La lezione dell'Atalanta

in Italy3 years ago (edited)

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Photo by Save the Dream, CC BY 2.0, attraverso Wikimedia Commons


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Ogni settimana, se il tempo libero a disposizione me lo permette, dopo aver fatta la tara a tutti gli impegni familiari, provo a guardare in TV più partite possibili del nostro campionato. Non è un'impresa facile, ma quando, come ieri, capita che i figli siamo sistemati alla festa di compleanno di alcuni amichetti e in casa risuona un improbabile silenzio, mi concedo quelle due ore da dedicare a questo hobby.

Non so quanto a lungo gli "esseri" come me sopravviveranno ai cambiamenti del mondo: le nuove generazioni sono sempre meno interessate al calcio, e per la maggior parte dei ragazzi di oggi trascorrere novanta minuti di fronte ad una TV a guardare una partita risulta azione deprecabile ai livelli di una moderna tortura. Difficile dire se sia un bene o un male, ma per me, che appartengo ancora alla "vecchia scuola", una partita come Inter-Atalanta risulta davvero imperdibile.

Non che la sfida rappresenti una grande classica del calcio italiano, ma la crescita fatta registrare dagli orobici negli ultimi cinque anni è riuscita ad elevare l'Atalanta ad una nuova importante dimensione, sia in Italia che in Europa. Veder giocare la squadra di Gasperini è non solo piacevole, ma a tratti addirittura emozionante.

Ieri pomeriggio mi sono sorpreso a battere le mani convintamente durante il primo fantastico tempo giocato dai bergamaschi, e ad esultare come un matto durante il goal che ha portato la squadra ospite in vantaggio. L'Atalanta non è forse la migliore tra le nostre formazioni, qualitativamente parlando e prendendo gli uomini della rosa uno per uno, ma a mio avviso è, in valore assoluto, la più forte.

La banda allenata da Gian Piero Gasperini non è solo in grado di battere chiunque, quando in giornata o in condizione fisica ottimale, ma addirittura di triturarlo. Fin quando la condizione fisica ha sorretto i nerazzurri ospiti, circa sessanta minuti di gioco effettivo, l'Inter è stata letteralmente annichilita dal palleggio avversario, che ha visto nell'ucraino Ruslan Malinovski l'assoluto dominatore del centrocampo.

Non è un caso che la Dea coincida con la formazione italiana in grado di fare più strada nelle competizioni europee negli ultimi due anni. Gli orobici potrebbero giocare ad occhi chiusi o bendati e trovare lo stesso il compagno libero nella posizione migliore e costruirsi almeno cinque o sei nitide palle goal a partita. A questo livello stratosferico ci si arriva solo dopo anni di continui miglioramenti.

Ma come è stato possibile trasformare una provinciale abituata a lottare per la salvezza nella più splendida realtà del calcio italiano? Da Bergamo e dalla gestione dell'Atalanta dovrebbero giungere violenti come uragani suggerimenti per le piazze più importanti del nostro calcio, abituate a sperperare milioni per costruire realtà dai risultati spesso piuttosto deludenti.

In primis, dove non si può arrivare con i soldi o con il talento, occorre sopperire con le idee. La squadra è stata affidata ad un vero "allenatore" come il già citato Gasperini; il tecnico piemontese non è uno che non sil limita a mandare in campo gli undici migliori a disposizione, come credono di dover fare molti dei nostri mister, ma prova a sviluppare le capacità tecniche e tattiche di ciascuno dei suoi uomini.

Ad uno come lui, per creare questo tipo di calcio, non vanno fatte pressione e deve per forza di cose essere concesso tempo. All'Inter, l'unica grande avventura della sua carriera prima di quella attuale, non hanno saputo aspettare, all'Atalanta sì e ora ne stanno raccogliendo i dolcissimi frutti, con la società diventata permanentemente protagonista anche in Europa.

Trattandosi comunque di realtà di provincia, è capitato, e capiterà ancora, che per motivi economici alcuni protagonisti delle precedenti annate siano stati costretti a fare le valigie, ma ciò non ha mai influito nell'impianto generale della squadra, nella quale volti nuovi e giovani prelevati dalla formazione Primavera sono sempre stati integrati alla perfezione nell'orchestra.

All'Atalanta, ad esempio, non si sarebbero fermati settimane a piangersi addosso per l'addio di un Cristiano Ronaldo, ma dopo un frettoloso saluto l'avrebbero semplicemente sostituito con un altro elemento, in grado di armonizzarsi in breve tempo con il gruppo. Questa è la lezione vera da imparare dagli orobici: le idee, quelle buone, sono molto meglio dei soldi, che in un mondo come quello del pallone possono andare e venire alla velocità della luce.



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 3 years ago 

Interessante...quindi semplicemente l'Atalanta gioca a calcio, quello vero! :-) Forse se le grandi squadre ritornassero a fare sport, invece che gli azionisti in borsa, anche i giovani si appassionerebbero!

Grazie del tuo commento Roby, hai espresso i concetti più azzeccati! L'Atalanta gioca a calcio e pur nelle mille difficoltà di una realtà di provincia sta compiendo questo piccolo miracolo di ritrovarsi stabilmente tra le prime 4 e a giocare in Champions League.
I soldi e i vari interessi economici di società quotate in borsa hanno infatti spostato l'obiettivo dal campo alla finanza e questi sono i risultati!

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