oggi si parlano in tutte le regioni d'Italia, con una maggiore diffusione nel Sud e nelle isole. Ogni regione ha uno o più idiomi, che può variare anche da una città all'altra. Alcuni dialetti sono anche parlati al di fuori dei confini nazionali, come il friulano in Slovenia e in Austria, il ladino in Svizzera e il corso in Francia.

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In conclusione, le lingue regionali italiane sono una risorsa preziosa per il nostro Paese, perché sono un'espressione unica della nostra cultura, della nostra storia e della nostra creatività. Sono anche un mezzo per valorizzare le tradizioni e le peculiarità locali, per promuovere il turismo e lo sviluppo territoriale, per favorire l'integrazione e il dialogo tra le diverse comunità. I dialetti sono un patrimonio da proteggere e valorizzare, perché sono una parte importante della nostra identità nazionale. Sono la voce del popolo italiano, che si è tramandata di generazione in generazione per secoli. Sono un ponte che ci collega al nostro passato e ci aiuta a costruire un futuro più inclusivo e solidale. Oggi, più che mai, è importante difendere i dialetti, perché sono una risorsa preziosa che non dobbiamo perdere. Dobbiamo imparare a conoscerli, ad apprezzarli e a trasmetterli alle generazioni future.

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Pubblico Dominio

All'ombra di Trilussa

Mentre me leggo er solito giornale
spaparacchiato all'ombra d'un pajar
o vedo un porco e je dico: - Addio, majale! -
vedo un ciuccio e je dico: - Addio, somaro! -

Forse 'ste bestie nun me capiranno,
ma provo armeno la soddisfazzione
de potè di' le cose come stanno
senza paura de finì in priggione.

Carissimi amici stranieri, vi lascio con due famose canzoni dialettali italiane:

"Napule è", una canzone popolare napoletana scritta nel 1970 da Pino Daniele. La canzone è un inno alla città di Napoli e alla sua gente. Il testo della canzone è scritto in dialetto napoletano e racconta la bellezza della città, il suo calore umano, la sua vivacità e la sua cultura.

Napule è mille culure
Napule è mille paure
Napule è a voce de' criature
Che saglie chianu chianu
E tu sai ca' non si sulo
Napule è nu sole amaro
Napule è addore e' mare
Napule è na' carta sporca
E nisciuno se ne importa
E ognuno aspetta a' sciorta
Napule è na' camminata
Int'e viche miezo all'ate
Napule è tutto nu suonno
E a' sape tutto o' munno
Ma nun sanno a' verità
Napule è mille culture
(Napule è mille paure)
Napule è nu sole amaro
(Napule è addore e' mare)
Napule è na' carta sporca
(E nisciuno se ne importa)
Napule è na' camminata
(Int' e viche miezo all'ate)
Napule è mille culure
(Napule è mille paure)
Napule è nu sole amaro
(Napule è addore e' mare)

"Cruza de ma", una canzone in dialetto ligure scritta da Fabrizio De Andrè nel 1971. La canzone è un inno alla città di Genova e alla sua gente. Il testo della canzone è scritto in dialetto genovese e racconta la storia di tempi antichi, di pescatori e marinai. La canzone è un ritratto di Genova, delle sue difficoltà e delle sue speranze.

Umbre de muri, muri de mainé
Dunde ne vegnì, duve l'è ch'ané
Da 'n scitu duve a l'ûn-a se mustra nûa
E a nuette a n'à puntou u cutellu ä gua
E a muntä l'àse gh'è restou Diu
U Diàu l'è in çë e u s'è gh'è faetu u nìu
Ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria
A funtan-a d'i cumbi 'nta cä de pria
E 'nt'a cä de pria chi ghe saià
Int'à cä du Dria che u nu l'è mainà
Gente de Lûgan facce da mandillä
Qui che du luassu preferiscian l'ä
Figge de famiggia udù de bun
Che ti peu ammiàle senza u gundun
E a 'ste panse veue cose ghe daià
Cose da beive, cose da mangiä
Frittûa de pigneu giancu de Purtufin
Çervelle de bae 'nt'u meximu vin
Lasagne da fiddià ai quattru tucchi
Paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi
E 'nt'a barca du vin ghe naveghiemu 'nsc'i scheuggi
Emigranti du rìe cu'i cioi 'nt'i euggi
Finch'ou matin crescià da puéilu rechéugge
Frè di ganeuffeni e d'è figge
Bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä
Che a ne liga e a ne porta 'nte 'na crêuza de mä

Ora, dopo queste due meraviglie musicali, divertitevi a trovare affinità con la lingua italiana che avete studiato o che state studiando.
Per gli amici italiani, se ne avete piacere, potete commentare il post con dei vostri contributi dialettali.

Fonti e approfondimenti

ISTAT
https://www.istat.it/it/files//2015/12/Cap_15.pdf
Dialetti italiani. Storia e caratteristiche
https://www.eroicafenice.com/salotto-culturale/dialetti-italiani-storia-caratteristiche/
Dialetti italiani
https://it.wikipedia.org/wiki/Dialetti_italiani
Un po' di storia: origine e uso dei dialetti italiani https://www.italianoservito.it/2022/03/28/storia-origine-e-uso-dei-dialetti-italiani/

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Greetings by @kork75👋

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Penso che tu abbia scritto un articolo bellissimo e molto completo. Le lingue hanno tutte la stessa dignità e hai fatto bene a ricordare che l'italiano standard deriva dal fiorentino, ai suoi tempi una lingua volgare.

Purtroppo per un lungo periodo, nel tentativo di alfabetizzare e unificare l'Italia, i dialetti sono stati trattati come qualcosa da estirpare, addirittura sono stati tradotti nomi di luoghi e paesi per italianizzarli.

Oggi c'è una diversa sensibilità, grazie a una maggiore conoscenza delle lingue e anche grazie al contributo degli artisti, come i grandi che hai nominato, per cui penso che ogni regione sia orgogliosa del proprio dialetto (o dei dialetti quando ce n'è più di uno).

A me personalmente fanno tanta simpatia il toscano, il romanesco e il napoletano. Penso che sia proprio per l'influenza di cinema e tv. 😊

 last year (edited)

Grazie per l'apprezzamento del post...😉

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Sono stato militare per tre anni e di conseguenza ho convissuto con personaggi provenienti da tutta Italia. Ho sviluppato una passione per i dialetti e pur non sapendone parlare nessuno in maniera fluente riesco a riconoscere la cadenza praticamente di tutti, spesso anche diviso tra zone della stessa regione (ad esempio la cadenza napoletana è diversa da quella salernitana, così come la palermitana dalla catanese o dalla siracusana).
Però tra tutti, belin quello genovese marcato, tipo il duo Balbontin-Ceccon, è quello che mi diverte di più in assoluto!

Balbontin e Ceccon sono geniali, mi fanno morire dal ridere. Anche a me piacciono molto i ragazzi Cin Cin😄. Sono sempre stato appassionato di cultura musicale dialettale, e i miei ascolti spaziano da Davide Vandesfross, Svampa, Il Bepi, Charli Cinelli, Pittura Fresca, gli stornelli da osteria liguri, toscani e romani, la canzone neomelodica napoletana, i Modena City Ramblers, Sud Sound System, Tintoria... Insomma, mi piacciono le varie sonorità e tutti i dialetti della penisola😊.

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Andrebbero insegnati a scuola

Trilussa è fortissimo e lo apprezzo parecchio. Già conoscevo il suo Li nummeri, poesia oltremodo signifiativa. Amaramente, purtroppo, nella mia regione di origine (Piemonte) si è (o almeno si era, se qualcosa, come spero, è cambiato) troppo usi nel disprezzare chiunque da Roma in giù e infatti un mio conoscente (che ora non ricordo se fosse piemontese pure lui o forse lombardo, ma comunque del nord Italia) s'era pure permesso di disprezzare il dialetto romano quando facendogli conoscere la mia poesia preferita di Trilussa, gli avevo detto essere scritta in simpatico romanesco. Purtroppo il razzismo nei confronti delle regioni centro-meridionali è (o era) parecchio sentito dalle mie parti, dove tra l'altro, per essere considerato piemontese dovevi averci tre generazioni originarie del luogo. Non ti dico gli insulti che si pigliavano i miei cugini (quelli del torinese) sullo scuolabus a causa del cognome palesemente catanese (a dispetto del fatto che le origini da parte di madre sono in parte bergamasche e sembrerebbe pure astigiane e toscane, ma siccome il cognome si prendeva dal padre, tant'è. Mia zia, pur non essendo da lei, era arrivata a una tale esasperazione (i miei cugini non le raccontavano mai niente per non farla preoccupare, ma siccome scendevano sempre dall'autobus piangendo, li aveva alla fine pizzicati) da minacciare di prendere a ceffoni il figlio di un condomino, uno dei bulli sullo scuolabus e l'avrebbe fatto davvero anche a costo di beccarsi una denuncia perchè i figli minorenni degli altri non si toccano. Ma con tutta evidenza, i genitori non gliene davano alcuna, di educazione, affare piuttosto comune già ai loro tempi della scuola (tre cugine sono più grandi me).
Il genovese dovrebbe ricordare il portoghese, avevo letto e infatti vedo qualche parola in comune identica o simile (ma me lo ricorda molto vagamente magari però la pronuncia è simile). Ci somiglia molto di più, in ogni caso, il sardo logudorese. Stessa storia tra il catanese e la variante argentina dello spagnolo (ma la pronuncia del catanese ricorda di più lo spagnolo peninsulare). Qui gli esperti linguisti si possono sbizzarrire!

Il razzismo territoriale è un problema che affligge l'Italia da tempo e non si può negare che esista anche tra sud e nord. Tuttavia, è importante evitare di generalizzare e di etichettare le persone in base alla loro provenienza geografica. Personalmente mi diverte molto contrapporre i "briganti" nostalgici del Regno delle due Sicilie ai "beceri padani secessionisti", poiché entrambi i gruppi, più che divisivi e anacronistici, denotano una demenzialità surreale. Come pensiero sono allineato con chi dice che per combattere il razzismo territoriale, è necessario promuovere l'educazione sulla diversità culturale, incoraggiando la tolleranza e il rispetto reciproco. In questo, viaggiare può essere un'ottima opportunità per ampliare la propria conoscenza e aprire la mente. Inoltre, è importante anche valorizzare le diverse espressioni culturali regionali, come le poesie (ottimo Trilussa!) o le canzoni dialettali italiane, senza dimenticare l'importanza dell'unità nazionale. Cantare canzoni come "Lontan de Napoli se moeur" (tra l'altro l'inno milanese indiscusso è stato scritto da un "meneghino" di genitori meridionali) può essere un modo per apprezzare la bellezza delle diverse culture regionali.

Il bello è che iniziative per promuovere la diversità culturale non sono mancate, ma...ma...ma...sotto il PD sono state pilotate per indurre la popolazione ad accettare l'inaccettabile (come le ruberie dei ROM, che inutile nascondere il sole con un velo perchè i ROM vivono per davvero da parassiti sociali, tra furti per strada e scassi negli appartamenti). Mi era stato raccontato di un politico nel Lazio che cercava attraverso queste iniziative per promuovere la diversità di convincere i laziali a ringraziare gli zingari perchè vi portano via il superfluo. Mi auguro che oggi non si ripetano gli errori di ieri e le iniziative per promuovere la diversità culturale siano per davvero autentiche e utili. Altrimenti si arriva (ma mi sa che si era già arrivati) all'aberrazione di accettare furti e scassi quale tratto culturale, giustificando l'ingiustificabile attraverso un'etica ad personam, mentre si continua a etichettare come terroni i propri connazionali.

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