Salti in coda alla Romana

in #blog7 years ago

Giovedì gnocchi, si dice qui a Roma.
Così la sera a cena parti, prendendo la tua bella macchinuzza, direzione ristorante. Hai una fame da lupi, ti immagini già il tuo bel piatto di gnocchi spuntature e salsicce che ti chiama...

Inchiodi di botto.
C'è traffico sul raccordo.
Ettepareva.

Il traffico segue il romano medio auto-munito come le cozze stanno attaccate allo scoglio.
Ma non si tratta di uno scoglio normale: sono ben due e di dimensioni considerevoli.

Due scoglioni grossi come una casa.


L'Approccio Tecnico

Il problema della viabilità a Roma è uno dei motivi per cui questa città è così invivibile. Un esempio su tutti è il GRA (Grande Raccordo Anulare), un raccordo stradale a "scorrimento veloce" che circonda la nostra stupenda capitale, permettendo agli autisti della periferia di raggiungere virtualmente ogni quartiere di Roma alla velocità media di 8 chilometri orari.

In pratica è uno scorrimento a "Camminata veloce", una lenta maratona composta da movimenti ripetitivi e consolidati:

  1. frizione
  2. prima
  3. lieve accelerata
  4. freno
  5. frizione
  6. folle
  7. repeat

I più esperti mettono su una musichetta ritmata come quando si fa aerobica o zumba in palestra.

Quelli veramente esperti invece, abbassano il finestrino ed imprecano... imprecano "de core" come si dice a Roma, invocando deiezioni di variegate forme, animali in contesti discutibili, riferimenti a persone decedute altrui, santi del mese corrente e spunti religiosi più o meno espliciti.


Il Motivo

Gli autisti romani imprecano perché sanno PERFETTAMENTE che, quando il traffico sarà scomparso, non troveranno NULLA. Nessun incidente, nessun ingorgo, nessuna vecchietta che attraversava la strada o semaforo rotto. Questa è la cosa più frustrante del traffico romano: non ha una spiegazione. Sembra quasi che ad una determinata ora del giorno, tutti gli autisti decidano di rallentare fino a quasi a fermarsi in un punto X.… e dopo un'oretta, riprendono la marcia a velocità normale.

Schizofrenia collettiva.


L'Incidente

Non è importante che l'incidente sia un tamponamento lieve tra due autovetture in corsia di emergenza o un maxi tamponamento con autobus in fiamme. L'autista romano di fronte all'incidente frena, osserva la situazione e la commenta sagacemente con i suoi compagni di viaggio per poi riprendere la marcia. Non importa che dietro di lui ci siano ottomila auto in fila che cercano disperatamente di arrivare al lavoro: lui ormai ne è fuori. È libero e pulito; ed è suo diritto capire cosa sta succedendo, l'entità dell'incidente ed il numero di feriti, perché tale consapevolezza migliorerà complessivamente l'esito della sua giornata e faciliterà le sue mansioni quotidiane.

Purtroppo la pacata minaccia di dissenteria fulminante lanciata dagli autisti direttamente dietro di lui, con la mano destra poggiata con leggiadria sul clacson e quella sinistra delicatamente posta al lato della bocca, nel tipico gesto della "Cucchiara" non sortirà alcun effetto.


I Rimedi

Così, per evitare un attacco di ulcera fulminante, i più si rinchiudono nel loro bozzolo caldo e confortevole: chi accende i riscaldamenti a palla sperando nello svenimento per bassa pressione, chi accende la radio e si mette a sentire il Canone di Pachelbell, chi si è portato il Thermos di camomilla e lo sorseggia amabilmente, chi esce fuori dalla macchina e fa un po' di flessioni o stretching tanto per tenersi in allenamento. Osservare come le persone reagiscono al traffico può essere in sé un buon modo per passare il tempo.

Ricordo a tal proposito due aneddoti abbastanza divertenti.


Aneddoto 1: La Grande Rinuncia

Il primo accadde sulla via Tiburtina. Ora, per chi non conosce bene Roma, la via Tiburtina è una strada consolare posta nel quadrante nord-orientale della città, celebre per due motivi:

  • I lavori per allargare la carreggiata, in corso da circa 15 anni e tutt'ora incompleti.
  • Il traffico bestiale praticamente in qualsiasi ora del giorno

Ricordo un pomeriggio nel quale ebbi la pessima idea di prendere la via Tiburtina per andare non ricordo dove, in verità non ricordo neanche di esserci effettivamente arrivato... dopo la prima ora di coda la memoria si fa abbastanza confusa. Comunque dopo buoni 45 minuti immobile, riascoltando per la seconda volta lo stesso CD degli Iron Maiden, vidi la macchina davanti a me "accostare" verso il centro della strada.

Sì proprio verso la linea continua che delimita le due carreggiate.
Accese le quattro frecce.
Uscì pacatamente fuori dalla macchina, prese una borsa dal portabagagli e se ne andò via.
A piedi: lasciando la macchina lì dov'era.

Partirono dalle macchine adiacenti degli applausi di incoraggiamento, mentre lui avanzava impettito fregandosene di tutto e tutti.

Grande stima per quell'uomo (ancora oggi mi chiedo che fine abbia fatto la sua automobile).


Aneddoto 2: L'inseguimento

Il secondo riguarda una scena al limite del paradossale avvenuta subito dopo il casello della A24. Anche lì non so quanto tempo attesi in fila aspettando di pagare il pedaggio... sotto il sole di mezzogiorno. Sembrava di essere in un western di Sergio Leone: tutti si guardavano attorno alla ricerca di un pretesto per sfogare la propria rabbia repressa. La tensione si tagliava con un coltello, nell'aria odore di smog, il basso rombo dei motori accesi e degli spiccioli tintinnanti.

Arrivai a pagare il pedaggio, uscì dal casello e frenai di fronte ad uno spettacolo sconcertante.

Un'automobile tagliò la strada ad un'altra; quello dietro si fermò urlando qualcosa al tizio davanti (credo parlasse di qualche suo parente di primo grado in maniera poco appropriata, ma non ricordo i dettagli).
Il tizio davanti inchiodò e, dopo una decina di secondi, scese dalla macchina con un un Bullock in mano. Sapete, uno di quei cosi pesantissimi con "le palle" che si usano per bloccare il volante. Diciamo l'erede naturale del vecchio crick, quello che si usava più a scopo intimidatorio che per cambiare le ruote.

Ebbene, il tizio dietro sgommò via e l'uomo col Bullock lo inseguì.
Correndogli dietro.

Sì, gli corse dietro con il Bullock in mano, in autostrada: ricordo distintamente la vena rossa sul lato del volto ed uno sguardo omicida negli occhi. Lo inseguì per un centinaio di metri, oltre i quali decisi che fosse l'ora di togliermi dal raggio visivo del distinto signore e farmi gli affari miei.

Nel mio immaginario sta ancora correndo verso il tramonto, ultimo rappresentante dell'eroismo romantico... che per difendere l'onore della madre (o della sorella, vi ho detto che non ricordo bene) sfida i colossi della modernità caricando a piedi con un Bullock in mano, ignorando le autovetture che gli sfrecciano intorno a 120 km/h o il fatto che quella non sia un’isola pedonale.

Mito assoluto.


Il Pedone

Ammetto che il problema è anche di noi romani; il nostro stile alla guida prevede tutta una serie di "licenze poetiche" rispetto al codice della strada che non sono riconosciute fuori dalla nostra città.

Ad esempio mi è capitato di guidare ad Alba, un paesino a sud di Torino in una delle mie tante trasferte lavorative.
Lì la gente quando attraversa la strada sulle strisce, non guarda neanche chi arriva: passa e basta. Normale, direte voi: alle strisce il pedone ha la precedenza.

Eh.

A Roma hai la precedenza solo a partire da una certa distanza, oltre la quale l'autista accelera per scansarsi prima possibile dalla traiettoria del pedone. È una di quelle leggi non scritte che tutti conoscono, che le mamme insegnano ai bambini insieme al non accettare le caramelle dagli sconosciuti.

Beh io stavo per far fuori in tre incroci consecutivi: un corridore, una signora anziana col cane ed un collega (di Alba).
La cosa più frustrante è che non ti puoi neanche arrabbiare perché hanno ragione loro.


La Rabbia

Perché la rabbia è al centro del concetto di traffico a Roma. È un modo come gli altri per sfogarsi dai dispiaceri della giornata e dalla solita routine. Sulla strada il colpo di clacson è liberatorio, il "Malimor@@@ci tua" è un intercalare affettuoso; tra autisti ci si capisce e ci si perdona (almeno il più delle volte). La vita va avanti, il traffico è sempre quello e diventa motivo di aggregazione, spunti sociali ed ilarità.

Tanto non ci si può far niente.


La conclusione

Così dopo un'ora, immerso nei miei pensieri, arrivo al ristorante e ordino i miei bei gnocchi spuntatura e salsiccia.
E per secondo?

Salti in coda alla romana!


L'immagine presente è di proprietà dell'autore

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esilarante e verissimo

E che ce devi fa... i drammi romani mi ispirano! Grazie ;)

io sono uno di quelli che impreca contro gli altri quando non si muovono. Roma è quella città per cui per andare da una parte all'altra (ad es. per lavoro) ci metti circa un'ora e mezza. Sta città mi sta sfinendo....

A volte sogno di essere in una città senza traffico ed abitare a cinque minuti (a piedi) da lavoro. Poi mi sveglio sul Cotral e mi rendo conto che mi aspetta un'altra ora di viaggio -.-

Splendida narrazione: mi è piaciuto un sacco! In particolare modo la colorita descrizione dell’arsenale di imprecazioni di cui ogni autista romano viene dotato, immagino, già nel corso della pratica di guida (è oggetto anch’esso di esame?) 😄👍🏼

No no, l'espressività negli insulti ce la insegnano a scuola (ma anche in questo caso c'è chi è più dotato di altri) :) Grazie per i complimenti!

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